mercoledì 11 febbraio 2015

IL SUDORE DELLA FRONTE

Arrivare a 50 anni e rimanere da solo non è per niente facile, specie se la tua compagna di una vita non è morta ma si è trasferita altrove con un napoletano.
Ho lavorato una vita per non farle mancare nulla: piatto pieno, fiasco di vino, lenzuola pulite, telefono, radiodiffusione, la millecento e perfino il televisore. E intanto che io lavoravo tirando la lima alla Brown Boveri mentre il napoli li due piani sotto coi bei modi mi rubava la moglie. Me spias, perché con la mia Laura io ci stavo bene, la conosco da che eravamo bambini. Giocavamo assieme nei cortili di corso di porta ticinese, andavamo a scuola in quel blocco enorme che è la scuola di via Balilla…e poi avanti, a guardarci prima imbronciati, poi teneri ai giardini, e poi quando a una certa età il prete ti spiega come si vive abbiamo messo su famiglia, era il millenovecentotrentasette. Dico abbiamo messo su perché malgrado tutto i figli non sono mai arrivati, e alla fine siamo rimasti noi da soli. Forse quello che l’ha stufata è la normalità, lo stare a casa da sola tante ore senza poter badare a una creatura mentre io lavoravo …fatto sta che adesso mi sun chi me ‘n cujun da per mi, e lee l’è nsema al terun.
Ohè, io tiravo la lima, non è che ci passavo il tempo giocando, in fabbrica. Venivo a casa stanco ma forse avrei dovuto essere meno pirla ed accorgermi un minimo di quello che succedeva: e prima è sempre li che aspetta e ascolta le storie di fabbrica, poi inizia ad ascoltarle per farmi un piacere…poi non le ascolta più. Poi inizia a non essere a casa quando torno una volta ogni tanto, poi un giorno a settimana dove diceva che era giu dalla portinaia, e poi un giorno torno a casa e non la trovo più: la rivedo solo il giorno dopo che viene a prendere due cose senza dirmi nulla e la spariss. E mi su chi me ‘n pirla. Poi la scoperta che è giu dal terrone: lui si chiama Esposito, il nome non lo ricordo ma sicuramente è un nome da pirla, vista la faccia. Io vivo qui da solo e il palazzo parla, ma io devo lavorare, devo portare a casa il pane e se me giran i ball vendo la millecento e mi compro la giulietta.
Loro li vedo ogni tanto, poi raramente, poi un giorno non li vedo più e al posto di Esposito sulla porta c’è scritto Angeloni, il primo di una lunga serie di targhette di cognomi che sono cambiate da allora. Non ho più comprato la giulietta, perché tanto sarei andato in giro come un pirla da solo e a una certa età non sei più tanto uno che va in giro: mi fermavo in edicola, al bar, a prendere il pane e qualcos’altro. Il solito giro, la sera il grapin cunt i amis, e se andava bene guardavo 'lascia o raddoppia' in poltrona.
La Laura non l’ho più vista ne sentita, ma sono sicuro che non è andata a lontano, perché in casa mia le cose hanno iniziato a sparire: prima qualche piccola stupidata che ero sicuro di avere perso, poi un giorno mi manca d'improvviso un mobile. E due giorni dopo arrivo a casa e mi ritrovo la casa vuota. Maledetta lei e il terrone. Non è per il costo dei mobili, mi secca perché erano ricordi, i nostri ricordi di una vita assieme. E mi han rubato pure le foto appese ai muri quelle carogne, lu e lee.
Da quella volta li sono uscito sempre meno, la paura che mi rubassero tutto di nuovo è rimasta e mi ha cambiato le abitudini; dopotutto, anche se lei è andata via questa è la casa dove abbiamo vissuto io e lei per una vita, io ci sono affezionato e non voglio andarmene, anche se diventa una zona di terroni o malfamata, e purtroppo lo sta diventando, lo vedo dai cognomi sulle porte: arrivano i Coppola, i Tonon, gli Esposito e i Diotallevi; tra qualche anno mi sa che saremo pieni di meridionali e magari pure di gente del negus. E mano a mano che arriva sta gentaccia mi sa che non mi vede tanto di buon occhio...oppure sono la Laura e il terrone mi fanno gli scherzi, perché in casa mia ogni tanto compare qualche merdata di plastica o qualche altro rifiuto senza che io mi accorga di nulla. Io li prendo e li butto via, ma poi me ne arrivano dentro altri, sempre più brutti, sempre più numerosi.
Un giorno mi sono addirittura entrati in casa, come abusivi. Una famigliola di negretti. Ma dico io, è casa mia, ci abito io, scherziamo? Urlavo, mi è quasi venuto un malore e questi avanti in silenzio a fare finta di non vedermi. ma li ho cacciati eh, sarò vecchio ma non mi faccio mettere i piedi in testa. Fora di ball da ca mia!
La mia Milano, la mia zona non la riconosco più ormai. Sono uscito l'altra mattina e l'ho trovata brutta, sporca, malfamata, piena di gentaglia. Sono cambiate le case, le strade, i palazzi...tutti i posti che conoscevo sono chiusi, non riconosco nemmeno le vie. Ho pensato ad andarmene via, ma è la mia zona, sono nato qui e vivo qui da sempre, coi miei ricordi della mia vita con la Laura. Anche se mi ha lasciato mi manca tanto, resti chi a specià che la torna e resto chiuso in casa, senza mangià e senza durmì. non voglio uscire più senza la mia Lauretta.

Paolo Fumagalli morì nel 1962, schiacciato sotto una pressa della Fabbrica dove lavorava, la Brown Boveri di piazzale Lodi.
Laura Villa si risposò due anni dopo con Paolo Esposito e Vissero in Corso Genova al 23 fino alla loro morte avvenuta a metà degli anni '90.
La Famiglia Fumagalli visse fino al 1962 in Via Conca del Naviglio 17, in uno stabile oggi fatiscente e pericolante.

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