domenica 8 novembre 2020

LA CASCATA

Un cielo talmente limpido ed azzurro che fa male agli occhi, un sole splendente come in pochi altri giorni dell’anno e un’aria talmente pulita che dei polmoni consunti dal tabacco e dallo smog fanno fatica a respirare. Sembrerebbe tutto quasi normale se non fosse che le condizioni atmosferiche in confronto allo spettacolo che si presenta davanti a lui sono la cosa più normale che un parassita di città possa immaginare. Una natura talmente bella ed incontaminata da essere insopportabile…mette la pelle d’oca da quanta solennità e senso di inferiorità ispirano. Il cielo azzurro lascia riflettere sulle increspature delle onde del fiume la sua luce accecante e purissima; sulla riva sinistra dopo qualche metro di spiaggia formata da ciottoli bianchissimi e levigati dall’acqua si staglia un prato verde come pochi con qualche macchia bianca e gialla qui e là: i soliti fiori di campo che rendono imperfetto e molto più sopprtabile un tale spettacolo. La riva destra è simile, se non fosse che il prato che si estende finisce dopo qualche centinaio di metri in una foresta di conifere dal mantello verde scuro e dai tronchi dritti e snelli come se fossero immaginari soldati sempre sull’attenti che vegliano un siffatto paradiso per impedire che la brutalità umana lo deturpi e stupri rovinandolo per sempre. Il fiume, le rive e il bosco però non sono altro che una stupenda cornice che incastona il vero gioiello di quell’angolo ancora incontaminato: una cascata, una caduta d’acqua limpida e quasi trasparente da togliere il fiato; i sassi, il percorso della cascata e del fiume, persino i sassi del fondale e i pesci che vi nuotano sembrano messi li apposta da un artista che ha lavorato alacremente su ogni particolare per rendere un paesaggio di per se ottimo praticamente perfetto. Improvvisamente ricorda un testo di una canzone che lo accompagnava sempre nei suoi periodi bui, periodi che grazie a quelle semplici righe, lo riconducevano con calma alla razionalità ed alla speranza di un miglioramento…non sa nemmeno lui perché ci credeva ma ora che quelle frasi sono nella sua mente davanti ad uno spettacolo simile, non può fare a meno di ringraziare il cielo di aver resistito, se non altro per trovarsi al cospetto di una simile opera d’arte. Quattro righe, delle parole ripetute una sola volta in sei minuti incastonate come pietra in un tappeto ritmico lento e solenne…solenne proprio come il percorso dell’acqua che ha davanti a sè:
Il margine di una foresta si assottiglia al crepuscolo
Il margine di una lama disegna una linea con un filo
Il margine di un picco da tagliare e attraversare
Il margine del mondo conosciuto ancora da pochi
Il margine del mondo…sembra di esserci. Nemmeno lui sa quanta gente può aver visto quel paesaggio, ma ha l’impressione di esser se non l’unico uno dei pochi, così come sa che ben pochi sono riusciti a provare quel dolore al cuore causato dalla grandezza di una simile vista…un dolore che fa stare bene, perché non è sofferenza o impotenza…è gioia, gioia di essere vivo e rendersi conto di quale posto meraviglioso sia il mondo. Gira su se stesso per vedere di nuovo tutto il panorama a trecentosessanta gradi, lo fa molto lentamente per non perdere nessun particolare. chiude gli occhi, allarga le braccia e solleva la testa come se fosse un immaginario crocefisso; respira a pieni polmoni l’aria pulita e rarefatta di quell’angolo di paradiso e si lascia cadere sul prato continuando a respirare profondamente e tenendo gli occhi chiusi.
Quando riapre gli occhi l’unica cosa che vede è il cielo azzurro, e si ricorda del finale di ‘guerra e pace’ che gli avevano raccontato a scuola: il protagonista muore, ma colpito a morte inizia a fissare il cielo e si rende conto di non averlo mai visto tanto azzurro. 
Ecco, Giorgio si è appena reso conto che negli ultimi tre anni non sapeva cosa voleva dire essere felice per le piccole cose…e ora, come se volesse recuperare il tempo perduto, si sta emozionando anche solo a toccare i fili d’erba umidi a causa degli schizzi dell’acqua della cascata. Non sa come mai ma gli vengono in mente dapprima Tiziana e poi Manuela; pensa ad entrambe ed al fatto che vorrebbe una persona con lui in quel momento per poter condividere quell’angolo di paradiso con qualcuno per cui prova qualcosa…già, ma allora perché Manuela che conosce a malapena? Prova a rimuoverne il pensiero concentrandosi su Tiziana, ma non riesce a ricordare alcunché di positivo che la riguardi…al momento ha in mente solo il dolore che le ha fatto provare e gustare anche troppo a lungo, e il disgusto e il desiderio di voler lasciar perdere quella persona una volta per tutte è troppo forte per non essere ascoltato…d’altra parte c’è quella ragazza piccola e strana che gli si è materializzata davanti in quel locale ancora più assurdo…’mah, Manuela…che cazzo di persona’. Inizia a sorridere pensando alla telefonata e alla maniera in cui l’ha conosciuta ed incontrata, per poi spostare il pensiero ad un esame sul suo modo di comportarsi, sulle posture, sul fatto che quella sera l’ha riaccompagnata a casa ma l’avrebbe portata volentieri a vedere quelli che lui chiama i suoi personalissimi ‘rifugi oscuri’, ovvero le fabbriche dismesse che si trovano un po’ ovunque in qualunque periferia di qualsiasi paese…quelle costruzioni abbandonate pallidamente illuminate dai lampioni che gli danno un’aria tanto spettrale quanto affascinante.
Un sms interrompe i suoi ragionamenti e la quiete senza tempo di quel posto sperduto dove ritrova riportandolo ad una dimensione meno eterea e più terrena. È Manuela che gli scrive un messaggio incomprensibile ‘si, va bene, però niente Baglioni, eh!’ Giorgio corruccia la fronte cercando di ricordarsi o capire quello che Manuela voglia dirgli, dopodiché, non sapendo proprio che pesci prendere, le risponde cercando di saperne di più. Il successivo messaggio è alquanto chiaro :’scusa! Non era per te, stavo scrivendo ad una mia amica e non so come mai l’ho mandato a te…scusa ancora!’ Giorgio sorride e poi risponde con un ‘no problem, a presto’…a presto…fosse per lui anche stasera, ma non vuole forzare nulla, anche perché non sa cosa lo spinga verso di lei e perché. Scuote il polso sinistro e guarda il quadrante dell’orologio: le 4 e mezza. ‘sarà ora che torni a casa, è meglio, altrimenti non combino nulla, dopotutto sono qui da più di quattro ore…’ dopo un’oretta buona di cammino attraverso sentieri impervi e più o meno conosciuti arriva ad uno spiazzo sterrato dove ha lasciato Andrea. Sale, prova ad avviarlo ma la macchina non vuole saperne di partire. Scende, apre il cofano e controlla sommariamente il motore: nulla, è tutto a posto. Rimonta in macchina, si rolla una sigaretta, l’accende e riprova: parte senza problemi, come se non fosse successo nulla. ‘ora non dirmi che te la sei presa perché ti ho lasciato qui, eh…’ sbotta Giorgio accarezzando il volante di plastica consunto da tempo e usura. Sorride, chiude la porta e parte in direzione di casa sua, ma non prima di aver acceso l’autoradio e aver selezionato un pezzo a caso: parte ‘locomotion’ rifatta dai Grand Funk Railroad, pezzo molto classico ma con uno stile hard/blues che gli piace un sacco. Tamburella con la mano sulla leva del cambio e inizia ad accelerare in direzione della statale; conosce quel budello come le sue tasche ormai perché c’è stato almeno trecento volte, e non si prende la briga di preoccuparsi perché da che va in quel posto non ha mai incrociato mezza macchina o essere vivente. Dopo nemmeno una decina di minuti e un paio di tornanti si ritrova sulla statale e qui complice anche ‘fox on the run’ degli Sweet inizia a premere pesantemente il pedale sull’acceleratore. Abbassa per un momento il volume perché sente uno strano rumore provenire dal motore: sembra che ci sia un problema col carburatore. ‘ecco, lo sapevo…sapevo che dovevo prendere il progressivo anziché quel Solex da due soldi…cazzo, sarà originale ma ho avuto noie da quando l’ho montato…tranquillo Andrea, in settimana trovo un progressivo e te lo sistemo su…devi essere perfetto per la prossima volta che Manuela…’ si blocca. ‘la prossima volta di chi? Madonna, sono già messo così…’ si guarda nel retrovisore centrale senza smettere di guidare e si ride in faccia, finisce la sigaretta e la butta dal deflettore.
Arriva ad una tonda, la impegna alla massima velocità possibile e si dirige sparato verso casa quando vede nel retrovisore un altro maggiolino, apparentemente uguale al suo, che si sta avvicinando a lui molto velocemente. ‘puttana eva, ma che motore ha sotto quello?’ il tachimetro segna i 90 orari e l’altro maggiolino sembra sta andando almeno a 130, cosa quasi impossibile per il tipo di strada. La macchina che lo sta seguendo improvvisamente sterza bruscamente e lo affianca, alla guida c’è un vecchio di circa 50 anni coi capelli lunghi fino al collo e la barba folta, vestito con una camicia di jeans. Si gira verso Giorgio, lo fissa con i suoi occhi penetranti azzurro ghiaccio e gli sorride, dopodiché gli fa un cenno con il capo e accelerando lo sorpassa e scompare all’orizzonte molto velocemente. Giorgio è ancora stupito dall’ incontro di poco prima che non fa quasi caso alla macchina se non quando è praticamente scomparsa all’orizzonte: modello uguale al suo, bianco splendente e molto più curato del suo, con la particolarità che la targa è praticamente uguale alla sua se non per una lieve differenza numerica alla fine: la targa di Andrea finisce per 827 mentre quella di quello strano tizio finisce per 677, 150 numeri esatti… ‘che Dio mi fulmini se non aveva sotto un motore truccato…non è possibile che andasse così veloce…aspetta che arrivo a casa…questa devo dirgliela.’ Chiaramente sta pensando a Manuela, non sa perché ma vuole sentirla, parlarle, mandarle un messaggio..insomma, avere un dialogo con lei.
A trecento metri davanti a lui c’è l’ultima rotatoria, dopodiché imboccherà il sentierino sconnesso che lo porta a casa, nel suo casolare deserto. Rallenta sensibilmente, impegna la rotonda a bassa velocità e inchioda improvvisamente. Il vecchio è fermo sul ciglio della strada, seduto nell’abitacolo e con la porta aperta, quasi lo stesse aspettando. Giorgio accosta, lo affianca e si ferma; abbassa l’autoradio e il vecchio gli fa cenno di abbassare il finestrino del passeggero. Giorgio non sa perché ma segue la bizzarra richiesta, spinto anche dalla curiosità di sapere chi è quel vecchio e cosa voglia da lui. Dall’abitacolo dell’altro maggiolino arrivano le note di ‘Proud Mary’ dei Creedence, il vecchio ha il volume alto ma deve avere un impianto stereo veramente ben fatto, non ha la minima distorsione e il suono è pulitissimo. Senza dirgli nulla lo stano individuo prende un audiocassetta dal sedile del passeggero e gliela lancia nell’abitacolo senza dirgli nulla. Gli sorride e lo guarda ammiccandogli con l’occhio e sorridendogli. Giorgio guarda la cassetta: non ha custodia ne titolo. Alza lo sguardo verso il vecchio e lo interroga ‘perché? Cosa devo farci con questa?’ il vecchio gli sorride, chiude la porta dell’auto e accende il motore continuando a fissarlo. ‘oggi hai imparato qualcosa…e imparerai ancora’. Parte pianissimo e pigia a fondo l’acceleratore appena si ritrova davanti al maggiolino di Giorgio; le gomme fanno un paio di giri lasciando la scia sull’asfalto e la macchina partedi traverso a causa della potenza scaricata a terra, dopodiché sparisce in men che non si dica all’orizzonte. 
Sta ancora fissando la cassetta che il vecchio gli ha lasciato quando decide di inserirla nell’autoradio per vedere di cosa si tratta: nessuna minaccia o altro, semplicemente musica, e più precisamente una sola canzone: ‘questo piccolo grande amore' di Baglioni. Mentre ascolta il pezzo si ricorda dell’sms di Manuela, e prende la palla al balzo per chiamarla:
‘Disturbo?’
‘Sì, no…cioè…no…dimmi’
‘Sì o no?’ 
‘È che mi stavo cambiando e quando mi hai chiamato avevo la testa nella maglia…scusa. Dimmi tutto’
‘Tu ci credi alle cose strane?’
‘Eh? Cosa intendi?’
‘Mi sono successe un paio di cose particolari…hai voglia di starle a sentire?’ 
‘Che cosa è successo di preciso? Nulla di grave spero..’ 
‘No nulla. Ti va di vederci stasera? Ho un dubbio che mi attanaglia e vorrei parlarne con te.’
‘Con me?? C’entro io? Tiziana?’
‘Tiziana no di certo, ma tu c’entri. Si o no? passo a prenderti se vuoi’. Manuela è titubante, ha lanciato il sasso ma non si aspettava un invito così strano e così presto. 
‘Ehm…ce la fai a farti trovare dove mi hai lasciato l’altra volta tra mezz’ora?’
‘Sì, senza problemi. A dopo allora?’
‘Sì, a dopo.’ 
Manuela si veste in fretta e furia con le prime cose pulite che trova, esce di casa, scende i gradini di corsa e quasi non si accorge di Ma che sta rincasando in quel momento. 
‘Oh, ciao, Ma!’ Martina la guarda incuriosita della sua strana fretta e distrazione
‘Oddio…non ti avevo vista, scusa…è che sto uscendo di fretta…’
‘Ma dai…non me n’ero accorta. Dove vai di bello?’
‘Vado dal rosso, al Drago Verdi.’
Martina inclina la testa e la fissa con sguardo indagatore senza proferire parola attendendo che l’altra Ma le dia una spiegazione che non arriva…decide allora di buttare il sasso: ‘non fare tardi, vulcano addormentato…’
Manuela diventa rossa e abbassa lo sguardo e Martina la rassicura: ‘non fare tardi, e stai attenta, pazza furiosa…e soprattutto non combinare casini’. Ma & Ma si sorridono e poi si lasciano senza dirsi altro. Manuela corre la luogo dell’appuntamento e inizia ad attendere nervosamente chiedendosi cosa avrà da dirgli Giorgio. Si rende conto che sta pensando a lui anche troppo spesso per averlo visto due volte, ma dopotutto gli va bene così…è un tipo chiuso, dai modi goffi e strani ma non le ha mai dato l’idea di essere cattivo, anzi…probabilmente è chiuso perché è stato troppo buono…mentre continua a pensare a Giorgio sente in lontananza una vecchia canzone degli anni 60, roba che detestava perchè suo padre le faceva sentire in continuazione…come si chiamava quel gruppo?…non se lo ricorda, ma ricorda il titolo: ‘Hey Tonight’. Per quanto si sforzi non ricorda l’autore, ma appena alza lo sguardo si rende conto che non sarà un problema saperlo: la musica arriva dall’autoradio di Andrea.

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