Sembra strano, alle volte, andare ai funerali.
Ti senti fuori posto, imbarazzato. Forse perché, al di fuori dei bambini che vivono la morte come una cosa naturale e senza malizia alcuna, noi adulti crescendo ci circondiamo di sovrastrutture che ci portano a vivere male, a temere, rifiutare e ad aver paura della cosa che dà un senso alla nostra esistenza: la sua fine.
Dopotutto, se fossimo immortali, passeremmo gran parte del nostro tempo nell’inedia, nel procrastinare, nel vivacchiare e nel non fare nulla. Se fossimo immortali certi pericoli, appunto, mortali, non ci interesserebbero e così molte altre cose che sono vanesie o passeggere e che scompaiono.
Saremmo lì, a sopravvivere, nutrendoci di aria fritta e attese.
Invece siamo mortali. I cimiteri ce lo ricordano a mo di monito assieme alla cronaca dei giornali, le malattie, la vecchiaia, e tutte quelle cose per cui, quando stiamo bene, preferiamo voltarci dall’altra parte.
Beh, non male, comunque, filosofeggiare a un funerale.
Fortuna mia che lo sto facendo tra me e me, altrimenti sai le risate. Mi ci vedo: vai dalla vedova o dai genitori e gli dici ‘beh, adesso tutto ha senso, no? pensate che palle se fosse stato immortale! Non vi sareste goduto tizio o caio!’
Mi sto trattenendo la risata e mi stacco ancora di più dal capannello rimanendo in fondo. Mi piace camminare nei cimiteri, mi sento osservato ma mi mette pace; non li ho mai considerati luoghi spaventosi o per giocare a fare spiritismo. Per me il cimitero è un posto di rispetto: passeggio, contemplo chi è vissuto prima di me, mi chiedo magari che vita avrà avuto e lo omaggio con un pensiero. Senza timore, arroganza o presunzione.
Ecco, la passeggiata è finita. la cravatta mi stringe, mi sento un groppo in gola perché non ci sono abituato. Preferirei mettere la mia maglietta dei Brutal Truth, tanto è pure primavera, le maniche corte ci stanno che fa pure caldo.
Intanto il prete da l’ultima benedizione e asperge l’acqua santa mentre il parentado asperge lacrime, la famiglia si stringe attorno alla vedova, i pochi amici fanno qualche battuta per sdrammatizzare o rimangono seri a osservare la scena.
Io sono lì, solo, defilato.
Me ne sto in disparte anche per darmi un tono; dopotutto, come scriveva qualcuno con i meme sui social, mi piacerebbe che al mio funerale ci fosse una persona vestita di scuro, in disparte, che non parla con nessuno.
Non ho ancora deciso se uomo o donna, però. Uomo darebbe più l’idea di mistero, lo immagino in completo nero e occhiali scuri, donna vorrei la classica femme fatale con la gonna a tubino sotto il ginocchio e delle Loubutin di vernice che tiene in mano o un fazzoletto o un parasole.
Invece al funerale di questo povero cristo quello defilato sono io. Vestito col completo scuro sì, ma quello che mi va, perché non ho soldi da spendere per un completo nuovo e figo.
Non ci faccio una gran figura, penso, fino a che non vedo qualche amico del defunto che mi guarda.
E mi guarda strano.
Il prete intanto ha finito. I familiari si avvicinano alla fossa, aspettano che i becchini adagino la cassa, gettano una manciata di terra come da rituale, poi tocca agli altri mentre a me viene da dire ‘ashes to ashes, dust to dust’, come in un pezzo dei Carcass che conosco a memoria.
La cerimonia è praticamente finita. Mi giro e, in maniera alquanto discreta, mi dirigo verso l’uscita, da solo. Affretto di poco il passo, non voglio vedere gente, non voglio parlare coi parenti, con gli amici, non voglio dare spiegazioni.
Perché spiegazioni non ne ho, alla fine.
Se mi fermano c’è ben poco da spiegare, e io, francamente, non sono manco uno che sa mentire bene.
Cammino sempre più veloce e mi rintano in auto mentre vedo, in lontananza, alcuni amici del defunto che si guardano in giro cercando qualcosa.
Ma io so che stanno cercando me, l’ho capito dagli sguardi.
Rimango rintanato in auto e poi, appena vedo che girano lo sguardo o rinunciano un minimo, accendo l’auto e parto in modo da non farmi notare.
Mentre mi allontano mi scappa una risata nervosa, e penso a cosa sarebbe successo se mi avessero fermato. Che gli raccontavo? Una fregnaccia? O gli dicevo la verità? E Mi avrebbero creduto? Non credo, perché non ci credo manco io.
Me li vedo a credermi mentre gli dico ‘Scusate, eh, ma sono semplicemente piovuto qui per vedere il mio funerale. O meglio, il funerale di un me stesso di un’altra dimensione.
Avrei potuto evitare, ma onestamente, chi lo farebbe?
Nessuno, nemmeno voi. Ammettetelo, anziché darmi del coglione.
Lo fareste anche voi, con tutti i rischi del caso.
Perché, dopotutto, chi non vorrebbe vedere il proprio funerale, anche solo per vedere chi è presente?
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