23:58 L’ambulanza ha spento le sirene dopo aver svoltato al semaforo, aspetta qualche secondo che si alzi la sbarra entra e si ferma placidamente all’ingresso del pronto soccorso. Si aprono le porte, ne scendono due lettighieri che scaricano immediatamente una barella dove giace un uomo sulla quarantina, vestito casual con attaccata la mascherina dell’ossigeno.
00:00 La barella fa qualche metro di gran carriera, si ferma davanti all’accettazione dove vengono sbrigate molto velocemente le formalità: Giovanni Resta, 45 anni, codice rosso. Ha avuto un infarto mentre era a godersi una birra dopo una giornata tranquilla con gli amici del bar, quelli che sanno a malapena il tuo nome e che lavoro fai ma non hanno la minima idea di chi tu sia veramente.
Nessun altro sa che è li, perché Giovanni è solo.
00:03 Viene portato in una stanza, due infermieri attuano tutte le procedure del caso. Accorre il medico, una dottoressa sulla trentina, che inizia a studiare il caso. Giovanni viene stabilizzato.
00:10 Arriva un ragazzo con una ferita da arma da taglio, nulla di grave. Viene guardato in maniera torva dalla vecchia con l’angina che è li dalle 22:30 e che sta continuando a mugugnare a voce alta su ‘quel cretino che è entrato in codice rosso che mi fa perdere tempo’. E’ tutto silenzioso, soffuso, quasi ovattato. In fondo alla stanza ci sono un nigeriano curvo che si tiene lo stomaco e una coppia di ventenni che con tutta probabilità sta aspettando la pillola del giorno dopo, almeno a giudicare dalle facce.
00:38 La signora Monaldi, la vecchia con l’angina, viene dimessa. L’infermiere di turno vorrebbe farle pagare il ticket e darle il codice bianco, ma la dottoressa decide di soprassedere e mandarla a casa senza troppe storie malgrado sia stata appena trattata di merda proprio dalla Monaldi.
In una sera come questa manca solo mettersi a questionare con la solita vedova in cerca di attenzioni.
Il resto della nottata scorre relativamente tranquilla e senza grossi intoppi, tra gente che viene dimessa e gente che arriva, con l’unica costante di Giovanni, sorvegliato speciale nell’area del codice rosso che rimane solo anche qui.
05:03 Giovanni ha una crisi, non si sa bene per quale motivo, sta di fatto che peggiora d’improvviso e malgrado gli interventi tempestivi della dottoressa e degli infermieri muore. Il perché lo scoprirà domani l’anatomopatologo a questo punto, adesso ormai non c’è più nulla da fare se non calare il lenzuolo sul corpo. La dottoressa si ferma e dopo aver firmato il verbale di decesso si ferma a guardare i documenti e il viso del morto: faccia sorridente sulla carta d’identità, smorfia di dolore sul lettino.Un cadavere e delle carte, tutto quello che rimane di Giovanni Resta, 45 anni, di professione impiegato, è davanti alla dottoressa che ha appena confermato il decesso.
06:49 La dottoressa smonta, si infila nello spogliatoio e si va a cambiare per tornare finalmente a casa. Nei corridoi ancora silenziosi dell’ospedale si inizia a sentire qualche vociare e dietro una porta semiaperta due persone si stanno divertendo parecchio prima di iniziare il proprio turno lavorativo. Spogliatoio, armadietto. Via gli zoccoli, via il camice. Su un paio di anfibi, una giacca imbottita e via ad affrontare il fresco di una mattina di novembre. Malgrado l’auto, la dottoressa impiega una ventina di minuti a tornare a casa tra semafori, il primo traffico, e la voce della radio che si propaga all’interno della Micra che sta guidando. Di tanto in tanto le viene in mente la faccia del povero Giovanni, più che altro perché le ricorda un amico perso di vista tempo fa. Aveva qualche amico, ma nessuno importante visto che non c’era nessuno li con lui. Ragazza? Genitori? Parenti? Possibile che fosse così solo al mondo? Eppure per quel poco che lo ha visto era un bell’uomo e per quel poco che il povero era rimasto vigile era gentile, compassionevole. Le viene un sorriso a pensare che forse il destino poteva portarsi via la Monaldi al posto di Giovanni. Fare restare Resta per qualche anno ancora non sarebbe stato poi così male, quantomeno non lo avrebbe visto ogni settimana come la Monaldi. Il pensiero la culla fino a sotto casa, parcheggia, e sale i cinque piani che la separano dal letto. Niente ascensore, è uno stabile d’epoca. E intanto rampa dopo rampa nella mente le rimane Giovanni Resta, l’avvenente solitario, e Dante, il suo amico dell’università con cui prendeva sempre il caffè a pomeriggio e con cui non combinò mai nulla perché lui non si dichiarò mai.
07:20 la dottoressa mette la chiave nella toppa e viene investita dalla figlia di cinque anni che è già in piedi a fare colazione assieme alla tata che la sta preparando per l’asilo. Abbraccia e bacia la bimba e d’improvviso il pensiero della nottata e di Giovanni Resta svanisce d’improvviso, come se fosse rimasto fuori dalla porta e non inviato a entrare.
Perché prima o poi tocca a tutti. Perché la vita va avanti.
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