Non ricordo da quanto tempo vivo così, alla rinfusa, spettinato.
Forse un anno? Di più?
Avevo tutto.
Poi, d'improvviso, ho deciso di non avere più nulla. Passi una vita ad accumulare e sul più bello ti rendi conto che tutto quello che ti serve sta a malapena in una tasca.
Ero metodico, maniaco, preciso, un collezionista, circondato di COSE, che in fin dei conti cercavano di riempire un vuoto affettivo che non avrei mai riempito.
Poi un giorno ho capito che niente serviva a un cazzo.
Senza dio, budda, botte in testa o illuminazioni.
Accumulare? Risparmiare? Cui prodest?
Ho mollato tutto, perché era diventato un fardello. Moglie, figli, auto, casa. Ho chiesto subito la separazione, ho mandato a fanculo il terapista di coppia, mi sono trovato un monolocale in una delle zone peggiori della città et voilà, ho cambiato vita.
Qui di italiani non ce n’è mezzo, in più storicamente non conosco nessuno che viva qui, non ho amici ne contatti.
Ho solo il ‘tirare avanti’ e la libertà.
Arrivo tranquillo a fine mese, mi pago l’affitto, le bollette, qualche puttana e do trecento euro alla cinese del piano di sotto che mi sistema casa quando lei inizia a sentire odore di rancido.
Non ho dio, volontà, religioni o speranze.
L’unica salvezza che ho al momento è la bottiglia, una ogni tre giorni, ma di mezcal serio, non quella merda che spacciano per roba buona.
Dopo i primi dieci giorni il supermercato del peruviano sotto casa ha iniziato a farmi un prezzo di favore: sono dieci bottiglie sicure al mese più vari ed eventuali euro di spesa, con tortillas e altre cagate che magari mi aiuta a cucinare Rubio, il cileno del piano di sotto, o Marcio, il vicino brasiliano che più volte mi ha offerto una pompa per mezza bottiglia. Ha smesso quando gli ho spiegato che a me piacciono le donne, non sono il tipo da compromessi…altrimenti avrei agito diversamente per il resto della mia vita.
L’unico collegamento che ho col passato è un blog, questo blog, che aggiorno una volta al giorno, ogni sera, giusto per tenermi un mezzo cordone ombelicale col passato.
Cordone ombelicale giusto per dire visto che nessuno sa che l’ho aperto e uso uno pseudonimo…Mezcal. Mi è venuto non tanto per quello che bevo ma per ricordare la memoria di quel caratterista western che nei film di Trinità prendeva sonori ceffoni.Non so perché l’ho scelto, o forse si: volevo anche io i ceffoni dalla vita, per svegliarmi dal torpore della mia grigia esistenza.
E quando il ceffone non è arrivato me lo sono dato da solo e sono scappato.
Si, si, codardo, coraggioso, tutto quello che vuoi, ma in fin dei conti ora sono libero di fare quello che volevo: distruggermi.
Perché forse è quello che ho sempre voluto, perché forse non ero adatto a vivere, perché forse è colpa di mia madre, perché insomma vaffanculo a tutto.
Non prendo pastiglie da sei mesi e dovrei, non faccio esami da non so quando e dovrei farli, ma qui torniamo all’inizio: se ho deciso di distruggermi…cui prodest fare i controlli? Per vedere quanto sono ridotto male?
Arrivò esanime all’ospedale e morì poco dopo. Il medico del pronto soccorso pensò fosse un barbone di settant’anni, la moglie e i figli tirarono un sospiro e non versarono una lacrima perché finalmente avevano saputo che fine aveva fatto e non doverlo riprendere in casa era alla fine un sollievo.
Gli unici dispiaciuti della sua dipartita furono i suoi vicini di casa perché, volente o nolente, Mario Colutta era riuscito a costruire qualcosa anche nell’intento di distruggere se stesso.
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