'mi scusi, mi farebbe passare?'
Emanuele si alzò per permettere al tizio obeso di passare. Si mise a pensare che pur essendo in una carrozza semivuota e alla penultima stazione questo si voleva mettere proprio al posto che aveva prenotato.
Regole confezionate, i soliti preconcetti del cazzo. E poi gli rompeva i coglioni proprio mentre stava andando a un funerale, quello di un suo amico perso da tempo che chissà perché aveva deciso di farsi interrare al paese dei nonni.
Appena il treno ripartì Emanuele si spostò sul posto di fronte e ammiccò al ciccione un 'così stiamo più comodi' ricevendone in cambio una scrollata di testa. Pensò a un vaffanculo ma tra il caldo e la stanchezza non aveva gran voglia di discutere; chiuse gli occhi e cercò di appisolarsi lasciandosi cullare dal treno.
Li aprì per un attimo solo quando sentì uno sbattere di tacchi nel corridoio che gli sembrava familiare. Non fece a tempo a vedere di chi si trattava perché la padrona dei tacchi si era chinata sul ciccione di fronte a lui e si beccò una panoramica del culo fasciato da una gonna sotto al ginocchio completamente scura. Pensò che effettivamente era una bella armonia di curve, poi ne riconobbe la voce: era Alessandra, una tizia a cui era morto dietro per anni senza mai esserne ricambiato.
Guarda te i casi della vita: persa da anni, trovata ora per caso che stava con un grande obeso inguardabile.
Alessandra si girò e guardò Emanuele senza riconoscerlo.
'scusi, il posto qui è libero, si?'
Emanuele annui, ma appena la guardò da dietro le lenti degli occhiali da sole si rese conto che Alessandra era invecchiata male: sciupata, dimagrita, sembrava avesse messo su vent'anni in cinque. Forse l'aveva idealizzata lui, forse se la ricordava meglio di come era, fatto sta che il risultato adesso era davanti ai suoi occhi, decisamente più scarso di quello che si sarebbe immaginato.
Richiuse gli occhi e tornò a lasciarsi cullare dal treno. Si svegliò di soprassalto perché qualcuno gli toccò la gamba o forse perché stava facendo uno dei suoi soliti incubi.
Aprì gli occhi, si accorse che Alessandra lo stava fissando.
'sono proprio messa male, vero?'
La fissò con uno sguardo interrogativo, poi notò con la coda dell'occhio che il ciccione non c'era.
'dice a me?'
'non credere non ti abbia riconosciuto'
'no ma guardi che...'
'Ema, non ti ci mettere pure tu. Ti ho riconosciuto. Tu stai benissimo. So che probabilmente non vorrai nemmeno parlarmi perché entrambi conosciamo benissimo i trascorsi tra noi.'
'veramente non c'è mai stato nulla, eravamo amici'.
'Lo sappiamo tutti e due che avresti voluto altro.'
Emanuele si sentiva nell'angolo. Gli mancava il fiato, doveva uscire da quella situazione.
'beh, comunque si, pensavo fossi messa un pelo meglio, a dire il vero...sei sciupata, ma di brutto.'
'sono all'inferno. Non hai idea. Era bello quando ci vedevamo, uscivamo fino a tardi tutti assieme...invece ora...è tutto assurdo, piatto, monocorde...GRIGIO.'
quel grigio detto quasi urlando come se fosse sull'orlo di una crisi di nervi lo fece sussultare.
'guarda che abbiamo anche quarant'anni...non è che puoi tornare alle cinque ogni giorno'
'non è quello, lo sai. È la scintilla. Il fare le cose, l'emozione...scommetto che ti diverti un botto tu'.
Ci pensò. Era appena uscito da una situazione disastrosa, ma tutto sommato non era male.
'potrei dirtene...ma diciamo che al momento va.'
'vedi? Te la passi meglio di me'
'c'è chi sta peggio e chi non c'è più. Io ad esempio sto andando a un funerale...ecco, a questo mio amico è andata sicuramente peggio.'
Alessandra lo guardò come se improvvisamente si fosse svegliata.
'già...non pensiamo mai a chi sta peggio.'
'scusa...ma...quello è tuo...'
'marito, si.'
'ah.'
'sposato per disperazione. Ero stanca e mi ha preso che ero stremata...ma vabbè...e no, lo so, non è nemmeno simpatico...ma tu?'
'solita roba'
'capito...sposato, figli...'
'a dire il vero ne uno ne l'altro.'
Alessandra lo fissò incredula.
'ti piace scopare in giro, vero?'
'non è una regola, diciamo...non ho uno stile di vita deciso a priori'
Alessandra non ci pensò due volte.
'adesso io vado in bagno, quello li in testa alla carrozza. Tra meno di un minuto tu bussi quattro volte. Io apro, entri e mi scopi.'
'cosa?'
'hai capito. Lo so che non sono quel fiore che volevi cinque anni fa, ma almeno ti togli il tarlo e io mi tolgo lo sfizio, non ce la faccio più a vivere così'.
'...e tuo marito?'
'non me ne frega un cazzo. Voglio essere scopata da te adesso'.
Emanuele stava per ribadire che aveva bisogno di pensarci almeno un minuto ma non ne ebbe il tempo. Alessandra si alzò repentinamente e si diresse verso il bagno. Lui si alzò e con passo incerto e un po' imbarazzato si ritrovò davanti alla porta della toilette.
Bussò quattro volte e in men che non si dica la porta si sbloccò.
Entrò a fatica, richiuse e si trovò davanti Alessandra praticamente nuda. Non era eccitato, era tutto assurdo, gli veniva quasi da ridere.
Iniziarono i preliminari ed Emanuele iniziò a palparla dappertutto. Alessandra si era conservata, fatto salvo per tutta una serie di cicatrici su schiena e braccia della cui origine preferì non domandare.
Il rapporto durò un minuto, forse due, il tempo di togliere ad entrambi lo sfizio della trasgressione e il tarlo di anni di inseguimento, poi ognuno tornò al suo posto separatamente, per non destare sospetto. Visto che il ciccione era tornato al posto nessuno si rivolse più la parola per il resto del viaggio. Il treno arrivò a destinazione ed Emanuele e Alessandra scesero per non rivedersi più.
Lui arrivò al funerale appena in tempo e passò metà della cerimonia a pensare a cosa era realmente successo; poi, una volta resosi conto di essersi tolto un sasso dalla scarpa, rimase con un sorriso ebete per il resto del funerale guardato male dagli altri partecipanti.
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