mercoledì 15 aprile 2015

LES ILLUSIONS DE L'AVENIR

Sono quasi sicuro di averlo vissuto in un sogno tutto questo. 
No, no, senza 'quasi'. Io questa cosa l'ho già vista, non ricordo nemmeno quanto tempo fa. 
Mesi? Anni? 
Sono completamente ubriaco e non ricordo manco come sono arrivato qui. È caldo, soffocante, appiccicoso. 
Seduto su un divano di quelli economici, mezzo devastato e malfermo a fissare il cielo attraverso la finestra aperta da non so nemmeno quanto tempo. 
Mi giro ed è li che mi fissa. Chiudo gli occhi e li riapro e non si è mossa. Non so da quanto tempo è li, potrebbero essere tre secondi o venti ore, non ne ho idea. 
Si avvicina, mi prende un braccio e mi tira a se. 
Mi alzo, e la seguo. So già dove andremo a finire, va bene, va benissimo così. 
Si siede su un tavolo, mette una gamba su una sedia, allarga le cosce e mi tira a se con forza. 
Lo spacco della minigonna si apre al massimo lasciando intravedere la pelle nuda del pube. 
Rimango imbambolato solo per un momento, poi mi lascio andare e le inizio a leccare il collo. Prima che possa anche solo muovermi ha già tirato indietro la testa preparando la strada alla mia lingua che inizia a leccarle la pelle nuda e leggermente salata a causa del sudore.
Io penso una cosa, quella cosa succede.
Voglio quella cosa. E quella accade.
Sono signore e padrone, o forse sono solo un cazzo di schiavo che lei comanda a bacchetta. 
Mi sento gonfiare il pacco, mi stanno esplodendo i jeans, le mie mani vagano dappertutto sul suo corpo. Vorrei averne più di due, vorrei averne sei, di mani, vorrei palparle ogni millimetro di pelle senza smettere mai. Affondo le mani, calco, spingo con le unghie e la sento gemere.
Si stacca per un attimo, mi fissa, mi sorride, si inumidisce le labbra e mi si avventa addosso ficcandomi la lingua in bocca.
Non capisco più un cazzo, non ho nemmeno più una goccia di sangue nel cervello, è tutto li, in basso, che pompa e mi sta urlando di farmela a sangue, subito. 
Non ho nemmeno finito di pensarlo che lei si strappa la canottiera, mi mette le tette in faccia in bella mostra e poi si avventa sui miei jeans, facendo di tutto per sfilarmeli nella maniera più veloce.
Dovrei fermarmi, non dovrei andare avanti. 
Dovrei andarmene prima che sia tardi, ma la verità è che non me ne frega proprio un cazzo. 
Ho la voglia e me la devo togliere.
In men che non si dica mi sto scopando questa sventola sul tavolo. Mi sembra di vedermi da dietro, goffo, sudato, brutto, inguardabile, mentre lei è perfetta: qualsiasi cosa lei faccia ha una sensualità marcata, una roba innaturale, da dare di matto: se anche si ficcasse le dita nel naso so benissimo che impazzirei, è una figa che levati e me la sto facendo di brutto.
Non riesco più a capire nulla, sarà il caldo, sarà l'umidità, il sudore, la mia pressione bassa...vedo solo qualche luce tremolante delle candele che si proiettano sui muri, lei che muove la testa ritmicamente senza smettere di fissarmi mentre la musica diventa sempre più insistente, mi ipnotizza e mi invoglia a scoparmela per sempre.
Un momento.
La musica. 
Ma...la musica c'era prima?
No, cazzo, no.
Era tutto zitto. 
Ero sul divano, in silenzio.
Non si muoveva nulla, sentivo il rumore del traffico dalle finestre, quando è partita? L’ha accesa lei? È nella mia testa?
Cerco di fermarmi, rallento il ritmo, lei invece affonda i colpi implacabile, sto cercando di focalizzare i pensieri ma lei non lo vuole: sono un automa nelle sue mani, l’ho capito.
Mi guarda ancora, con quel sorriso sornione che non mi fa capire più nulla.
Va benissimo, comandi tu. Vuoi uccidermi scopandomi. È perfetto, mi sta bene, non voglio altro.
Un flash.
Del sangue sulla parete.
Un Deja vu?
So che Il sangue è Il mio.
Mi giro ma non c'è nulla, la parete è pulita.
Mi rigiro e mi rendo conto che non ho smesso per un attimo di scopare, anzi, di farmi scopare da lei.
Di nuovo la visione del sangue.
Mi spavento, mi irrigidisco, cerco di bloccarmi, ma lei continua e io non riesco a oppormi.
La guardo nuovamente, è impassibile. I capelli sono umidi, crespi, il viso e il petto imperlati di sudore, il piacere scolpito sul volto, mi fissa con quei suoi occhi neri e profondi come se fossi il più grande amante mai esistito.
Neri.
Ma stasera, in discoteca...cazzo erano verdi, ne sono sicuro. 
Mi sono sbagliato? No, no, le ho pure fatto i complimenti, mi aveva detto erano verdi naturali.
Ma come cazzo è possibile, riflesso? L’oscurità o la sbronza giocano scherzi.
I suoi occhi neri. 
Neri. Grossi e completamente neri, come quelli di un demone.
Il coltello in mano.
I riflessi tremolanti dei lumi di candela sulla lama.
Basta, mi voglio staccare, mi devo staccare.
Quello che ho visto, quello che succederà…no, non mi stacco, non ci riesco.
Perché NON voglio staccarmi. Voglio quello che vuole lei, tutto quello che vuole lei. 
Gusto salato in bocca. 
Mi sento debole.
Si alza dal tavolo, mi adagia per terra continuando a scoparmi. È come un animale, un animale affamato.
La cera sparsa sul pavimento, la sento appena con le dita. È come se disegnasse qualcosa.
Sento il gusto del sangue in bocca.
Rido. 
Mi sto soffocando col mio sangue e rido.
Perché lo avevo visto.
Perché lo sapevo.
Perché questa cosa che ho davanti mi ha cercato, mi ha convinto e io ci sono cascato, pensando che quello che prevedevo era sbagliato.
Pensavo come un idiota che sarebbe finito diversamente, ma io sono un sensitivo; se vedo una cosa quella accade, sempre.
Perché avrebbe dovuto essere diverso, stavolta?
Giro la testa e sul muro ci sono degli schizzi scuri.

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