Oggi
Sempre qui, sempre allo stesso pub e sempre seduto sullo stesso tavolo con davanti la birra di sempre.
Non sono Bukowski e nemmeno Pinketts, non arrivo a casa piegato perché per vari motivi non lo voglio e non lo posso fare, però mi piace stare qui e vedere la vita che mi gravita attorno. Mi diverto di più a fare lo spettatore che l’attore, mi diverto a vedere le meccaniche della vita e le interazioni delle persone che mi girano intorno più che a crearmi delle situazioni personalmente. Sarà stupido ma mi da un senso di sicurezza, perché dopo un po’ riesci a prevedere perfettamente tutto quello che succede, manco fossi un veggente. È come essere un dio, anche se di fatto non hai nessun potere…però potevi dire ‘lo sapevo, lo avevo visto’, ‘sapevo che andava così’.
Conosco tutti gli avventori, e ovviamente loro conoscono me anche se, va detto, la conoscenza si ferma a due chiacchiere, qualche discorso generico e al nome. Qualcuno sa come mi chiamo, altri no, ma neanche io conosco tutti i nomi e tutte le professioni; sono compagnie da bar dopotutto, cose che malgrado tutto in epoca di twitter, facebook e whatsapp esiste ancora. Non sai che fare, esci, vai al bar e sicuramente troverai qualcuno, tipo Franco o Davide o Stefano. E se loro non ci sono puoi stare sicuro che sono appena passati o passeranno, e tu che conosci tutti non starai solo molto a lungo, perché due chiacchiere fino a che non ti stufi le farai senza problemi.
Stasera non fa differenza: non avevo voglia di stare a casa e sono uscito, non avevo voglia di cucinare e mi sono fatto preparare qui una cosa che ho finito di mangiare poco fa e mi sto divertendo a osservare gli abitudinari dell’aperitivo e una coppia che litiga: eh, lui l’ha fatta grossa e lei lo lascerà. Credo passerà un mesetto e uno dei due lo vedremo qui in compagnia diversa. Guardo le cameriere e ammicco ai litiganti, poi sorrido e ricevo un sorriso complice di rimando, anche loro sanno che cosa succederà.
Improvvisamente mi fermo a pensare alle cameriere: io le conosco, le vedo sempre qui. Ma hanno dei sogni, dei ragazzi, delle case, delle vite…dei cognomi! Io non so nulla di loro, e loro non sanno nulla di me. E anche i proprietari a cui do del tu e che mi offrono il giro a fine serata, come cazzo si chiamano di cognome? Sono sposati? E Mauro che so che fa il vigile? Farrakh che fa il pizzaiolo che si devasta il giovedì sera che il venerdì è a casa dal lavoro? E Luigino che fa il bancario e ancora si ostina a giocare a scopa? Chi sono veramente? Magari se parlo con loro scopro che abbiamo più cose in comune di quante penso…o magari no, chissà. Ma perché non chiedere?
Mentre elucubro su queste possibilità Vanessa, la cameriera più giovane e più carina mi porta la seconda birra, mi fa una battuta a cui non rispondo perché sono distratto dal chiedermi chi sia lei veramente e scompare.
Intanto che bevo un sorso i pensieri scompaiono e torno a fissare la coppia che discute parlando tra me e me.
‘mh…tra due settimane questa qui entra con un amico o un altro’.
‘ah, allora hai la lingua oggi!’
Vanessa.
‘cosa?’
‘ti ho chiesto come va e se stai bene e non hai risposto! Pensavo avessi la luna di traverso!’
‘nahh…con te non potrei mai…’
Mi sorride e se ne va. Dopo tutto il nostro rapporto è quello: ordinazione, mezzo flirt, conto. Adesso mi rilasso e come sempre mi godo lo spettacolo della vita che scorre fino all’ora in cui arriva qualcuno o fino a che non sarò stanco e me ne andrò a casa, per poi ripetere tutto dall’inizio domani.
Due anni dopo
L’unica novità è stato sapere che Farrakh si è sposato ed è tornato in Marocco e che Diego, uno degli avventori anziani, è morto di infarto a letto sei mesi fa. la vita del bar però sotto questo punto di vista è crudele: per un Diego che se ne va e che viene presto dimenticato c’è un Enrico che arriva e, a ben pensarci, più le cose cambiano più rimangono le stesse.
Le cameriere sono cambiate e ce ne sono due nuove, i clienti sono grossomodo sempre quelli e ovviamente i proprietari sono qui come me. Mi ero ripromesso di chiedere qualche informazione in più ma poi i discorsi rimangono quelli, oppure arriva qualcuno nuovo e parli di altro oppure non ti interessa fare altro che riempire il vuoto tra un sorso e l’altro di birra.
Poso la pinta sul bancone e Barbara senza che io dica nulla mi rabbocca il bicchiere. Le ammicco sorridendo e lei risponde, ma tutto ancora una volta finisce li.
Cinque anni dopo
Ho avuto dei problemi di salute, Enrico si è trasferito in Irlanda perché ha deciso di aprire una farmacia e Luigino è diventato papà. Le cameriere sono cambiate ancora e adesso chi mi serve la solita pinta è Marika che mi sorride mentre accarezza e saluta Andrea che sta parlando con me. È un periodo strano per il classico pub perché non va più molto di moda, però la clientela fissa permette ai proprietari di tenere aperto e un minimo di rinnovo del locale ha portato del ‘sangue nuovo’ che permette a noi vecchi avventori di continuare a passare il tempo su degli sgabelli che ormai portano l’impronta dei nostri sederi e a considerare questo piccolo buco un po’ come una seconda casa.
Quindici anni dopo
Il pub è sempre li; I proprietari originari hanno venduto a due russi che hanno ristrutturato gli interni ma hanno comunque deciso di riaprire tutto in stile classico permettendo a chi ci andava di non sentirsi orfano; un’ottima scelta, visto che il classico pub un po’ anonimo è tornato di moda.
L’inaugurazione ha fatto tornare un bel po’ di vecchie facce che sono ripassate per l’occasione perché erano tutti affezionati al posto: Luigino col figlio, i vecchi proprietari, Barbara con la moglie e Vanessa con le figlie. Le cameriere che servono da bere sono Ninel' e Ekaterina, ma stavolta io non ho ammiccato a nessuna e non ho bevuto nessuna birra: mi sarebbe piaciuto ma io sono morto un anno fa e, tolti i ricordi sbiaditi di qualche vecchio avventore che mi conosceva, l’unica testimonianza del mio passaggio rimane una piccola foto dietro il bancone risalente a ventotto anni fa di cui nessuno mai chiede nulla.
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