‘Il prossimo!’
La dottoressa esce dalla porta bianca dell’ambulatorio e si guarda in giro: guarda la lista e deduce che il cognome Mortati, che non aveva mai sentito prima, sicuramente appartiene a uno dei due ragazzi seduti sul divanetto di fronte che si tengono per mano.
I due si alzano e si approcciano timidamente alla dottoressa come farebbe uno studente sotto esami, la dottoressa indica il percorso per l’ambulatorio e poi li fa accomodare. Chiude la porta e porge la mano.
‘Corsini, piacere’
La ragazza, una biondina paffutella con i capelli a caschetto e le ossa grosse, si presenta.
‘Ilaria Mortati.’
Il ragazzo rimane indeciso poi si ravviva per un attimo e proferisce parola tenendo lo sguardo basso
‘Io sono Andrea, il fidanzato’
La dottoressa si siede, fa sedere i pazienti e guarda la coppia.
‘Bene, ditemi cosa posso fare per voi.’
Ilaria prende timidamente la parola
‘Siamo qui un’interruzione di gravidanza’
‘Scusa?’
‘Io ho diciotto anni, lui venti e siamo disoccupati, siamo stati attenti, si è rotto il gommino e non possiamo permetterci un figlio…siamo poveri.’
La dottoressa li guarda severamente senza parlare. Ilaria inizia a lasciarsi andare, piange disperata per la situazione e spiega in maniera dettagliata ed esauriente quanto successo e l’insostenibilità di una gravidanza; Andrea è zitto, cereo in volto, mortificato e imbarazzato.
Alla fine dello Sfogo la dottoressa Corsini rimane in silenzio per qualche minuto, poi comincia a parlare.
‘Signori, voi siete sicuri di quello che volete fare? Siete sicuri di quanto mi avete chiesto?’
I due si guardano e annuiscono.
‘Mi spiace, ma io non posso aiutarvi. Io sono un medico obiettore e sono contraria a queste cose, specie se deriva da una vostra disattenzione. Dovrete andare in un'altra struttura, non ho la minima intenzione di interrompere una vita perché non sapete stare attenti’
I due si fissano con la bocca spalancata increduli della risposta, stanno per controbattere ma vengono anticipati dalla dottoressa che li liquida con un deciso ‘buonasera.’
Aspetta che i due escano dallo studio e si lascia andare ad uno sfogo appena la porta si è chiusa.
'Questa gentaglia proprio quando devo uscire, per una volta che ho un appuntamento importante e ho altro da pensare…'
Spegne il pc, butta le poche cose personali nella borsa di Alviero Martini che le fa compagnia sulla scrivania, appende il camice sull’attaccapanni nero di plastica e si precipita fuori; passando incrocia la coppia che è ancora seduta sul divanetto della sala d'attesa disperata: la ragazza piange e il ragazzo è abbracciato a lei fissando torvo la dottoressa al suo passaggio.
La Corsini pensa per un attimo a loro due ma poi guarda l'orologio: è tardi, deve andare.
Nemmeno un'ora dopo è dall’altra parte della città, in uno studio medico privato: immense librerie stracariche di polverosi volumi, una scrivania di ebano, sedie di pelle consunte e di fronte a lei un professore sulla settantina che indossa un camice sformato adagiato in una poltrona di pelle che ha visto giorni migliori.
Il professore la scruta pensieroso da dietro le lenti degli occhiali.
‘Ma è sicura?’
‘Sì. Ci ho pensato ma tra le due opzioni preferisco l'intervento.’
La Corsini guarda il medico fissandolo determinata con i suoi occhi scuri, il medico di rimando prova a sorrerle forzatamente celando l’imbarazzo.
‘Si rende comunque conto che è pur sempre un intervento…ma beh, è medico anche lei, sa quello che fa. E va bene. Allora…venerdì 27 ci vediamo per l’intervento?’
Mara prende il cellulare, controlla il calendario.
‘Aspetti un attimo, mi faccia controllare…sì, Venerdì 27 va bene.’
‘Perfetto, a Venerdì,’
Il medico si alza, le porge la mano e gliela stringe solidamente, poi si risiede e torna alle sue scartoffie. Dopo qualche momento tira indietro la testa, butta gli occhiali sulla scrivania, cerca di rilassarsi affondando la schiena nella poltrona e chiudendo gli occhi.
Si sente il chiavistello dell'ingresso chiudersi e dopo qualche minuto la segretaria entra nello studio:
‘Dottore… per stasera non ci sono altri appuntamenti. Se lei è d’accordo potremmo chiudere…’
La segretaria è in trepidante attesa di una risposta metà dentro e metà fuori dalla stanza, il Medico rimane silenzioso a occhi chiusi come se non avesse sentito nulla; improvvisamente apre gli occhi e guarda la segretaria.
‘Daniela, può sedersi un momento?’
Lei lo guarda stupita, non sono frequenti le volte in cui lui la chiama nello studio per parlare e quando succede è per un motivo come un rimprovero o un appuntamento importante, ma non essendo
Successo nulla di strano Daniela rimane sul chi vive con fare interrogativo. Si accomoda sulla sedia dove si mettono i pazienti e guarda il professore: muove la gamba nervosamente e iniziano a sudarle le mani.
Il professore non tradisce alcun tipo di emozione, ha la faccia scavata dall’esperienza, da anni di ospedale e dalla stanchezza di una giornata che pare non finire mai. Quando Daniela sta per chiedere cosa ha sbagliato il professore inizia a parlare.
‘Daniela, lei lavora con me da ormai sette anni…e devo dire che sono sempre stato soddisfatto.’
‘Grazie professore…veram..
‘Mi lasci parlare, per favore. Le chiedo cinque minuti del suo tempo, poi la lascio andare a casa. Come sa faccio il medico da anni e a fine anno me ne vado in pensione; sono stanco e ho voglia di godermi in pace gli ultimi anni con la mia compagna. In tutti questi anni ne ho viste di ogni e me ne sono capitate di tutti i colori, tant’è che a un certo punto, se sei medico, devi farti venire il pelo sullo stomaco altrimenti non vivi più.’
Daniela lo guarda chiedendosi dove voglia andare a parare, ma visto che gli è stato imposto il silenzio rimane in ascolto senza proferire parola. Il Professore la guarda distrattamente con i suoi occhi stanchi e acquosi, poi riprende.
‘Mio dio cosa non darei per un tiro di pipa…ma ho smesso anni fa e non andrebbe bene per le mie coronarie…eh, i medici sono gli ultimi a curarsi quando si tratta di salute. Sei talmente abituato far guarire gli altri che alla lunga ti senti immortale, come se non dovesse succederti nulla…ma dovevo…non ricordo più dove ero rimasto.’
‘Mi stava dicendo del pelo sullo stomaco, professore.’
‘Ah, già…Daniela, ormai tra due mesi io non sarò più a lavorare qui e tu sarai nello studio del collega Nocerati…tanto ne vale ci diamo del tu. Comunque…dopo anni DEVI avere il pelo sullo stomaco, perché se diventi empatico con tutti i pazienti che incontri dopo nemmeno tre anni devi convivere con gli antidepressivi…io non volevo ma ho dovuto diventare così. Mi sono costruito una scorza che mi permettesse di diventare impenetrabile a certe situazioni o certi azzardi da parte dei miei pazienti, mi capisci?’
La segretaria guarda il professore e annuisce con il capo. A questo punto non sa più cosa lui voglia comunicarle. Uno sfogo? Un rimprovero?
‘Bene, malgrado ciò ci sono cose che sono successe nella mia professione che sono penetrate in questa scorza e mi hanno depresso o fatto incazzare. Già, hanno fatto incazzare me, il professor Andrea Gornazieri che quest’anno fa 69 anni e che è medico da quaranta e rotti. Possibile?’
Il professore alza la voce, diventa concitato, spalanca gli occhi ergendosi dalla poltrona di pelle sulla quale era adagiato fino poco prima e batte una manata aperta sul tavolo iniziando a parlare in modo meno stanco e più deciso mentre Daniela davanti a lui è sempre più imbarazzata.
‘Cazzo! Non è capitato molto spesso, sia ben chiaro, e io non sono mai andato contro il giuramento di Ippocrate o i principi della medicina…ma quando vedi gente che potrebbe perfettamente prevenire certe cazzate e non lo fa per pigrizia o stupidità purtroppo non puoi evitare che ti girino i coglioni.’
‘Professore, ma si riferisce a qualcuno in particolare? Non sono sicura di aver capito…ma se ho fatto qualcosa…’
‘Macché. Tu non c’entri nulla, anzi…negli ultimi mesi non mi hai nemmeno fatto un errore, te l’ho detto. È che oggi l’ultimo appuntamento…la Corsini…mi fa veramente incazzare. È un medico, una persona di cultura, dovrebbe stare più attenta a certe cose, la salute, la prevenzione…invece no. Gliel’ho detto tante volte, non hai idea delle volte in cui sono stato tentato di mandarla a quel paese, ma io sono un medico, non un ipocrita. Ho fatto un giuramento e devo rispettarlo, non posso rifiutarmi di curare una persona, anche se è una testa di cazzo. Bah…scusami. Sono solo gli sfoghi di un vecchio medico stanco, perdonami. Vai pure Daniela, ci vediamo domani: e non preoccuparti, stasera chiudo io, tu vai a casa’.
Daniela guarda il medico e si congeda salutandolo con un filo di voce. Non ha idea del perché il professore sia così agitato ma lo lascia nello studio e torna nell’atrio come lui le ha detto di fare. Controlla l’ultima volta la scrivania, spegne le luci, prende il cappotto ed esce.
Il professore sente chiudersi la porta e rimane lì fermo. Prende gli occhiali e ci gioca nervosamente per un momento, poi li lascia ricadere sulla scrivania, riprende la cartella clinica della Corsini, la riguarda pensieroso, poi scuote la testa e la lascia cadere sul tavolo.
‘Il quarto aborto solo perché non vuoi usare un preservativo. È l’ultima volta, poi dovrai trovarti un altro medico. Alla faccia dell’obiettore, sei veramente un’onta per la categoria.’
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