È li, impassibile. Sono le cinque e tre quarti di mattino e sta maledicendo la notte che sta per finire. Il grande orologio a muro scandisce i secondi e la sua voglia che il tempo acceleri e arrivi in men che non si dica alle otto, ovvero alla fine del turno.
Davanti a lui ci sono sei persone, quattro uomini e due donne: un paio cercano di sdrammatizzare ma complessivamente il gruppo trasuda inquietudine, d’altronde il luogo dove si trovano non è proprio il massimo per tranquillizzare gli stati d’animo.
L’uomo si china, alza un lenzuolo e si rivolge al capannello.
‘la riconoscete? È la vostra amica?’
Tutti si guardano, poi a uno a uno chinano lo sguardo verso il tavolo mortuario.
È lei. Ha un’espressione neutra, né serena né di dolore.
Uno a uno annuiscono, si scambiano qualche parola imbarazzata, qualcuno accenna un mezzo ricordo.
Uno dal fondo si lascia andare a un ‘potremmo vedere anche il resto, per essere sicuri?’
L’uomo scuote la testa, guarda severo verso il tipo che ha fatto la domanda e risponde secco.
‘meglio di no. E credetemi, lo dico per voi. Un volo di sei piani non è un bel vedere su un corpo umano’
Se possibile, l’atmosfera già poco giocosa si fa ancora più soffocante. Il patologo, capito l’andazzo, risolve la situazione con consumata esperienza.
‘bene, se siete sicuri e l’avete riconosciuta adesso ci sono tutta una serie di moduli da riempire. Se volete precedermi un attimo andate nell’altra stanza.’
Tutti lo ascoltano, seguono i suoi ordini e si dirigono nell’altra stanza silenziosamente.
Il patologo ripone il lenzuolo sopra il cadavere e lo rimette nella cella frigorifera. Poi chiude, si lava le mani e torna per sbrigare le pratiche burocratiche.
Prende nomi, cognomi, generalità di vario titolo e intanto ascolta, come molte volte gli è successo, piccole storie e aneddoti sul deceduto e sulla sua vita.
Dopo una mezz’ora ha finito: tutti hanno firmato e si congedano da lui. Gli avanza ancora un po’ di tempo per sistemare un paio di pratiche e poi finalmente potrà andare a dormire. Una volta finito tutto si stropiccia gli occhi e torna a guardare l’orologio a parete: sono le sette e mezza. Non pensava ma ci ha messo più del previsto. Ripone le sue cose, si apre il camice ed esce in cortile. Prende un pacchetto di sigarette sgualcito dalla tasca destra e se ne accende una. Si appoggia al muro esterno, chiude gli occhi e lascia che il fresco del mattino gli accarezzi la pelle; fuma con calma cercando di rilassarsi.
‘ehi’
Si gira: è l’altro patologo, quello che gli darà il cambio per la mattina.
‘oh, ciao!’
‘serata pesante eh? Mi han detto della suicida, fatto tutto?’
‘si, si, tranquillo. Nessun problema. Già identificata, accertata, sistemata’.
‘ma che ha fatto?’
‘buttata dal sesto. Pensa che un coglione al riconoscimento voleva vedere tutto.’
‘io lo avrei lasciato vedere, così impara.’
‘no. Che cazzo vuoi vedere, abbiamo già noi sto debito, non mi pare il caso’
‘ma si sa il perché?’
‘no, ma lascia perdere, non me ne frega nemmeno un cazzo. Avrà avuto i suoi. Problemi e le sue pare, come tutti. Mi stupisce che dopo vent’anni che fai sto mestiere ancora stai a chiederti chi, cosa e come. Fallo e basta, non ne vale la pena. La gente muore, è sempre morta e morirà sempre. La gente si ammazza per i più disparati motivi. Noi siamo semplicemente quelli che devono tenere in ordine il cadavere per dargli un nome e una degna sepoltura.’
L’altro patologo lo guarda in silenzio.
‘si, hai ragione…ma una cosa te la devo dire: ti conosco da otto anni e devo dire che sei diventato veramente…amaro’
‘sarà come dici tu…a ogni modo adesso mi butto in branda che sono stanco. Tanto adesso ci sei tu che sei molto meno amaro di me e ai morti gli dai lo zuccherino,no?’
Gli sorride e intanto butta la cicca per terra.
‘ma vaffanculo, va, cretino. Tanto poi ci vediamo stanotte, che mi darai il cambio tu. E Speriamo che sia una giornata tranquilla per una volta.’
Si salutano, il patologo finalmente esce dall’obitorio dopo aver appeso il camice e aver indossato abiti borghesi e dopo un breve tragitto monta in auto. Infila la chiave nel quadro e concede un ultimo pensiero alla ragazza morta, dopodiché mette in moto e si dirige a casa verso l’oblio del sonno.
Nessun commento:
Posta un commento