Girare di notte per i sotterranei di un ospedale ha un fascino ambiguo e malsano.
Se poi anziché essere un visitatore ne sei un paziente e non senti nemmeno l’eco dei tuoi passi ecco che la cosa può diventare disturbante.
Mi ha svegliato l’infermiere di turno verso le due perché devo fare un esame con carenza di sonno stasera e il dottore vuole che io rimanga il più possibile senza dormire. Dal piano ho preso l’ascensore e sono andato subito nei sotterranei, l’unico posto dove posso girare senza gente che mi veda o mi disturbi e senza che io entri nelle camerate a rompere i coglioni.
Mi son messo a girare per un po’ infilandomi in un reticolato di corridoi che davano in reparti come Medicina Nucleare (mio dio che bel nome, mi ha sempre scatenato una serie di fantasie post- apocalittiche, tipo che li dentro si effettuano esperimenti nucleari per creare superuomini) o radiologia per finire vicino alle cucine dove l’odore di soffritto misto prima e quello di pasta poi mi hanno fatto venire un po’ di fame.
Ricordo che da qualche parte c’è una macchinetta del caffè e forse a fianco ce n’è una per gli snack: dai, vediamo di bloccarmi la voglia di cibo.
Visto che la sedia a rotelle mi rallenta decido di alzarmi e continuare a piedi sulle mie gambe: già, io mica sono paraplegico, ho trovato la carrozzina in un angolo e ho provato a girarci per un po’, per vedere come è la vita da quel punto di vista…e resomi conto che non è né bello né comodo ho deciso di ritornare sulle mie gambe.
Come pensavo nella stanza dove c’è la macchinetta del caffè non c’è nessuno: per forza, saranno le quattro di mattina, chi vuoi che ci sia? Infilo un botto di moneta e mi prendo due caffè amari, senza zucchero.
In nemmeno dieci minuti la caffeina inizia a fare effetto nel mio stomaco vuoto e arriva la sveglia. L’unica cosa che mi manca è il tabacco: prendo una sigaretta dal pacchetto di Camel che mi ritrovo nella tasca del pigiama e me l’accendo. Subito dopo ho la nausea, il mio stomaco non è abituato da moltissimo a questa roba, malgrado tutto decido di fare il vero duro e continuo imperterrito fino alla fine della sigaretta, poi decido di farmi un altro giro per i sotterranei cercando di fare passare un altro po’ di tempo.
Mano a mano che giro l’ospedale inizia ad animarsi, decido pertanto di tornare al mio piano e vedere che succede: nulla. Tutto spento, una luce fioca che viene dalla stanza dell’infermiere di guardia e per il resto silenzio totale. Meglio tornare giù, mi prendo un altro caffè e vediamo che succede.
Appena esco dall’ascensore vengo investito dall’odore nauseabondo di fritto che proviene dalle cucine, trattengo il respiro e mi dirigo al volo verso la sala delle macchinette.
C’è una donna in camicia da notte che sta fumando col bicchiere del caffè in mano. mi guarda e mi sorride, io la guardo circospetto perché sicuramente non è quello che si dice una bella donna: grassottella, sgraziata e rapata a zero. Prendo il mio caffè e me ne sto zitto un attimo, imbarazzato, come lei.
Visto e considerato che in ospedale ricoverato non ci stai per piacere personale decido di farmi coraggio, e cerco di fare il simpatico buttandole una battuta per rompere il ghiaccio.
‘hai dei così begli occhi blu, non rovinarti la salute fumando…smetti’
La sua risposta, laconica, mi arriva subito dopo.
‘cazzo vuoi che me ne freghi, tanto tra sei mesi sarò morta’.
Seppi che aveva un tumore al cervello. Il nome lo ignoro, ma non riesco a dimenticare il fatto che, pur vicina alla sua fine ed essendone consapevole, non le mancava il sorriso. Mai.
Nessun commento:
Posta un commento