La stessa sequenza di note, ripetute allo sfinimento, fino a quando non vengono eseguite in maniera perfetta: l’allievo sta facendo del suo meglio ma a ogni stop e a ogni ripresa sembra che le mani gli si intorpidiscano: anziché sciogliersi diventano sempre più legnose. Ci prova, ci riprova ma viene fermato ogni volta dalla voce bassa ma ferma del Professore che proferisce le stesse parole, ormai sentite decine di volte nelle ultime tre lezioni:
‘NO. così no. Più rilassato, più sciolto. Devi sentire le note, la costruzione, la passione, la potenza delle dinamiche’
Il ragazzino non sa che rispondere. È abituato ad altre cose, altra musica, suoni più ritmati, certi pezzi di classica a lui non interessano perché vuole fare il deejay, non il pianista come vorrebbe facesse suo padre.
Riprovano ancora, e ancora, e ancora ma non c’è verso: il ragazzo non sente la musica come vorrebbe il professore, è un buon esecutore ma è tutto lì, gli manca la passione per essere perfetto.
Il professore si ostina perché in tanti anni ha avuto centinaia di alunni, ma in lui il ha riconosciuto il talento, ma la passione, beh, quella non si può inculcargliela.
Dopo l’ennesima esecuzione quasi perfetta, il vecchio fa un cenno secco al ragazzo con la mano: basta.
‘Sinceramente, dimmi: a te suonare il piano piace?’
‘certo’
‘hai un gran talento, se ti sbocciasse la passione diventeresti un gran pianista, proprio come lo ero io’
‘professore…posso essere sincero?’
Il professore lo guarda poi lo anticipa.
‘non ti piace quello che suoni, vero?’
Il ragazzo annuisce
‘lo immaginavo. Hai un talento enorme, si vede, ma le tue mani sono legate, non sei guidato dalla passione. Sei troppo attento a non sbagliare. Formalmente le tue esecuzioni sono quasi perfette, ma gli manca quel poco di più da renderle memorabili’
Allo sguardo interrogativo del ragazzo il professore si spiega meglio.
‘fammi spazio, ti mostro le differenze’
Il professore si mette al piano, e suona due volte la stessa melodia: una prima volta molto tecnica e asettica e una seconda molto più fluida. Poi interpella il ragazzo.
‘qual era meglio?’
‘mi sono sembrate tutte e due buone, ma la seconda forse era migliore…era più…naturale’
‘la prima volta l’ho suonata come la suoni tu. La volta successiva è come andrebbe suonata. Non ce l’ho con te. Non ti ho preso di mira. È che sei uno dei migliori allievi, se non il migliore, che mi siano mai capitati. Senti, a me non manca molto da vivere: sono vecchio, solo, stanco, acciaccato e tra un po’ non potrò più nemmeno insegnare musica. Vorrei solo che ti appassionassi così come lo ero io, in modo che la mia esistenza sia servita a qualcosa e non finisca nell’oblio.
Forse per la prima volta il ragazzo vede il professore come un uomo e non come un barboso superiore. Gli chiede inaspettatamente di sedersi al piano e riprovare, magari con un pezzo differente, qualcosa di più malinconico.
Il professore, un po’ stupito, accetta di buon grado.
‘credo di avere quello che fa per te’ dice mettendogli uno spartito sul leggio.
Il ragazzo lo legge e nota che è molto semplice, quasi etereo.
‘prima di cominciarlo però studialo un attimo: devi essere lento, delicato, ma anche deciso’.
Il ragazzo ci prova una, due, tre volte ma viene fermato dal professore.
‘respira. Non avere fretta. Ci sei quasi.’
Dopo un altro paio di tentativi il ragazzo riesce a riprodurre il pezzo esattamente come vuole il professore: le dinamiche, la passione, la delicatezza, le mani che sembra stiano volando sulla tastiera: è tutto perfetto al punto da commuoverlo.
Quando l’esecuzione finisce, il ragazzo si gira.
‘che ne dice?’
Asciugandosi il viso con un fazzoletto, il professore risponde.
‘Grazie. Era perfetta. E quando la suonerai in qualche auditorium, ricorda alla gente che ti ho insegnato io a suonare il piano. Ora, se non ti spiace, la fai un’altra volta?’
Il ragazzo, piacevolmente colpito dal complimento, si rimette subito a suonare il pezzo.
E da una finestra aperta, Si diffonde per le strade di Vienna la melodia di un pezzo di Satie suonata da un giovane ragazzo per il piacere di un vecchio professore.
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