‘mio papà se n’è andato. Grazie di essermi stati vicini’
La notizia, come un fulmine a ciel sereno, ci annientò. È vero, sapevamo che il papà di Simone era terminale e ne avrebbe avuto per non molto, ma nessuno di noi si aspettava un’escalation così veloce. Quel weekend dovevamo andare via, festeggiare, divertirci e sbronzarci; Simone aveva detto che non sarebbe venuto per ovvi motivi e noi tutti avevamo compreso e supportato la sua decisione anche se speravamo di riorganizzare un altro week-end di bagordi assieme a lui più avanti.
Ma davanti a quel flusso di dati elettronici la voglia di divertirsi e festeggiare passò d’improvviso, come una nuvola spazzata dalla bora: l’idea della festa, il buonumore, il bere non era più importante, non ce ne fregava veramente più nulla.
Era più importante Simone.
Ci informammo subito per il funerale; non so se potesse essere definito un atto dovuto, fatto sta che andò così ed eravamo tutti d’accordo, senza nemmeno averci pensato su.
Ero ancora in metro diretto in ufficio e la giornata era passata dal partire per il lago ad essere al cimitero di Lambrate il giorno dopo; uscii dalla sotterranea, mi beccai in faccia il solito raggio di sole che sorgeva e, senza pensare ad altro, mi diressi al lavoro lasciandomi cullare dalla musica,
Passato il semaforo che incrocia Via Solferino e quello di Corso di Porta Nuova mi trovai davanti i bottini dell’umido appena vuotati di un condominio e una richiesta ritiro rifiuti ingombranti dove giaceva, accatastata ad un palo, una vecchia camera da letto degli anni ’70 completamente smontata con lì a fianco un materasso matrimoniale.
Quella visione, assieme alla notizia appena ricevuta, mi scatenarono un mezzo delirio esistenzialista verso il quale non trovai né pace né risposta alle domande che continuavo a farmi.
Vedendo quello sgombero non potei fare a meno di chiedermi cosa ne sarebbe stato di ognuno di noi: una volta morti, dove finiranno le cose che possediamo? E chi le riceverà in eredità le saprà apprezzare? Che ne sarà dei nostri ricordi? Che ne sarà della nostra memoria? Rimarrà una foto sbiadita a testimoniare quello che eravamo? O rimarrà solo una lapide abbandonata? Non avendo figli fino a che generazione ci sarebbe stato qualcuno che sarebbe venuto sulla tomba a dedicarmi un pensiero?
Il giorno dopo, varcati i cancelli del cimitero, iniziai a guardare le lapidi con un occhio molto diverso rispetto alle altre volte. ma da allora mi rassegnai al fatto che era inutile mortificarsi con quel tipo di domande, tanto sarebbe finita così, che io mi martoriassi con quei pensieri o meno.
Raggiunsi tutti gli altri e cercammo di essere un po’ spensierati tentando con le solite battute ciniche e piene di humor nero di attenuare il momento assieme a Simone.
Non so se ci riuscimmo del tutto, ma un sorriso o due glielo strappammo, e per noi era già abbastanza.
Dedicato a Simone e a suo padre.
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