‘ho la musica, ho la tranquillità, ho un futuro ancora da vivere e decidere’ pensò tra se e se.
Pensò anche che l’unico fastidio di quel momento fosse il sole che, tramontando, lo abbagliava mano a mano che scendeva; decise pertanto di fermarsi in un autogrill e aspettare che la palla di fuoco sparisse dietro ai monti per poter riprendere il viaggio.
Appena arrivato fece il pieno, prelevò al bancomat ed entrò in autogrill. Ordinò un caffè, prese una coca cola dal frigo da tenere a portata di mano e, dopo aver pagato, iniziò a percorrere il sentiero obbligato attraverso insaccati, dvd, giornali ed altre amenità che lo portavano all’uscita.
Appena giunto fuori non poté fare a meno di notare la differenza di clima: da quella pesante cappa di città era arrivato, in mezz’ora, in collina dove la temperatura era più bassa e l’aria più frizzante. Respirò a pieni polmoni fregandosene di essere sul ciglio dell’autostrada, perché l’aria era comunque più pulita della città. Per un attimo pensò a trasferirsi da quelle parti, in un paese lì vicino, ma il pensiero svanì subito. Aveva preso la sua decisione, sapeva già dove andare e aveva già preparato tutto.
Scese i cinque gradini dell’ingresso dell’autogrill, rimontò in auto e ripartì.
Dopo una ventina di minuti trovò il cartello che indicava la dogana: fortunatamente c’erano poche macchine in fila che entravano in Svizzera, così la coda fu pressoché nulla. Arrivato il suo turno abbassò il finestrino porgendo il documento al doganiere, come farebbe ogni persona onesta e diligente.
Il doganiere lo fissò con occhio disinteressato e gli fece cenno di proseguire, e così lui fece, almeno fino alla all’altro gabbiotto dove fu fermato da un ufficiale opulento che lo guardò un po’ più attentamente e prelevò il documento per controllarlo meglio.
‘qualcosa da dichiarare?’
‘no, nulla’
‘è in viaggio per quale motivo?’
‘vacanza. Mi faccio un paio di settimane in Belgio’
Il doganiere si abbassò a guardare l’abitacolo della vecchia auto, riguardò il documento e lo ritornò al proprietario.
‘vada’
L’auto proseguì il suo cammino, ora era buio e davanti a lui c’era solo la striscia d’asfalto di un’autostrada tedesca illuminata dall’aura dei fanali mentre l’abitacolo era parzialmente illuminato dall’autoradio che mandava un cd di Beethoven e dalla luce arancione del quadro strumenti.
Erano passate circa quattro ore e decise finalmente di fermarsi. Il serbatoio era an quarto e lui, malgrado caffè e coca cola era abbastanza cotto, aveva bisogno di dormire.
Decide di fermarsi in un motel appena fuori l’autostrada, ma non prima di aver fatto benzina e preparare l’auto per il giorno dopo.
Dopo aver consumato un pasto frugale alla birreria vicino al motel rientrò nella hall dove si mise a sedere giocherellando col telefonino e cercando di leggere e tradurre un giornale locale senza troppo successo.
Appoggiò la testa sullo schienale del divano e pensò che da lì a mezz’ora sarebbe andato a letto. Pensò che aveva ancora sei ore di macchina per raggiungere la sua meta e il giorno seguente sarebbe riuscito a farsele tranquillamente senza problemi, pertanto si tranquillizzò e ordinò un whisky.
In un inglese un po’ stentato una donna gli attaccò bottone. Parlarono per mezz’ora di chi erano e di dove erano diretti: lei stava andando da Lipsia in Francia per un funerale, lui in Belgio in vacanza ma forse si sarebbe spostato in Danimarca. La conversazione si spostò un po’ sul privato finché la donna, un po’ inebriata dall’alcool, gli propose di seguirlo in camera.
‘mi spiace, ma sono sposato’
‘ma sei qui da solo. E se nessuno parla…’
‘sono sposato. È un principio. Basilarmente una questione di fiducia sennò non mi sposavo’
‘ma perché tua moglie non è qui?’
‘una storia lunga…comunque è sempre con me, qui’ le disse indicandosi il cuore.
La donna lo guardò tra il deluso e il perplesso ma lui, capita la situazione, la tranquillizzò: le disse che la trovava molto bella, ma lui proprio non poteva.
Prima di fare qualcosa di sbagliato finì il whisky, si congedò dalla donna e se ne andò in camera.
Si lavò, si mise in maglietta e si infilò a letto.
Dopo aver spento la luce guardò fuori dalla finestra: non essendoci tapparelle il cielo terso illuminava parzialmente la camera.
Si girò verso la finestra, pensò alla moglie, e accarezzò la parte del letto dove avrebbe dovuto esserci lei. ripensò all’ultima volta in cui l’aveva vista, toccata, baciata.
Era stato il giorno prima, qualche minuto prima di ucciderla coi sonniferi.
Glielo aveva chiesto lei, perché non voleva essergli di peso con la degenerazione della malattia. Lui da principio non voleva, poi accettò perché vederla peggiorare in modo così esponenziale gli diventava insopportabile.
Fu allora che dopo averla vista esalare mentre ancora le teneva la mano decise di mollare tutto e andare via. Non gli interessava se la polizia lo avesse ricercato, non gli interessava più nulla. Aveva un paio di contatti in Belgio e Danimarca e sapeva che avrebbe trovato breve ospitalità, e forse la lontananza da quella casa lo avrebbe aiutato a sopportare meglio la mancanza e a dimenticare la malattia della moglie.
Sospirò, chiuse gli occhi, pensò per un attimo a quelle sei ore di auto e si addormentò.
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