Il vecchio tram sferragliante ondeggia vistosamente anche sul rettilineo, il ronzio dei motori è insistente ma non fastidioso, almeno fino a che alla fermata semaforo non attaccano i compressori che coprono quasi qualsiasi rumore proveniente dall’esterno con il loro tubare monocorde.
Sale un po’ di gente tra cui una donna sulla trentina, non particolarmente vistosa ma vistosamente piacente: uno di quei personaggi semplici, acqua e sapone ma che sprigionano un fascino ancestrale e irresistibile.
Lui che era seduto dal capolinea la guarda con la coda dell’occhio, lei se ne accorge, lo squadra ma non dice nulla. Fa due passi, gli si siede di fronte e lo fissa, dall’alto in basso, senza badare a non farsi vedere o passare inosservata.
Lui la guarda nuovamente per un istante, le sorride, poi torna a leggere il poderoso tomo che si ritrova in mano accompagnato dallo sferragliare del tram che si fa spazio di tanto in tanto tra le pause della musica pompata a volumi impossibili nelle sue orecchie.
A ogni fermata, a ogni ondeggio, lancia un’occhiata alla donna; la osserva più per il gusto del bello che per interesse vero e proprio.
Arrivato alla sua fermata scende, aspetta al semaforo e appena il verde scatta si incammina a passo spedito ma non prima di essere toccato su una spalla dalla mano di qualcuno.
Si volta: lei.
Gli sta dicendo qualcosa ma non capisce, vede a malapena il labiale. Si stacca un auricolare e chiede di ripetere.
‘beh, mi fissi, ammicchi e poi scendi senza dire nulla?’
Scuote la testa come se si risvegliasse da un lungo sonno
‘ma…cosa…’
‘ti ho visto come mi guardavi’
‘io?’
‘no guarda, il tramviere’
‘scusa, è che non volevo insinuare o offendere’
‘mi stai offendendo adesso. si va?’
‘dove?’
‘a prendere qualcosa, a conoscerci’
La guarda, le sorride.
‘scusa, ma non posso. Tu sei molto bella, ma io sono sposato.’
La ragazza arrossisce e abbassa lo sguardo quasi istantaneamente. Blatera un ‘oh, Scusa’ quasi sottovoce e scompare alla velocità della luce.
Sorride. Non è la prima volta che gli succede, ma ogni volta non può fare a meno di essere un po’ compiaciuto per la situazione e un po’ dispiaciuto per la delusione data alla donzella di turno.
Arriva in palestra, fa quell’oretta di esercizi e si butta nell’idromassaggio per rilassarsi. Si guarda un attimo attraverso le trasparenze dell’acqua e sì, il fisico è sovrappeso ma tiene, per l’età. Chiude gli occhi e non pensa ad altro.
‘vieni qui spesso?’
Apre gli occhi e guarda da dove viene la voce. La donna ha un non so che di esotico, il tutto condito da un leggero strabismo di venere molto affascinante. Lo sguardo scende per un attimo su quello che l’acqua dell’idromassaggio permette di mostrare di lei facendolo arrossire.
‘tre volte a settimana, perché?’
‘non ti ho mai visto’ dice incalzante la donna.
‘vengo qui sempre i soliti giorni, tranne rari casi’
‘quanti anni hai?’
‘trentanove’
‘io ventisette’
‘complimenti’ non sa che dire. Non perché sia imbarazzato, semplicemente non ha argomenti.
Chiude gli occhi, ritorna a lasciarsi cullare dalle bolle.
La ragazza lo prende per un polso.
‘ti va di andare a prendere qualcosa dopo il bagno turco?’
La guarda e sorride.
‘no, grazie. Grazie per l’offerta, sul serio, è lusinghiera, ma sono sposato’
‘non importa, per me non è un problema, voglio dire….’
‘beh, per me lo è’ risponde tranchant. ‘è una questione di fiducia’
La ragazza lo guarda sbigottita, nessuno l’aveva mai rifiutata.
‘sei…serio?’
‘certo’
Indispettita si alza e se ne va, mentre lui sorride. Stavolta quella sensazione di dispiacere per la delusione non c’è, sa benissimo che tipo di donna aveva davanti, rifiutarne una simile è uno spasso.
Finito il relax e fatta la doccia percorre quei pochi minuti fino casa, infila le chiavi nella toppa ed apre.
‘tesoro, sono a casa! ti sono mancato?’
Mette a lavare la roba sporca, stende, riempie la lavastoviglie, ordina la cena giapponese per due e apparecchia la tavola non prima di aver messo della musica soffusa e creato un ambiente piacevole.
Appena citofona la consegna corre alla porta, apre, paga e saluta. Porta in tavola le pietanze e si siede.
‘Non hai fame? Mi spiace, non ti vedo con una bella cera infatti. Vuoi sdraiarti?’
Non batte ciglio, finisce di mangiare in fretta, rassetta in qualche modo e va in camera da letto.
‘scusami. Faccio il possibile per essere sempre con te ma sai, tra lavoro, palestra per la schiena, spesa e tutto il resto non riesco come vorrei. Ah, ti faccio ridere, ma sai che anche oggi in due mi hanno fermato perché pensavano chissà cosa? Le ho liquidate subito, gli ho detto, e ben fieramente, che sono sposato.’
Sorride.
‘più ti guardo e più sono felice di stare con te, sai? Ho fatto veramente tredici!’
Si china e bacia il cuscino, poi si sdraia sul letto sfatto chiudendo gli occhi e sospirando.
È brutta la solitudine.
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