domenica 19 novembre 2017

OSSA

Qualche goccia di pioggia che cadendo sul terreno provocava il classico rumore sordo tipicamente autunnale, Il vento che smuoveva pigramente i rami facendo cadere le foglie, i passi di qualche viandante e l’abbaiare di qualche cane.
A parte questo nel bosco non c’èra altro che silenzio.
Un luogo di pace, tranquillo, dove però qualche tempo prima avevano arrestato quello che prima la stampa e poi la giustizia aveva già indagato, processato e condannato come assassino seriale.
Giovanni Negri pare passasse tanto tempo nel bosco a parlare con gli alberi, di notte, e poi combinasse non si sa bene cosa. Le speculazioni correvano, nessuno lo conosceva veramente ma appena un giornalista domandava qualcosa pareva lo conoscessero tutti benissimo. 
Lui era quello storto, e due cadaveri a pezzi in casa con le sue impronte sopra non aiutarono certo a farlo integrare nella comunità montana dove viveva. Naturalmente fu subito incarcerato e interrogato, e successivamente fu condannato e non uscì più di galera.
 Nel frattempo Il bosco, a lui tanto caro, stava in silenzio e osservava tutto quello che succedeva nei dintorni senza comunicare nulla se non attraverso i suoi soliti rumori stagionali e conservando i suoi segreti, almeno fino al mattino del due novembre 1976.
In quel giorno infatti un cane temporaneamente perso dal suo padrone si mise a scavare a fianco di un salice piangente e portò alla luce un osso. Il padrone, un vecchio contadino di passaggio, lo dissotterrò, lo esaminò e alzò le spalle. Lo lanciò a mo di bastone al suo cane lasciandolo giocare per tutto il tempo che rimasero a passeggiare tra le fronde e, una volta giunto al margine della foresta, gettò l’osso nella roggia lì davanti dimenticandosene e senza curarsi della fine che avrebbe fatto.
Il canale trascinò placidamente l’osso sempre più a valle fino a che non si incastrò in una radice di olmo che si infilava nelle rocce, fu allora che successe qualcosa di strano tra le radici dell’albero.
‘e tu chi sei?’
‘il femore di Giorgia Danni’
‘oh, la poverina scomparsa tre anni fa. Ma come sei arrivato fino a qui?’
‘mi ha dissotterrato un cane, poi il padrone che ci ha giocato mi ha buttato nella roggia. E tu?’
‘io sono l’ulna dell’Alpino Baslotti Bruno, morto assiderato nella grande guerra. Sai com’è, uno si addormenta, non si sveglia più e con la primavera il tuo corpo si decompone e ritorna alla terra, piano piano. Ma dimmi, è stato doloroso subire il trattamento del Negri?’
‘e tu come sai che io sono stata uccisa dal Negri?’
‘il bosco sa tutto. Il bosco parla e dice le cose ma le capisce solo chi sa ascoltarle’
‘ero più che altro spaventato, io. A me non è toccato molto, noi ossa siamo forti, ma il resto del corpo no. La poveretta non ha subito tanto dolore comunque, è morta subito’
‘che peccato però, una ragazza così giovane e bella. E che nessuno ricorderà’
‘come sarebbe scusa? E i genitori, e i parenti, e gli zii? e poi è stata uccisa dal Negri’
‘eh, la povera Giorgia non è una vittima conclamata, e nessuno la collegherà. Per la gente è una ragazzina scomparsa che non si sa che fine ha fatto. E quando i genitori moriranno, nessuno si ricorderà di lei.’
‘sei un presuntuoso, sai?’
‘no, macché presuntuoso. Ci sono già passato: la mia famiglia sapeva che ero disperso, ora sono tutti morti e non ho più un parente che sappia chi sono. Qualche pezzo del mio corpo è sepolto assieme ad altre in una fossa al mio paese con sopra scritto ‘milite ignoto’, e a parte qualcuno che si chiede se ho un nome quando passa davanti alla mia lapide non c’è nessun altro che si curi di me’
‘quindi morire è così brutto? Vieni dimenticato, non hai più affetti, amore, rapporti?’
‘non so dirtelo. Non so se finisce tutto qui o c’è una continuazione. Non so proprio nulla. Per il momento l’unica cosa che possiamo fare è osservare quello che c’è attorno, i nostri cari se ne rimane qualcuno, e sperare che questo non sia il capolinea’
Dedicato a tutti i morti dimenticati.

Nessun commento:

Posta un commento