lunedì 1 gennaio 2018

PUNTUALE COME LA MORTE

La zingara me lo ha predetto che non sarei campato a lungo, ma alla fine l’ho sempre scampata. Incidenti, malattie, attentati sfiorati per un momento. 
Ma in culo a tutti, sono ancora qui, anche se ho una paura fottuta del 18 dicembre di quest’anno.
Ho sognato più e più volte che quel giorno alle 11 precise sarei morto e in tutte le maniere sono riuscito a organizzarmi per farmi mettere in ferie una settimana in modo che così non debba uscire di casa e possa rimanere a letto senza dover rischiare nulla.
È stupido, è completamente insensato e paranoico ma è il mio stupido istinto di autoconservazione. Voglio rimanere chiuso senza correre rischi. Posso morire di malattia, una caduta, un colpo di tosse…ma alla fine riduco la percentuale delle possibilità stando isolato a letto. 
Il telefono squilla.
‘pronto?’
‘Caldoiraghi, sono Iasevoli. Mi spiace ma è scoppiato un bel casino con gli americani, deve volare a New York il 18 e tornare il 20’
‘dottore, io sono in ferie dal 16 al 21, non poso andare’
‘Caldoiraghi, pazienti, lei è l’unico che può sistemare quel casino. È la nostra ultima spiaggia, se non ce la fa amen, ma se ce la fa ci saranno ottime notizie sotto l’albero. Se vuole gliele metto per iscritto e controfirmo già adesso’
‘Dottor Iasevoli, la ringrazio, ma io ho già prenotato altrove…e non posso disdire’
Una palla, ma ci provo.
‘Caldoiraghi, è importante. Le rimborso tutto, anche il triplo se serve, ma lei il 18 deve essere a New York’
Sono nella merda, nemmeno il mio capo, è l’amministratore delegato che lo chiede. Temporeggio.
‘ma nel caso…’
‘Caldoiraghi, io le ho già mandato la mail con biglietti, premio e promozione. La prego’
Non è una questione di soldi, ma mi ha preso per sfinimento. 
Cedo e accetto e dopo due settimane mi ritrovo sul taxi che mi sta portando in Aeroporto aspettando che l’aereo parta.
È il 18 dicembre e il volo decolla alle 10:25. È palese che si schianterà in mezz’ora. Sono paralizzato dalla paura. L’aereo decolla, alle 11:00 sorvoliamo le alpi c’è qualche turbolenza ma NON SUCCEDE NIENTE.
Guardo e chiedo l’ora a quello a fianco: 11:05. Rimango in ansia fino a mezzogiorno, chissà che non ricordo male il sogno. 
Invece no. Mi appisolo e dormo anche se scomodo come non ho dormito negli ultimi cinque anni. Un sonno rilassante, senza sogni, tranquillo. Mi sveglio al Kennedy che sono un fiore. Prendo il taxi, mi dirigo in albergo e mi rilasso. Mi faccio un bagno caldo, un giro per Manhattan, ripenso passeggiando a Central Park a quello che dovrò inventarmi per fare star buono l’americano e, dopo una cena frugale me ne torno in albergo. 
Prima però mi fermo al bar, ordino un whisky, me lo godo, attacco bottone con una escort di lusso ma oltre a parlarci non ci faccio nulla. 
È una giornata perfetta, va benissimo così, perché esagerare?
Salgo in camera, mi slaccio il bottone della camicia perché sento caldo, e mi appoggio alla parete. La stanchezza, il jet lag, l’alcool. 
Entro in camera, mi tolgo le scarpe in fretta e mi sdraio sul letto cercando di respirare mentre mi sento annaspare, caldo, fitte intercostali.
Mi giro verso il comodino e cerco il telefono per chiamare la reception quando vedo la radiosveglia che indica le 11:00. 
Mi blocco istupidito, penso che non è possibile che siano le 11, mi rendo poi conto che le 23 si indicano comunque 11 nei paesi anglosassoni e ripenso al sogno rendendomi conto che avevo sempre pensato alle 11 di mattina ma MAI alle 11 di sera. 

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