Era sicuramente il 2001.
Nell’anno teorizzato da Kubrick per la sua ‘Odissea Nello Spazio’ io ero alle prese con il problema più vecchio del mondo: le donne. Ero nei miei 27 anni e in un bel periodo di confusione psicologica e alcolica: non sapendo che direzione fare prendere alla mia vita visto che uscivo da un periodo veramente del cazzo annebbiavo i pensieri grazie alla bottiglia e, pur non essendo dannoso nel senso stretto del termine, non ero quello che si può definire una ‘compagnia equilibrata’.
Mettiamola così: mi sono divertito parecchio, ma non ricordo pressoché nulla.
Comunque, nel mio peregrinare tra compagnie, amici, giri vari, solitudine e casini avevo conosciuto e frequentavo una certa Gloria. Non so il cognome e non l’ho mai saputo, ricordo solo poche cose tra cui il fatto che era nata il 20 Dicembre e che era una bella ragazza, potremmo definirla un po’ alternativa, col suo fisico filiforme e armonioso, il caschetto castano e i suo occhi scuri e profondi. Era di Milano, non abitava nemmeno lontano casa mia (stava dalle parti di piazza Novelli) e, all’epoca, studiava psicologia a Padova e stava assieme a un tizio di lì che suonava in una band. Tornava a Milano ciclicamente per stare un po’ coi suoi e allora ci si beccava.
Benché mi sarebbe piaciuto e lo desideravo, tra noi non successe mai un cazzo tranne qualche uscita o serata in qualche locale.
Mai nemmeno un contatto fisico.
Andavamo d’acccordo, e ora che mi sovviene mi fece pure un paio di favori che definire più che da amica sarebbe riduttivo, fatto sta che avevamo questo rapporto malsano e per tutta la nostra frequentazione andò bene così a entrambi. Tra l’altro, anni dopo, iniziai a frequentare una ragazza che le somigliava vagamente, era nata anche lei a Dicembre e aveva un nome che iniziava con la stessa lettera e che alla fine mi sono sposato. Coincidenze o sincronicità? Boh…
Mi rendo però conto che sto divagando e di tutto questo cappello introduttivo nella migliore delle ipotesi non fregherà un cazzo a nessuno se non a me.
Veniamo al punto, è meglio.
Ricordo Gloria perché, oltre a essere stata una delle mie ‘non storie’ che ricordo più volentieri, era quella che da un punto di vista psicanalitico mi rimetteva a posto. Studiando psicologia le veniva abbastanza facile, va detto. Fu così che quando mi svegliai quella mattina di dicembre mi venne spontaneo per prima cosa annotarmi quello strano sogno e successivamente parlargliene.
Ora, visto che sono passati più di quindici anni e la memoria inizia a diventare fosca perdonerete se mi sono perso qualcosa, fatto sta che il sogno che feci (inquietante da un punto di vista della precisione dei dettagli) era più o meno il seguente:
Una giornata di sole della stramadonna, il cielo terso, azzurrissimo, nemmeno una nuvola. Mi trovo a passeggiare in un prato verde, accecante da quanto riflette il bagliore del sole, ma non sono solo: a fianco a me c’è una ragazza bionda, giovane.
Un gran pezzo di figa, senza se e senza ma.
Biondo platino, occhi azzurro intenso, fisico perfetto, alta sul metro e sessanta o poco più fasciata in un paio di jeans attillati e una maglietta chiara. Sono nervoso ed emozionato, non sono abituato a trovarmi a fianco a cotanta beltade pertanto sono nel pallone completo. Ricordo che parliamo tranquillamente di cazzate, cose tutto sommato normali e ricordo il sentimento di fortissima attrazione verso di lei.
Manco fossimo in un film ci troviamo catapultati all’interno di una trattoria, di quelle classiche, coi tavoli e le sedie di legno massello e le tovaglie a quadretti bianchi e rossi. È piena, abbiamo un tavolo vicino al corridoio e io nel guardare questa ragazza negli occhi mi sento imbarazzato. Vorrei abbracciarla, baciarla, scoparmela a sangue ma non ci riesco, sono bloccato a fissarla dubbioso.
L’idillio viene interrotto per un attimo dal cameriere che chiede i piatti e scambia qualche battuta con me. Lo conosco, perché è il proprietario dell’albergo di un paesino sopra il lago di Como dove sono andato per anni con i miei. Strano, non mi pareva di essere sul lago.
Chiusa la parentesi cameriere/ordinazione/due chiacchiere con lui, io e la ragazza ricominciamo a parlare del nulla cosmico e continuo a guardarla fisso imbambolato con tre milioni di dubbi e negazioni che turbinano in testa; tra tutte le emozioni ricordo perfettamente che mi dissi una cosa del tipo ‘non posso provarci con questa, è minorenne, e poi non potrebbe mai stare assieme a uno come me’.
Come se la mia interlocutrice mi avesse letto nel cervello ricordo che mi disse:
‘non preoccuparti, tra 128 giorni è il mio compleanno’.
Come non bastasse, mi molla in mano la carta di identità di cui ricordo solo il nome, Chiara, e parte del cognome, ovvero una cosa che iniziava con Saal, e che sicuramente non era italiano in quanto continuava con un’accozzaglia di consonanti buttate a caso.
Mi svegliai il giorno dopo con un punto di domanda enorme in testa.
CENTOVENTOTTOGIORNI. Ma che cazzo voleva dire?
Per prima cosa, mi segnai i numeri e me li giocai al lotto non vincendo un cazzo, poi guardai il calendario: la data da lì a 128 giorni era il 26 di aprile.
Ovviamente, come ogni persona non sana di mente aspettai il 26/4 successivo vedendo se Chiara mi si fosse palesata.
Ovviamente non successe un cazzo.
Da allora, più per sfizio che per credenza vera e propria ho aspettato il 26/4 ogni anno, manco fosse una ricorrenza, e posso assicurare che non ho conosciuto nessuna bionda che corrispondesse nemmeno lontanamente alla descrizione. L’unico evento degno di nota che mi è successo in tale data è stato quest’anno, quando ho debuttato ‘live’ leggendo uno dei miei racconti.
Tutto qui.
Di tutto questo l’unico rimpianto che ho, anche se ormai sta scomparendo mano a mano che gli anni passano, è che la ricerca della ragazza del sogno ha segnato pesantemente il mio attaccamento alla realtà e le mie storie negli anni successivi e, a tutto dire, se fossi stato meno coglione pure il rapporto con Gloria sarebbe potuto rimanere quantomeno amichevole al posto che naufragare nell’oblio come troppe delle mie storie.
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