giovedì 24 maggio 2018

DI CAPPOTTINI E OLOCAUSTI

Del periodo tra il 2000 e il 2004 ho ricordi molto foschi e frammentari di una serie di serate per cui posso solo presumere di essermi divertito moltissimo.
Quello era il mio periodo ‘no metal’ perché stavo tentando in qualche modo di cancellare il mio passato o parte di esso, per ora basti sapere che ascoltavo tanto prog, hard rock, mi vestivo in uno stile che oggi sarebbe di moda assoluta, peccato solo che io lo usassi tipo 15 anni fa che risultava essere figo come un occhio nero su una modella.
Grazie a conoscenze, compagnie allargate e i primi forum di internet conobbi una serie di persone nel triangolo Milano/Genova/Toscana e da lì iniziammo a trascorrere serate assieme o raduni estemporanei in vari posti (di un raduno a Genova ne parleremo più avanti); mi ricordo che una sera, al solito pub in via Briosi (ora chiuso) feci la conoscenza di questa ragazza. Eravamo seduti, si parlava del più e del meno e questa aveva il fare di una che conosceva tutti da lungo tempo.
Scoprii dopo quindici minuti che non conosceva un cazzo di nessuno ed era la prima volta che veniva lì con noi.
Attaccammo bottone in maniera un po’ più diretta parlando della mia auto: io avevo appena comprato un vecchio maggiolino e lei andava matta per quelle fuoriserie. Fu così che, complice anche il fatto di abitare vicino al pub, iniziò a farsi vedere più spesso in quel locale e iniziammo a diventare un po’ più intimi. Era una ragazza normalissima, capelli scuri lunghi, occhi scuri, occhiali, la mandibola (sic!) leggermente volitiva ma armoniosa, senza particolarità o cose visivamente esotiche di sorta. Veniva al pub vestita normalmente in jeans e tacco basso, personalmente ricordo una camicia nera sciancrata che le stava benissimo, ma la cosa cambiava col freddo: sfoggiava dei cappotti colorati con fantasie improponibili dal taglio alla Mary Poppins. Per dio, le stavan bene, eh, solo che erano una cosa allucinante dal punto di vista visivo, acido puro. Va aggiunto che ascoltava anche di tutto, a partire da un bel po’ di rock commerciale fino a roba che masticavo anche io, anche se ricordo che ogni tanto mi sparava dei titoli e dei pezzi che mi facevano venire la nausea al solo pensiero.
Il ricordo più caro che ho di lei fu una sera che la ritrovai (una delle prime volte che la vedevo, poi iniziammo a uscire molto più assiduamente facendoci delle belle passeggiate) al solito pub. Portai lì una con cui speravo di combinare qualcosa e con cui nulla è mai successo, trovammo la solita compagnia e iniziammo a interagire, a mescolarci, a parlare, come succede di solito in questi contesti. Vertendo il discorso principalmente sulla musica mi raccontò che durante le vacanze dai parenti in Sicilia un suo amico del posto le aveva a più riprese fatto sentire del metal estremo.
‘seh, ciao, la maestrina con quel cappottino ascolta metal estremo…’ non fu proprio la mia risposta ma di sicuro lo pensai.
La sua risposta, semplice e diretta, fu snocciolarmi i Grandi Classici, di cui ad oggi ricordo solo gli Immortal, seguito da una citazione:
‘The Sun No Longer Rises
Over Cold And Forgotten Valleys
The Sun No Longer Rises
Where I Walk And Where I Come
I Believe In Tragedies
I Believe In Desecration
To The North And Into Eternal Winters
To The North In The Grip Of Eternal Frost’
Rimasi a bocca aperta: Mary Poppins di Lambrate conosceva gli immortal e altra roba A MEMORIA. Inutile dire che in quel caso, come la pelle nuova di un rettile che muta, sotto la scorza che avevo costruito ritornò prepotentemente a galla la mia vera natura e iniziai ad approfondire questa storia. Non ascoltavo black metal da un anno e passa, ma tornò tutto subito alla mente come se avessi smesso il giorno prima.
Per circa trenta secondi mi sentii in colpa del fatto che stavo trascurando la ragazza che avevo portato lì, poi ovviamente me ne fregai e mi buttai a capofitto cercando di conoscere meglio questa signorina coi gusti particolari: mi spiegò che il tizio che conosceva suonava in una band (poi scoprii che erano i Fear of Eternity) sotto contratto con Moribund. Ma questo fu solo il pretesto o, se volete, l’inizio: a furia di black metal e hard rock parlammo e scoprimmo di andare molto d’accordo. Era spigliata, simpatica e con un gran sense of humor; ci prendevamo per il culo un giorno sì e l’altro pure, passavamo serate al telefono, si usciva di pomeriggio a prendere un the che lei versava in modo molto borghese, manco fosse la contessa di Windsor, e che io rovesciavo puntualmente sul tavolo perché sono un grezzo. Anche se potrebbe sembrare un pomeriggio noiosamente aristocratico posso assicurare che i nostri discorsi erano tutt’altro che nobili: discutevamo di donne, uomini, ci davamo consigli e parlavamo ovviamente di musica e passioni reciproche. Anche lei sapeva chi erano i Carcass e ricordo perfettamente il suo racconto eccitato della prima autopsia a cui assistette prendendo in mano un fegato umano mentre altri studenti si voltavano schifati.
Insomma, siamo usciti un po’ di volte e mi sono divertito un mondo con lei, poi ci siamo persi un po’ di vista e, alla fine, ci siamo persi quasi del tutto perché si è trasferita a Londra dove tuttora convive felicemente dopo aver messo al mondo un pargolo. Al di là di tutto sono sicuro che se dovessi ribeccarla domani ci berremmo un the ridendo come se fossero passati due giorni dall’ultima volta, come succede coi veri amici.
Cara Cristina, prendilo come un invito.
‘Light will disappear
It was never here
As the eternity opens’

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