venerdì 1 giugno 2018

LA STRADA DI CASA

‘E ti pareva che anche oggi non finivo tardi? D’altronde è così: se voglio il lavoro non posso fare il classico orario dalle otto alle cinque, mi considererebbero una scansafatiche e le già scarne possibilità di contratto sarebbero ancora più scarne…sono proprio cotta, non ho nemmeno fame! Aggredirò quella mezza pizza che giace nel frigo, un frutto, una doccia e poi mi metto a letto.’
Martina è appena uscita dal portone della ditta dove lavora; cammina in fretta un po’ per il freddo, un po’ per essere prima possibile a casa e un po’ perché non sai mai chi puoi incontrare con nel buio di una sera d’inverno. Cammina ingobbita con la cuffia ben calcata sulla testa e il bavero del cappotto alzato a proteggerla dal vento che ogni tanto soffia un po’ più forte facendole venire i brividi lungo la schiena.
‘non ne posso più, entro col buio, esco col buio…quando vedrò un po’ di sole o un po’ di verde?’
Si ferma un attimo a guardarsi in giro: nessuno. Via Moscova il venerdì sera alle otto è deserta; sono tutti a casa, al pub o in viaggio per il week end mentre pare che Martina sia l’unica eccezione con lo scalpiccio dei suoi tacchi come unico compagno.
Guarda l’orologio che segna le 20:48 e lo sconforto la assale
‘mio dio, arriverò tardissimo! No, non ho voglia cenare alle undici!’
Scende dal marciapiede e si appresta ad attraversare Corso di Porta Nuova quando una mano da dietro le blocca la spalla impedendole di proseguire.
Martina non fa a tempo a capire cosa stia succedendo che una macchina le sfreccia vicinissimo sfiorandole la borsa. Non si è ancora girata che sente la voce del proprietario della mano.
‘attenta! A momenti ti prendeva sotto! Ma non hai visto l’auto che arrivava?’
Martina è ancora confusa. Si gira e guarda l’uomo che le sta parlando: alto, secco, vestito di tutto punto e avvolto in un loden scuro. Al collo una sciarpa chiara, forse bianca, e un cappello stile Borsalino sulla testa. Ha la mano caldissima, enorme, e un sorriso contagioso.
‘beh? non ne vale la pena campare ancora qualche anno? Vuoi proprio buttarti così?’
‘eh…in effetti…si. Ero soprappensiero….sono stanca, ho freddo, fame, vorrei essere già a casa e mi sembra di aver buttato via le ultime quattro ore da sola in ufficio’
L’uomo la guarda incuriosito, poi scuote la testa.
‘questo è sopravvivere, non è vivere’
Glielo dice con leggerezza, sorridendo, per farle capire che non ha intenzione di offenderla, poi continua con quel fare tra il ruffiano e il rassicurante.
‘vedi, io non riesco a concepire la vita senza avere il tempo per una passeggiata, lo stare con i tuoi cari o anche solo del tempo per farti una lungo bagno. La vita deve essere un piacere, sennò che senso ha?’
Martina non ci sta
‘beh, queste cose io non posso permettermele, purtroppo sono tempi brutti, lavoro non ce n’è e bisogna accontentarsi.’
Lo sconosciuto ci pensa
‘uhm. Ai miei tempi in effetti era più facile. Entravi nella ditta o in banca e via, fino alla pensione eri a posto. e riuscivi a goderti la vita appieno, oltretutto. io sono stato più fortunato, lo ammetto’
‘a tuoi tempi…esagerato. Avrai quaranta, quarantacinque anni al massimo!’
L’uomo ride, di gusto.
‘oddio, mi fai così vecchio?
Osserva Martina per qualche secondo in silenzio, poi riprende a parlare.
‘visto che sembra andiamo nella medesima direzione, ti spiace se ti accompagno? Sempre meglio che andare da sola o rischiare di farsi prendere sotto di nuovo, no?’
Così affabile, gentile, una roba d’altri tempi. Martina però rimane sul chi vive e, benché un accompagnatore le possa fare comodo per eventuali malintenzionati si rende conto che il malintenzionato potrebbe essere lui.
‘non so nemmeno come ti chiami, non so chi sei…scusa, ma potresti anche essere un…’
‘malintenzionato. Vero. Corretto. Mi dimentico sempre che di questi tempi non è facile fidarsi. Piacere, Fabio Cattaneo, impiegato, per servirvi!’
Un inchino un po’ esagerato, l’ennesimo sorriso sornione e l’attesa della reazione di Martina.
‘io sono Martina, ho sonno, freddo e un contratto schifoso. Ti ringrazio per avermi salvata ma perdonami, non mi sento a mio agio con gli estranei’
Fabio ci pensa un attimo, poi comprende il suo punto di vista.
‘ti capisco, dopotutto a ben pensarci al posto tuo avrei reagito nella stessa maniera. Uno ti aiuta ma potrebbe pure farlo per metterti in una situazione peggiore. E poi sono stato forse troppo scortese, a giudicare la tua vita mentre io in fondo nemmeno ti conosco. Nessun problema, facciamo che non è successo nulla, dai.’
Martina ci rimane un po’ male, seppure gli abbia detto quello che pensa non intendeva offendere Fabio.
‘no, ma…non volevo.’
‘è tutto a posto, Martina. Non preoccuparti.’ E le sorride.
Martina pensa che quell’omone davanti a lei deve essere un po’ squilibrato. Sorride sempre, pare imperturbabile. O forse è solo una maschera che attira vittime.
‘beh, allora…ci vediamo’
‘ciao, Martina’
Si gira e fa un passo verso casa, poi si ferma e si rigira.
Nessuno.
Rimane ferma e guarda in tutte le direzioni.
Nessuno.
Dov’è andato Fabio? Dove si è nascosto?
Un’auto l’abbaglia e Martina si toglie dalla strada. Era rimasta in mezzo, imbambolata, a pensare a dove fosse finito Fabio. Sempre che quello fosse il suo vero nome. Per tutto il viaggio di ritorno non riesce a non pensare a quell’uomo e a quello che le ha detto sulla vita e sugli affetti.
Una volta davanti alla porta di casa infila la chiave nella toppa e viene accolta da Alice, la sua coinquilina.
‘ecco la donna in carriera da precariato! Mangi o a letto come sempre?’
‘non…ma sai cosa mi è successo tornando a casa?’
Alice la fissa con sguardo incuriosito
‘eh, dimmi!’
Martina ci pensa, poi senza un perché preciso decide di non dire nulla.
‘a momenti un deficiente mi tira sotto, mi sono spostata all’ultimo. Pensa te!’
Non sa perché lo ha fatto, ma le è sembrato giusto così.
A Milano, in prossimità degli incroci, ci sono segnate sul marmo delle linee e delle croci. Una leggenda metropolitana racconta che era il modo in cui venivano indicati gli incroci più pericolosi prima che ci fossero i semafori: a ogni linea corrispondeva un incidente con feriti e a ogni croce un incidente mortale.
Fabio Cattaneo è una di quelle croci.

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