Visto
che ho scoperto che scrivere di certe cose mi aiuta a ‘scaricare’ il ricordo e
i sentimenti più o meno negativi o dolorosi, credo sia giusto farlo anche per
questo e anche se l’accaduto è abbastanza recente, soprattutto rispetto agli
altri ricordi di cui ho scritto fino ad ora.
Ma
torniamo a noi.
Ho
detto che mi si è presentata davanti una foto: nella foto sono immortalate tre
persone, sedute su un divanetto sito nel corridoio di un sottopasso, in una serata
palesemente calda.
Una
delle tre, ovviamente, sono io. Le altre due persone invece sono membri della
band in cui suono; nella foto non eravamo al completo quella sera perché ne
mancavano due, almeno a giudicare da quanto è scritto nella didascalia. Stiamo
facendo le facce brutte, siamo in una posa idiota, ma ci sta. È scattata in un
momento di pausa e stavamo cazzeggiando.
Delle
tre persone presenti una oggi non suona più con noi e, guardando la foto, mi
sono stupito un attimo (ma nemmeno troppo) del come le cose cambiano. Una foto,
dopotutto, è un momento impresso in byte o nella pellicola per sempre, che
guardi anche tra vent’anni e non cambierà. Le persone, invece, cambiano,
maturano, si evolvono.
L’aver
visto quella foto non mi ha scatenato né empatia, né commozione, né odio o
nervoso, ma solo rammarico. Perché alla fine dei conti, e ricordando come le
cose stavano andando (almeno fino a un certo punto), rimane la sensazione
fastidiosa di un’occasione sprecata.
Premetto
che la band non si è sciolta, che ora abbiamo un nuovo chitarrista altrettanto
bravo (lo giudico dalla mia ignoranza tecnica in materia) e le cose
progrediscono bene.
E
allora?
‘beh,
che cazzo hai da lamentarti o recriminare?’ potrebbe chiedere qualcuno e sì, è
un’ottima domanda, tuttavia ci terrei a spiegare un attimo la storia e per
farlo devo andare indietro di qualche tempo.
Qualche
anno fa un amico mi chiese se volevo andare con lui a un concerto: accettai di
buon grado anche se, a detta tutta, arrivammo sul posto con un anticipo che
definire fantozziano è dire poco. Nella macchinata c’era una ragazza magra,
forse pure troppo, che suonava in un gruppo death metal.
Spendemmo
il pomeriggio a parlare un po’ dei cazzi nostri e dei nostri inferni personali dopodiché,
in maniera non troppo convinta, mi chiese se volevo suonare con lei. Io mi
sentivo arrugginito e per nulla all’altezza di suonare death metal tantomeno con
una persona che aveva già pubblicato dischi, per cui declinai gentilmente.
L’incontro
fu una cosa estemporanea, tant’è che dopo allora ci perdemmo di vista fino a,
se la memoria non mi inganna, tre anni fa. O forse meno.
Vero
che ogni tanto ci si vedeva ai concerti e si parlava, ma a ogni modo non ci
frequentavamo anche se in qualche modo ci tenemmo in contatto, e fu così che,
quando il gruppo dove suono tutt’oggi ebbe bisogno di un membro, provai a
parlarne prima coi compari e poi con lei che, inaspettatamente per me, accettò.
Mi
sembrava incredibile suonare con lei, specie perché mi sono sempre sentito uno
scarso. È vero che non ho mai studiato musica, né tantomeno ho la voglia e la costanza
di farlo, ma è altrettanto vero che mi porto dietro da che ho memoria un senso
di inferiorità verso tutto. Comunque, dopo qualche altra vicissitudine interna
trovammo un equilibrio, un certo affiatamento e le cose progredivano veloci,
senza intoppi e con un sacco di idee nuove. Non avevamo screzi o scontri,
ognuno aveva il suo posto ed è cosa che in una band è fondamentale. A un
festival in Repubblica Ceca ove eravamo quasi tutti presenti come spettatori
trovai finalmente il coraggio di esternarle la cosa.
Che
io faccia gran fatica a dire le cose è risaputo e sì, anche il semplice:
‘volevo dirti che sono contento che suoniamo
assieme’ mi pesò come un macigno. Ricordo che dopo averglielo detto mi
guardò un po’ strano…chissà, forse pensava volessi dire altro o molto più probabilmente
le sarà parso strano che un cristone di quasi due metri faccia fatica a
esternare simili ovvietà.
Comunque
sia le cose in saletta continuarono tranquille per un po’, almeno fino a un
giorno di qualche mese fa.
Infatti,
dopo qualche periodo non troppo tranquillo e con qualche attrito, una sera
venne in saletta per dirci che lasciava perché voleva concentrarsi sulla sua
band principale e sulla sua vita privata. Ricordo che non dissi nulla, il
batterista tentò in tutte le maniere di convincerla del contrario, io bene o
male avevo capito dopo cinque minuti che aveva deciso e non insistetti, scelta
sua dopotutto.
Da
allora non l’ho più vista né sentita, se non per un messaggio che mi ha mandato
tempo fa dove mi chiedeva una cosa: il tono era forse un pelo troppo sarcastico
o forse l’ho interpretato male io (sono anche un permaloso di merda, a volte),
fatto sta che non le ho mai risposto. Iniziavo, e per me non è tanto scontato,
a considerarla una persona di quella cerchia ristretta di amici che ho, ma tra
gli attriti e l’essersi persi (sì, le cose si fanno in due, lo so benissimo che
è colpa pure mia e ho già scritto altrove che non sono il massimo a conservare
le persone) la cosa mi ha dato fastidio.
Parecchio
fastidio.
Ho
preso male tutta la storia ma ho avuto modo di elaborarla e digerirla. A volte
capita di pensarci ma poi ovviamente la vita ti fa pensare ad altro. A ogni
modo, se dovesse capitare, due chiacchiere ce le farò volentieri.
Chissà
quando.
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