venerdì 15 giugno 2018

SCELTE DI VITA

‘tremilacinquecento euro. Non di più.’
‘no, guardi, come minimo cinquemilacinquecento, non scendo di più’
‘scusi, ma mi vuole fare perdere tempo?’
‘guardi, in tutta onestà è lei che lo sta facendo perdere a me con delle offerte che trovo a dir poco offensive. Nell’annuncio era scritto: motore rifatto, camme da 110, carburatore doppio corpo, freni a disco nuovi, interni a posto, pedane nuove, carrozzeria sempre curata. Quei soldi li vale tutti, e se lei ha ancora dubbi, beh, mi spiace ma non è realmente interessato’
‘lei non è un buon venditore’
‘non mi interessa esserlo con gente come lei’
Nemmeno ascolto quello che mi sta dicendo dietro, monto in auto, due  pompate di acceleratore, accendo, parto di scatto e me ne vado verso casa dopo aver perso tempo con il solito idiota che vuole pagare un’auto tre volte meno di quello che vale.
Vaffanculo, lurido bastardo. Ci ho messo il sangue in quest’auto e me la paghi al pari di una non restaurata. Vero che non è perfetta, ma vaffanculo, eh, i lavori ci cono e si vedono.
Come se poi venderlo per me fosse un’inezia. L’ho scovato, ho cercato i pezzi, ci ho lavorato, speso, mi sono fatto fregare però alla fine ho un risultato di tutto rispetto. Poi la gente viene, vede, prova e sminuisce.
Ma se ne andassero a quel paese.
Ecco, come questo al semaforo qui a fianco. Auto nuova, faccia da idiota, mi guarda dall’alto in basso perché ha la figa a fianco. Aspetta, che cazzo mi sta dicendo?
‘scusa?’
‘500 euro per quello scassone van bene?’
Lo guardo, non rispondo.
Il tipo ride e sogghigna con la ragazza, convinto di essere un figo da paura.
Scatta il verde, parto: prima, seconda, terza. Il tipo ci ha provato ma è inesorabilmente dietro. Dopotutto il motore l’ho rifatto apposta per avere una coppia di un certo tipo, gente come questa che manco sa guidare me la bevo.
Al semaforo dopo siamo di nuovo a fianco. Il tipo non mi guarda, la ragazza sì.
‘scusa’
La ragazza mi guarda
‘volevo offrire 500 euro per la vostra macchina’
E rido.
Il tipo parte col rosso, imbestialito.
Povero coglione, non sopporti che la tua Audi del cazzo sia stata messa sotto da un Volkswagen del ’70? Colpa tua, prima di dire stronzate impara a conoscere chi ti trovi davanti. La macchina gira che sembra un orologio, è perfetta. Mollo lo sterzo ed è dritto. Più di quarant’anni ed è un gioiello. Mi girano al pensiero di doverla vendere. Però tant’è, è fatta, ho deciso.
Passo sul cavalcavia, poi giù c’è la rotonda, passo a destra un SUV che mi tallona, ma alla rotonda successiva lo semino. Bah, pilota da rettilineo che non sa come prendere le curve. La strada restringe, c’è qualche auto, ma me ne frego: il maggiolino è stretto, non è una di quelle auto moderne che non sai dove ficcare. Mi infilo dove posso e dove riesco e sgattaiolo via. Dopo l’ennesima tonda e vari automobilisti sorpassati che mi guardano tra il perplesso e meravigliato mi trovo a percorrere un tratto senza traffico. Nulla di qui ne sulla carreggiata opposta, tutto tranquillo. Vedo qualcosa fermo al distributore e no, dai, non è possibile. Al primo semaforo mi fermo, faccio inversione e parto a razzo in direzione del distributore.
Già ci avevo visto bene, è un gemello del mio, parrebbe proprio un ’70 esattamente come il mio, solamente dipinto diverso. Mi fermo e lo rimiro. È perfettamente restaurato, sembra uscito di fabbrica se non fosse per l’assetto ribassato, i cerchi e la colorazione che riprende, seppur in bianco e nero, lo schema del secondo Inch Pincher*.
Parcheggio nello spiazzo, scendo e mi guardo in giro. Nessuno. L’auto è ferma lì. Sola. Senza nessuno che la stia reclamando. È chiusa. Non che la voglia aprire ma giusto dare un’occhiata. Mi guardo di nuovo in giro: nessuno.
Dai, ho tempo. Nessuno mi aspetta, vediamo se arriva qualcuno che son proprio curioso di vedere il proprietario.
Nessuno.
Bella comunque. Veramente ben fatta, perfetta. Poi con la colorazione a toni di grigio è uno spettacolo.
‘scusi, lei!’
Mi giro ed è un tipo mai visto. Il padrone.
‘ah, mi perdoni…è sua? Bellissima, veramente, un ottimo lavoro’
‘ma di cosa parla?’
‘della macchina, qui’
‘quale, scusi?’
Ma questo è un deficiente o cosa? È rincoglionito?
‘questa qui, cazzo, il maggiolino!’
‘prende per il culo? Qui dove dice lei non c’è nessuna macchina. L’unico maggiolino che vedo è quello lì in fondo targato Mantova’
E il mio.
Io vedo una macchina e questo no? no dai, prende per il culo, è lui il padrone, ma si vede che non vuole parlarne. Vaffanculo.
‘vabbè, arrivederci’
Non risponde, salgo in auto e sgommo in direzione casa. Come arrivo e parcheggio però bestemmio.
L’Inch Pincher* grigio è ancora lì.
Fermo, davanti a casa mia.
Ho le traveggole?
Lo tocco. È reale, fermo, motore caldo. Non è lì da poco ma o è volato o non so che strada abbia fatto per non incrociarlo. Mi guardo in giro ma non c’è nessuno. Lo tocco, lo sfioro, lo guardo. È veramente perfetto, mi piacerebbe averlo così.
Non so per quale riflesso tocco la porta e provo a vedere se si apre.
‘eh, no’
mi giro
 ‘è un’allucinazione’
‘nessuna allucinazione’
‘è uno scherzo?’
‘nessuno scherzo’
‘sono morto’
‘no. vivo e vegeto’
‘sei un fantasma. Devo morire’
Sbuffa.
‘no, non sono un fantasma e non devi morire. Almeno, non a breve. Possibile che non mi riconosci?’
‘sembri me’
‘in un certo senso. Io sono te, o almeno uno dei possibili te’
‘vieni da un universo parallelo?’
‘no. io sono una delle tante strade che non hai preso’
Si prende i capelli con la mano e se li tira dietro la testa
‘sono più familiare?’
Lo guardo, e da dietro la barba e i capelli mi riconosco
‘già. Adesso sì’
Mi sorride
‘bene. sei tranquillo adesso?’
‘no, perché se sei qui un motivo ci sarà. Mi manca poco da vivere? Devi darmi un avvertimento?’
Sorride
‘oh, no, volevo solo vederti, e forse verrà qualcun altro. Solo stavolta non farmi figure di merda come al distributore’
‘ma perché volevi vedermi?’
‘per vedere come sei diventato. Tutto sommato va bene così. non sei perfetto ma è ok’
‘scusa…ma…’
‘vuoi sapere dove tu hai smesso di essere me, vero?’
‘anche. Ma mi piacerebbe sapere se sei felice. Perché magari…’
‘magari niente. È andata come è andata. Io sono l’equivalente di un morto, o un aborto. Sono una cosa che non è mai diventata, quindi smettila con le seghe mentali’
‘ma…’
‘basta coi ma, per piacere. Ero curioso, sono venuto, ho visto. Di un po’, bello il Pincher*, eh?’
‘già’
‘io non ho avuto la donna, ma ho avuto la macchina.’
‘vuoi dirmi che tu hai smesso di essere quando io ed Elena…’
‘sei felice?’
‘dipende’
‘ripensa a quando l’hai vista…alle prime volte. Eri emozionato, felice?’
‘sì’
‘va bene così, hai fatto una scelta. Io ne ho fatte delle altre. Però bella macchina anche la tua’
‘vabbè ma rispetto alla tua…’
‘si difende. Tipo l’Audi di prima, mi sei piaciuto. Ora però vado, sennò domandi troppe cose’
‘tipo se tenerlo o venderlo’
‘ah, hai fatto delle scelte. Ne fai ogni giorno. saprai fare anche stavolta quella giusta’
‘dici?’
‘ne sono sicuro’
Non dice altro, monta sull’auto e come nulla fosse si allontana non prima di avermi salutato. Guardo lui, guardo la mia auto, penso a tutte le offerte umilianti arrivate fino ad oggi e decido di tenermi l’auto e mandare a fanculo tutto.
Le decisioni le prendo io, dopotutto. Come sempre.
*l’’Inch Pincher’ era uno dei più famosi, se non il più famoso, Maggiolino preparato per gare di accelerazione sui 400 metri negli anni ’60. Cercando su google potete trovare come ‘Inch Pincher II’ il tipo di colorazione cui fa riferimento il racconto.

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