‘tremilacinquecento euro. Non
di più.’
‘no, guardi, come minimo
cinquemilacinquecento, non scendo di più’
‘scusi, ma mi vuole fare
perdere tempo?’
‘guardi, in tutta onestà è lei
che lo sta facendo perdere a me con delle offerte che trovo a dir poco
offensive. Nell’annuncio era scritto: motore rifatto, camme da 110, carburatore
doppio corpo, freni a disco nuovi, interni a posto, pedane nuove, carrozzeria
sempre curata. Quei soldi li vale tutti, e se lei ha ancora dubbi, beh, mi
spiace ma non è realmente interessato’
‘lei non è un buon venditore’
‘non mi interessa esserlo con
gente come lei’
Nemmeno ascolto quello che mi
sta dicendo dietro, monto in auto, due
pompate di acceleratore, accendo, parto di scatto e me ne vado verso
casa dopo aver perso tempo con il solito idiota che vuole pagare un’auto tre
volte meno di quello che vale.
Vaffanculo, lurido bastardo.
Ci ho messo il sangue in quest’auto e me la paghi al pari di una non
restaurata. Vero che non è perfetta, ma vaffanculo, eh, i lavori ci cono e si
vedono.
Come se poi venderlo per me
fosse un’inezia. L’ho scovato, ho cercato i pezzi, ci ho lavorato, speso, mi
sono fatto fregare però alla fine ho un risultato di tutto rispetto. Poi la
gente viene, vede, prova e sminuisce.
Ma se ne andassero a quel
paese.
Ecco, come questo al semaforo
qui a fianco. Auto nuova, faccia da idiota, mi guarda dall’alto in basso perché
ha la figa a fianco. Aspetta, che cazzo mi sta dicendo?
‘scusa?’
‘500 euro per quello scassone
van bene?’
Lo guardo, non rispondo.
Il tipo ride e sogghigna con
la ragazza, convinto di essere un figo da paura.
Scatta il verde, parto: prima,
seconda, terza. Il tipo ci ha provato ma è inesorabilmente dietro. Dopotutto il
motore l’ho rifatto apposta per avere una coppia di un certo tipo, gente come
questa che manco sa guidare me la bevo.
Al semaforo dopo siamo di
nuovo a fianco. Il tipo non mi guarda, la ragazza sì.
‘scusa’
La ragazza mi guarda
‘volevo offrire 500 euro per
la vostra macchina’
E rido.
Il tipo parte col rosso,
imbestialito.
Povero coglione, non sopporti
che la tua Audi del cazzo sia stata messa sotto da un Volkswagen del ’70? Colpa
tua, prima di dire stronzate impara a conoscere chi ti trovi davanti. La
macchina gira che sembra un orologio, è perfetta. Mollo lo sterzo ed è dritto.
Più di quarant’anni ed è un gioiello. Mi girano al pensiero di doverla vendere.
Però tant’è, è fatta, ho deciso.
Passo sul cavalcavia, poi giù
c’è la rotonda, passo a destra un SUV che mi tallona, ma alla rotonda
successiva lo semino. Bah, pilota da rettilineo che non sa come prendere le
curve. La strada restringe, c’è qualche auto, ma me ne frego: il maggiolino è
stretto, non è una di quelle auto moderne che non sai dove ficcare. Mi infilo
dove posso e dove riesco e sgattaiolo via. Dopo l’ennesima tonda e vari
automobilisti sorpassati che mi guardano tra il perplesso e meravigliato mi trovo
a percorrere un tratto senza traffico. Nulla di qui ne sulla carreggiata
opposta, tutto tranquillo. Vedo qualcosa fermo al distributore e no, dai, non è
possibile. Al primo semaforo mi fermo, faccio inversione e parto a razzo in
direzione del distributore.
Già ci avevo visto bene, è un
gemello del mio, parrebbe proprio un ’70 esattamente come il mio, solamente
dipinto diverso. Mi fermo e lo rimiro. È perfettamente restaurato, sembra
uscito di fabbrica se non fosse per l’assetto ribassato, i cerchi e la
colorazione che riprende, seppur in bianco e nero, lo schema del secondo Inch
Pincher*.
Parcheggio nello spiazzo,
scendo e mi guardo in giro. Nessuno. L’auto è ferma lì. Sola. Senza nessuno che
la stia reclamando. È chiusa. Non che la voglia aprire ma giusto dare
un’occhiata. Mi guardo di nuovo in giro: nessuno.
Dai, ho tempo. Nessuno mi
aspetta, vediamo se arriva qualcuno che son proprio curioso di vedere il
proprietario.
Nessuno.
Bella comunque. Veramente ben
fatta, perfetta. Poi con la colorazione a toni di grigio è uno spettacolo.
‘scusi, lei!’
Mi giro ed è un tipo mai
visto. Il padrone.
‘ah, mi perdoni…è sua?
Bellissima, veramente, un ottimo lavoro’
‘ma di cosa parla?’
‘della macchina, qui’
‘quale, scusi?’
Ma questo è un deficiente o
cosa? È rincoglionito?
‘questa qui, cazzo, il
maggiolino!’
‘prende per il culo? Qui dove
dice lei non c’è nessuna macchina. L’unico maggiolino che vedo è quello lì in
fondo targato Mantova’
E il mio.
Io vedo una macchina e questo
no? no dai, prende per il culo, è lui il padrone, ma si vede che non vuole
parlarne. Vaffanculo.
‘vabbè, arrivederci’
Non risponde, salgo in auto e
sgommo in direzione casa. Come arrivo e parcheggio però bestemmio.
L’Inch Pincher* grigio è
ancora lì.
Fermo, davanti a casa mia.
Ho le traveggole?
Lo tocco. È reale, fermo,
motore caldo. Non è lì da poco ma o è volato o non so che strada abbia fatto
per non incrociarlo. Mi guardo in giro ma non c’è nessuno. Lo tocco, lo sfioro,
lo guardo. È veramente perfetto, mi piacerebbe averlo così.
Non so per quale riflesso
tocco la porta e provo a vedere se si apre.
‘eh, no’
mi giro
‘è un’allucinazione’
‘nessuna allucinazione’
‘è uno scherzo?’
‘nessuno scherzo’
‘sono morto’
‘no. vivo e vegeto’
‘sei un fantasma. Devo morire’
Sbuffa.
‘no, non sono un fantasma e
non devi morire. Almeno, non a breve. Possibile che non mi riconosci?’
‘sembri me’
‘in un certo senso. Io sono
te, o almeno uno dei possibili te’
‘vieni da un universo
parallelo?’
‘no. io sono una delle tante
strade che non hai preso’
Si prende i capelli con la
mano e se li tira dietro la testa
‘sono più familiare?’
Lo guardo, e da dietro la
barba e i capelli mi riconosco
‘già. Adesso sì’
Mi sorride
‘bene. sei tranquillo adesso?’
‘no, perché se sei qui un
motivo ci sarà. Mi manca poco da vivere? Devi darmi un avvertimento?’
Sorride
‘oh, no, volevo solo vederti,
e forse verrà qualcun altro. Solo stavolta non farmi figure di merda come al
distributore’
‘ma perché volevi vedermi?’
‘per vedere come sei
diventato. Tutto sommato va bene così. non sei perfetto ma è ok’
‘scusa…ma…’
‘vuoi sapere dove tu hai
smesso di essere me, vero?’
‘anche. Ma mi piacerebbe
sapere se sei felice. Perché magari…’
‘magari niente. È andata come
è andata. Io sono l’equivalente di un morto, o un aborto. Sono una cosa che non
è mai diventata, quindi smettila con le seghe mentali’
‘ma…’
‘basta coi ma, per piacere.
Ero curioso, sono venuto, ho visto. Di un po’, bello il Pincher*, eh?’
‘già’
‘io non ho avuto la donna, ma
ho avuto la macchina.’
‘vuoi dirmi che tu hai smesso
di essere quando io ed Elena…’
‘sei felice?’
‘dipende’
‘ripensa a quando l’hai
vista…alle prime volte. Eri emozionato, felice?’
‘sì’
‘va bene così, hai fatto una
scelta. Io ne ho fatte delle altre. Però bella macchina anche la tua’
‘vabbè ma rispetto alla tua…’
‘si difende. Tipo l’Audi di
prima, mi sei piaciuto. Ora però vado, sennò domandi troppe cose’
‘tipo se tenerlo o venderlo’
‘ah, hai fatto delle scelte.
Ne fai ogni giorno. saprai fare anche stavolta quella giusta’
‘dici?’
‘ne sono sicuro’
Non dice altro, monta
sull’auto e come nulla fosse si allontana non prima di avermi salutato. Guardo
lui, guardo la mia auto, penso a tutte le offerte umilianti arrivate fino ad
oggi e decido di tenermi l’auto e mandare a fanculo tutto.
Le decisioni le prendo io,
dopotutto. Come sempre.
*l’’Inch
Pincher’ era uno dei più famosi, se non il più famoso, Maggiolino preparato per
gare di accelerazione sui 400 metri negli anni ’60. Cercando su google potete
trovare come ‘Inch Pincher II’ il tipo di colorazione cui fa riferimento il
racconto.
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