Lui era fissato con questo negozio di dischi
(che ora come tanti altri non esiste più) vicino alla Darsena, gestito da due
gemelli omozigoti. Era assurdo perché ci accorgemmo della cosa solo dopo un
po’. Nel negozio ce n’era sempre uno alla volta, la prima volta lo beccavi con
la cresta bianca e nera, poi la successiva era rasato a zero e dopo tre giorni
aveva ancora la cresta: roba da stare male. Il negozio si chiamava Ice Age, i
sacchetti erano di un bel giallo acido schifo con le scritte rosse ed era
specializzato in punk, alternative, electro e chi più ne ha più ne metta. In
breve, di metallo non aveva proprio un bel cazzo.

Fu così che in quel sacchetto giallo male mi portai
a casa il picture disc di ‘Harmony Corruption’ dei Napalm Death e lo splatter
di ‘Subconscious Terror’ dei Benediction. Inutile dire che al primo ascolto non
mi convinsero per un cazzo; al di là della copertina stupenda e del vinile
splatter i Benediction mi sapevano troppo di cantina mentre i Napalm erano
certamente meglio come produzione ma mi stavano un po’ sul cazzo perché li
trovavo troppo ‘famosi’ (pensa te!)… e poi diciamocelo: la copertina di
‘Harmony Corruption’ fa veramente cagare.
La svolta nell’apprezzamento di Harmony
Corruption fu qualche settimana dopo, quando un compagno di scuola guida che
aveva la versione in vinile standard me lo prestò e feci la fotocopia del
foglio testi.
Testi sociali, profondi, impegnati. Iniziai a
mangiarmeli, tradurmeli, a farmi entrare il disco nel sangue. ‘unfit
earth’, ‘mind snare’, circle of hypocrisy’, suffer the children’. Una manata in faccia come impatto e testi. C’è
stato un periodo in cui non ascoltavo altro e mi facevo violentare le orecchie ogni
santo giorno da quello e da ‘Scum’, gli unici due dischi che all’epoca riuscii
a procurarmi dei Napalm Death.
Malgrado migliaia di dischi ascoltati e almeno
un’altra ventina di dischi pubblicati da parte dei Napalm Death a tutt’oggi
‘Harmony Corruption’ è ancora uno dei miei dischi preferiti. E per quanto
riguarda i Benediction…beh, ne parleremo un’altra volta.
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