Non
era una puttana, ma la trattava da puttana perché, in tutta onestà, a lui non
gliene fregava un cazzo di lei.
Per
essere precisi non gliene fregava un cazzo di nessuno che non fosse se stesso.
Guardò
ancora la bionda e le sorrise, più per pena e cortesia che per qualsiasi altro
sentimento. Le voltò le spalle, si infilò in bagno e si fece una doccia calda,
quasi interminabile, che gli diede la sensazione di essersi lavato via lo
sporco di quella camera e lo sporco di essersela scopata.
Si
asciugò in qualche modo e osservò attentamente il bagno, appena rifatto, di
quel motel in mezzo al nulla: era grossolano ma funzionale, pensò per un attimo
di fare qualche foto e rifarlo simile a casa sua.
Sì
avvicinò allo specchio, prese il phon a parete e iniziò a soffiarsi l’aria
calda sui capelli e in faccia chiudendo gli occhi. Nessuno lo sapeva ma lui
adorava il rumore del phon e dell’aria calda in faccia: se qualcuno lo avesse
osservato bene avrebbe notato la pelle d’oca e le smorfie di piacere che
tradivano le sue emozioni. Era un segreto che custodiva gelosamente, forse solo
una o due persone gli avevano chiesto qualcosa a riguardo ma non aveva mai
risposto a riguardo.
Finì
con calma, tornò nell’altra stanza dove la bionda lo guardò con fare amorevole.
‘nemmeno
una coccola?’
Lui
tradì un sorriso ma rispose seccamente
‘non
posso. Mi piacerebbe, ma sai che domani ho una giornataccia’
Lei
annuì, non poteva fare altro. Lui, per togliersi dall’imbarazzo, continuò:
‘domani
ti chiamo, tu intanto dormi e riposati qui, non vorrei che stanca come sei…’
Lasciò
cadere il discorso, poi uscì dalla porta.
Lei
non era sorpresa, era ben conscia di lui, del suo carattere e del fatto che
ormai si era adattata a quel tipo di rapporto.
Nel
frattempo che lei elucubrava sul fatto se lui le voleva bene o meno, lui uscì
dal motel, salì in auto, sospirò e si stiracchiò.
Si
sentiva sporco, pensò che aveva bisogno di farsi una bella doccia calda,
un’altra, per togliersi l’idea della bionda di dosso.
Non
era una scopamica, come si usava dire, perché benché lei lo volesse lui non le
diceva che lo stretto necessario. Non era nemmeno un’amica, perché con l’amica
non ci vai a letto. Si rese conto che
sì, alla fine questa donna era praticamente considerata una puttana visto che la
chiamava, pagava cena e motel e il finale della serata era ripetitivo e
scontato.
È
vero, nei suoi occhi vedeva del sentimento, ma a lui, di lei, non fregava
proprio un cazzo.
Questi
pensieri andarono avanti per i venti minuti di tangenziale che lo portarono a
casa.
Una
volta giunto èntrò, si spogliò, ficcò tutto in lavatrice e si mise nuovamente
sotto la doccia per venti minuti. Quando uscì dal bagno, quasi asciutto, prese
di nuovo il phon e si asciugò i capelli e il corpo, stavolta sdraiandosi sul
letto e assaporando appieno tutte le sensazioni che quel rituale gli dava.
Finito
di scaldarsi per bene si alzò, ripose tutto e si sdraiò sul letto. Si mise su
un fianco, accese la radio lasciando partire un cd e iniziò a fissare il
comodino. Gli sembrava simile a quello del motel, eppure era completamente
diverso, ed era lui il primo a rendersene conto.
Sarà
stato perché forse iniziava a provare qualcosa per la ragazza bionda? Sarà per
quel ‘ti voglio bene’ che aveva appena letto sul telefonino?
Fissò
ancora il comodino. Convenne sul fatto che era diverso da quello del motel, poi
pensò alla bionda nuda, a letto, sgraziata, col trucco colato, sporca di sborra
e umori e provò una sensazione di disgusto.
Sì,
era l’equivalente di una puttana, un buco dove scaricare il cazzo.
Quindi
buonanotte e vaffanculo, troia.
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