domenica 15 luglio 2018

UN NORMALE COMODINO

Era lì che fissava il vuoto o meglio, come diceva sempre, andava in fissa.  Non sapeva nemmeno lui perché stava guardando il comodino da quattro soldi con sopra appoggiato quel brutto abat jour. Si svegliò dal torpore, guardò la moquette lercia e di un colore indefinito, il letto sfatto, lei coperta ma ancora nuda nel letto e pensò che l’unica cosa che mancava alla cornice erano cento euro su quel comodino.
Non era una puttana, ma la trattava da puttana perché, in tutta onestà, a lui non gliene fregava un cazzo di lei.
Per essere precisi non gliene fregava un cazzo di nessuno che non fosse se stesso.
Guardò ancora la bionda e le sorrise, più per pena e cortesia che per qualsiasi altro sentimento. Le voltò le spalle, si infilò in bagno e si fece una doccia calda, quasi interminabile, che gli diede la sensazione di essersi lavato via lo sporco di quella camera e lo sporco di essersela scopata.
Si asciugò in qualche modo e osservò attentamente il bagno, appena rifatto, di quel motel in mezzo al nulla: era grossolano ma funzionale, pensò per un attimo di fare qualche foto e rifarlo simile a casa sua.
Sì avvicinò allo specchio, prese il phon a parete e iniziò a soffiarsi l’aria calda sui capelli e in faccia chiudendo gli occhi. Nessuno lo sapeva ma lui adorava il rumore del phon e dell’aria calda in faccia: se qualcuno lo avesse osservato bene avrebbe notato la pelle d’oca e le smorfie di piacere che tradivano le sue emozioni. Era un segreto che custodiva gelosamente, forse solo una o due persone gli avevano chiesto qualcosa a riguardo ma non aveva mai risposto a riguardo.
Finì con calma, tornò nell’altra stanza dove la bionda lo guardò con fare amorevole.
‘nemmeno una coccola?’
Lui tradì un sorriso ma rispose seccamente
‘non posso. Mi piacerebbe, ma sai che domani ho una giornataccia’
Lei annuì, non poteva fare altro. Lui, per togliersi dall’imbarazzo, continuò:
‘domani ti chiamo, tu intanto dormi e riposati qui, non vorrei che stanca come sei…’
Lasciò cadere il discorso, poi uscì dalla porta.
Lei non era sorpresa, era ben conscia di lui, del suo carattere e del fatto che ormai si era adattata a quel tipo di rapporto.
Nel frattempo che lei elucubrava sul fatto se lui le voleva bene o meno, lui uscì dal motel, salì in auto, sospirò e si stiracchiò.
Si sentiva sporco, pensò che aveva bisogno di farsi una bella doccia calda, un’altra, per togliersi l’idea della bionda di dosso.
Non era una scopamica, come si usava dire, perché benché lei lo volesse lui non le diceva che lo stretto necessario. Non era nemmeno un’amica, perché con l’amica non ci vai a letto.  Si rese conto che sì, alla fine questa donna era praticamente considerata una puttana visto che la chiamava, pagava cena e motel e il finale della serata era ripetitivo e scontato.
È vero, nei suoi occhi vedeva del sentimento, ma a lui, di lei, non fregava proprio un cazzo.
Questi pensieri andarono avanti per i venti minuti di tangenziale che lo portarono a casa.
Una volta giunto èntrò, si spogliò, ficcò tutto in lavatrice e si mise nuovamente sotto la doccia per venti minuti. Quando uscì dal bagno, quasi asciutto, prese di nuovo il phon e si asciugò i capelli e il corpo, stavolta sdraiandosi sul letto e assaporando appieno tutte le sensazioni che quel rituale gli dava.
Finito di scaldarsi per bene si alzò, ripose tutto e si sdraiò sul letto. Si mise su un fianco, accese la radio lasciando partire un cd e iniziò a fissare il comodino. Gli sembrava simile a quello del motel, eppure era completamente diverso, ed era lui il primo a rendersene conto.
Sarà stato perché forse iniziava a provare qualcosa per la ragazza bionda? Sarà per quel ‘ti voglio bene’ che aveva appena letto sul telefonino?
Fissò ancora il comodino. Convenne sul fatto che era diverso da quello del motel, poi pensò alla bionda nuda, a letto, sgraziata, col trucco colato, sporca di sborra e umori e provò una sensazione di disgusto.
Sì, era l’equivalente di una puttana, un buco dove scaricare il cazzo.
Quindi buonanotte e vaffanculo, troia.

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