L’autobus pieno, la puzza di
bagnato, la calca e la gente che spintona per tornare un minuto prima a casa mi
sono tutt’intorno.
Ne farei a meno, ma tanto non
mi interessa, appena arriviamo in Via Canonica smontano tutti e rimango
pressoché solo fino a casa; poi avrò da prendere il tram ma quello almeno è già
vuoto, non mi pesa granché.
Sono uscito che era buio e
rientro che è buio, ma va bene così, ho scelto io un lavoro dove non vedo mai
la luce. La verità è che il sole, il cielo azzurro, le giornate estive non le
sopporto più. Per quello mi sono rinchiuso a fare un lavoro nei sotterranei
illuminati a neon dove inizio alla mattina presto e finisco alla sera tardi.
Mi chiedono come faccio, mi
chiedono perché tutti quegli straordinari anche se non occorre che mi fermi
ogni sera, mi chiedono un bordello di cose a cui non ho voglia di rispondere.
Non ho voglia di spiegare perché mi va bene il buio e la luce malata del neon,
non ho proprio voglia di stare lì a parlare a gente che mi contraddirà o alla
peggio mi fisserà con occhio bovino senza capirne i motivi.
Cosa gli spiego, che ogni
volta che vedo il sole mi viene il magone perché mi ricordo di mia moglie? Che
ogni sera che mi metto a letto e allungo una mano dove una volta c’era lei mi
scende la lacrima?
Che cazzo ne sa la gente di
cosa significa baciare il cuscino perché tua moglie non c’è più? O tornare a
casa e non poter più condividere quei giochetti o stupidaggini che rendevano
speciale il rapporto?
Meglio stare zitti, meglio
lasciar pensare quello che vogliono. Mi hanno detto che devo rifarmi una vita,
e hanno ragione, ci ho provato diverse volte. Mi hanno detto che dopotutto,
forse mia moglie non era granché come carattere e come bellezza.
Beh, hanno ragione. Al mondo
c’erano centinaia di donne più belle di lei. E più intelligenti di lei. E con
cui magari andavo d’accordo in maniera migliore.
Ma lei era lei.
Ed è per questo che non so se
vorrò mai rivedere il sole.
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