domenica 1 luglio 2018

IL VEDOVO

Anche oggi mi becco la mia dose di mal di testa.
L’autobus pieno, la puzza di bagnato, la calca e la gente che spintona per tornare un minuto prima a casa mi sono tutt’intorno.
Ne farei a meno, ma tanto non mi interessa, appena arriviamo in Via Canonica smontano tutti e rimango pressoché solo fino a casa; poi avrò da prendere il tram ma quello almeno è già vuoto, non mi pesa granché.
Sono uscito che era buio e rientro che è buio, ma va bene così, ho scelto io un lavoro dove non vedo mai la luce. La verità è che il sole, il cielo azzurro, le giornate estive non le sopporto più. Per quello mi sono rinchiuso a fare un lavoro nei sotterranei illuminati a neon dove inizio alla mattina presto e finisco alla sera tardi.
Mi chiedono come faccio, mi chiedono perché tutti quegli straordinari anche se non occorre che mi fermi ogni sera, mi chiedono un bordello di cose a cui non ho voglia di rispondere. Non ho voglia di spiegare perché mi va bene il buio e la luce malata del neon, non ho proprio voglia di stare lì a parlare a gente che mi contraddirà o alla peggio mi fisserà con occhio bovino senza capirne i motivi.
Cosa gli spiego, che ogni volta che vedo il sole mi viene il magone perché mi ricordo di mia moglie? Che ogni sera che mi metto a letto e allungo una mano dove una volta c’era lei mi scende la lacrima?
Che cazzo ne sa la gente di cosa significa baciare il cuscino perché tua moglie non c’è più? O tornare a casa e non poter più condividere quei giochetti o stupidaggini che rendevano speciale il rapporto?
Meglio stare zitti, meglio lasciar pensare quello che vogliono. Mi hanno detto che devo rifarmi una vita, e hanno ragione, ci ho provato diverse volte. Mi hanno detto che dopotutto, forse mia moglie non era granché come carattere e come bellezza.
Beh, hanno ragione. Al mondo c’erano centinaia di donne più belle di lei. E più intelligenti di lei. E con cui magari andavo d’accordo in maniera migliore.
Ma lei era lei.
Ed è per questo che non so se vorrò mai rivedere il sole.

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