lunedì 24 settembre 2018

LA BOLGIA

Nemmeno lei sapeva perché si era fatta abbindolare a tal punto dal seguirlo in quell’impresa. Le cose più pesanti che aveva ascoltato allora erano forse le ballate di Avril Lavigne e qualche pezzo dei Muse passati per caso in radio. Aveva beccato questo tizio che invece era fissato su cose per lei non solo inascoltabili ma pure inconcepibili.
‘ed eccomi qui’ pensò tra sé in quel momento ‘in mezzo a tutta questa gente che non so da dove venga fuori. Ma avranno una vita normale?’
Da principio era rimasta affascinata dal suo portamento austero e dal suo modo di vestirsi sempre impeccabile, ma non pensava che fosse una cosa legata al lavoro, pensava fosse uno stile tutto sommato voluto. Lui, di contro, le fece ben capire dopo le prime pause pranzo che si vestiva in quel modo perché la professione lo costringeva e doveva fare così, ma se avesse potuto avrebbe avuto un abbigliamento molto più casual.
Lei lo immaginò subito fasciato in una polo di Ralph Lauren e dei pantaloni kaki.
Lui di contro intendeva una maglietta dei Torsofuck e dei jeans strappati alle ginocchia.
Ora lei era lì, fasciata in un tubino nero e dei tacchi 12 portata a un concerto in un capannone industriale fuori città in una zona ove lei mai avrebbe messo piede nemmeno pagata e scortata, a chiedersi perché avesse accettato quel bizzarro invito.
Marco le piaceva così tanto? Possibile?
Sì, era possibile, visto che l’aveva trascinata lì, e lei non aveva detto nulla, anzi, lo aveva seguito ubbidiente come un cane col padrone.
Vero, era il primo appuntamento ‘serio’ che aveva con lui perché le altre volte, tolta la pausa pranzo, si era avventurata dietro l’ufficio in qualche baretto appena dopo l’orario di lavoro.
Adesso invece lui era passato a prenderla e le aveva organizzato una serata. Vestito informale, erano d’accordo, lei sapeva il programma, è vero, ma non immaginava quei gusti.
Era arrivato sotto casa sua con l’auto aziendale e, da cavaliere, l’aveva aspettata sotto il portone. Appena Elsa era riuscita a distinguere la silhouette della persona però aveva notato qualcosa che stonava: nessun Ralph Lauren, nessun pantalone classico. Al suo posto Marco era vestito con dei jeans lisi, una maglietta con un logo illeggibile, una felpa sformata con un altro logo altrettanto illeggibile e il portafogli a catena tipico dei bikers.
Qualcosa non quadrava.
Non lasciò tradire emozioni, ma lo guardò perplessa
‘qualcosa non va?’ disse Marco incuriosito dalla sua faccia.
‘no, no…è che non ti ho mai visto vestito con abiti non da ufficio’ glissò lei cercando di apparire credibile.
Scrollò le spalle, da perfetto galantuomo le aprì lo sportello e la fece salire e decisero per andare in pizzeria. Elsa, da donna emancipata, insistette per pagare la sua parte malgrado le insistenze di Marco. A fine cena, tra una chiacchiera e una risata Marco le propose il concerto.
Considerato che in auto avevano sentito una stazione di musica classica Elsa si incupì pensando al fatto che non era forse così elegante per una serata a teatro e che non era così addentro quel genere: conosceva i classici, ma non andava oltre.
‘sei sicuro? Non so se sono…’
‘ma ti fai problemi? Ma va, vedrai che ti diverti!’
‘ma non sono nemmeno vestita…’
‘sei anche troppo elegante, e poi scusa…guarda come sono vestito io!’
Annuì e in effetti era vero. Si tranquillizzò, accettò di buon grado e si fece accompagnare. Il tragitto non fu lunghissimo con la radio in quel momento passava il flauto magico di Mozart; successivamente la musica divenne  un pezzo tetro di Prokofiev e anche l’umore di Elsa si incupì quando vide in che zona stava andando l’auto.
Si chiese se era pazzo, un maniaco, se avrebbe abusato di lei…eppure non dava l’idea, al lavoro…
Arrivarono in un parcheggio e vide, al di là della strada, un capannone con le luci accese e un gruppetto di gente vestite come Marco che erano fuori a fumare e a bere. Perplessa, impaurita, seguì comunque Marco come un automa, si rese conto che non poteva fare altro se non voleva passare da stupida.
Lui, accortosi del comportamento non proprio naturale chiese se era tutto a posto ricevendo una risposta affermativa, anche se completamente fasulla.
Entrarono e lui, al solito gentilissimo, le prese una bottiglietta d’acqua naturale che lei accettò di buon grado.
Beh, almeno era sicura che non gli avrebbe drogato il drink.
Iniziò a osservare la gente che popolava il posto e notò che per i suoi standard erano, chi più o chi meno, particolari. Capelli lunghi o rasati a zero, giubbini di jeans con toppe e spille, magliette, catene, jeans lisi e strappati, nessuno vestito come lei. Si sentiva decisamente fuori posto.
Marco diede un sorso alla birra che si era preso poi le rivolse la parola.
‘mh, non prepccuparti, pure io sono venuto impinguinato una volta o due. Lavori fino a tardi ma alla fine non vuoi rinunciare e vieni comunque. Se ti guardi in giro nessuno lo nota come sei vestito. Qui è diverso rispetto all’ufficio’.
Lo notò ed era vero. Nessuno badava a lei più di tanto. Parlarono amabilmente del più e del meno interrotti ogni tanto da gente che veniva a salutare Marco e che le veniva presentata, addirittura uno, abbastanza intimo con il suo cavaliere, indossava delle lenti a contatto da rettile. Stava per chiedere qualcosa quando si abbassarono e luci e il pubblico si zittì girandosi verso il palco.
Sul palco c’era un enorme candelabro acceso e nient’altro e si vedeva a malapena la silhouette di qualcuno dietro che armeggiava. Partì un nastro registrato con una nenia inquietante, tribale, ossessiva, poi, dopo un minuto o due, iniziò il gruppo a suonare. I membri pitturati come demoni e ricoperti di sangue, un muro di suono distorto e cacofonico, urla belluine al posto del cantato, ritmi frenetici. La gente che si spintonava sotto al palco, si vedevano a malapena le teste e le braccia agitarsi nella penombra.
Elsa rimase frastornata da quello che vedeva. Oltre a rumore e gente che si agitava il fumo artificiale e le luci rosse e verdi intermittenti facevano sembrare il posto del concerto una bolgia infernale con dei demoni scatenati. Si girò solo per vedere Marco calmissimo annuire a ritmo della musica con la testa, null’altro. Sopportò così quella band e la successiva, molto meno bestiale e molto più teatrale, visto che il cantante era vestito con paramenti sacri e cantava da un pulpito, poi uscirono e si fece riportare a casa, sudata e con un fischio fastidioso nelle orecchie.
In auto, tornata la calma, l’atmosfera fu rotta da alcune romanze di Beethoven passate dalla solita radio di musica classica. Guardando la strada, e sapendo di essere studiato come una cavia di laboratorio, Marco esordì: ‘probabilmente ti aspettavi qualcosa di diverso, ma io sono così. Queste sono le cose che faccio: non mi drogo, non bevo eccessivamente, lo hai visto. Non vado allo stadio e non ho molti altri grilli per la testa. Il mio hobby sono dischi e concerti…e qualche tatuaggio. Tutto qui’
Elsa annuì automaticamente. Non disse altro perché non le veniva nulla di intelligente da dire. Pensava che con Marco si trovava bene, ma sarebbe stata in grado di reggere quella sua personalità, o meglio, la sua vera personalità? L’auto si fermò sotto casa e Marco, premuroso come al solito, accompagnò Elsa alla porta per poi tornare a casa.
Salì, si lavò, si mise a letto.
Non riusciva a dormire.
Pensò per un bel pezzo a lui, legale di ottima reputazione, in quel contesto. Pensò ai suoi amici, alla bolgia infernale da cui era appena uscita. 
No, non ce l’avrebbe fatta a sopportare quella ‘gente’. Erano troppo strani, folcloristici, forse ridicoli. 
Infantili, ecco. Lei era molto più adulta, non poteva vivere con una persona che aveva quegli interessi ancora adolescenziali.
Avrebbe iniziato a diradare i contatti dal giorno dopo per poi smettere del tutto. Non aveva voglia né di spiegare né di affrontarlo ancora: quella serata gli era bastata per capire che era una storia morta. 

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