‘What came first, the music or the misery? People worry about kids playing with guns, or watching violent videos, that some sort of culture of violence will take them over. Nobody worries about kids listening to thousands, literally thousands of songs about heartbreak, rejection, pain, misery and loss.’
Questo, riferito a certa musica pop, è una citazione presa pari pari da ‘Alta Fedeltà’ di Nick Hornby. È un libro che ho scoperto tardi ma che trovo descriva abbastanza bene la mia persona e certe mie manie. L’unica differenza, per me, è il genere che è ovviamente più estremo e ‘mortificante’, se mi passate il termine. Ascoltare Doom, infatti, non è una cosa da tutti e per tutti. Non puoi dire ‘seguo il genere perché mi piace la roba lenta’.
Se non hai idea di cosa voglia dire il disagio, il senso di colpa, l’inadeguatezza, la sensazione amara di fallimento che ti accompagna sempre e, malgrado i traguardi che raggiungi, non ti abbandona mai rendendoti insicuro, sei solo uno che ascolta musica lenta, che potrebbero per assurdo essere le ballate degli Scorpions o le Gymnopédie di Satie.
Purtroppo, o per fortuna, per me ascoltare Doom metal equivale a viverlo e, nella maggior parte dei casi, equivale a non vivere bene.
Anni fa a un amico dissi che questo genere sceglie te, non sei tu a scegliere il genere. Forse è presunzione, forse avevo ragione, sta di fatto che chi conosco a fondo che ascolta questo tipo di roba è al 90% un disadattato, con problemi relazionali, molto chiuso nei suoi sentimenti più profondi e altrettanto emotivo. Spesso si maschera dietro a una facciata aggressiva, cazzona, da beone o drogato, poco empatico, ma è il classico voler tenere a distanza gli altri da quello che sei veramente e dall’inferno che vivi quotidianamente nella tua testa.
Perché se la gente sa come sei veramente può deriderti, approfittarsene, usarti.
Per quello, io e altri che conosco, abbiamo pochi amici o confidenti contati. Per come sono fatto questi confidenti nella maggior parte dei casi non si conoscono tra loro o, nel caso, sanno cose mie solo parziali. Il motivo è semplice: in pochi sanno qualcosa, ne sanno una parte, e nella migliore delle ipotesi non si incontreranno mai né avranno modo di mettere assieme il puzzle che c’è nella mia testa.
Sarà sbagliato finché vuoi, ma onestamente di inculate ne ho prese parecchie dai 5 anni in su, quindi sono portato a essere pesantemente diffidente.
Tornando al Doom, da che ho memoria sono sempre stato affascinato, non so perché, dai toni melanconici. Non mi dilungo su adolescenza o infanzia, diventerebbe noioso e direi pure troppo di mio, diciamo che da quando ho avuto modo di ‘scegliere’ che musica mettere come colonna sonora della mia vita ho dato la precedenza a quello. Sì, ascolto principalmente Doom metal e derivati, ma non disdegno anche altre cose. Il problema è che a quanto ne so vengo sistematicamente attirato da pezzi o artisti che scrivono di abbandono, disperazione, droga, suicidio, eccetera. Giusto qualche esempio? Cat Power, Jimi Hendrix, Free, Mazzy Star, certi classici italiani (tipo Le Orme) e una tonnellata di altre cose. Certo, non tutti i pezzi scritti da questi artisti sono tristi, ma personalmente quelli che mi colpiscono di più sono cose come ‘Wrote a song for Everyone’ dei Creedence Clearwater Revival, scritta da Fogerty nel momento del suo divorzio, per citarne una a caso.
Già, è bello avermi attorno.
E d’altronde, non puoi pretendere che uno cresca uniformato e felice quando certi pezzi che ascolti alla nausea recitano cosi:
‘Life’s biggest frustration is you have to die, and when you’re gone will anybody care why?’ (Pentagram)
‘All love is broken, sombre in devotion, the hearse of selfishness has drove it all away’ (Cathedral)
‘Crestfallen emotion. Wallowing in guilt and drowning forevermore’ (Anathema)
‘There are no living, only the dying and the dead’ (Decomposed)
‘Neverending Way, Neverending Day, Neverending Pain’ (Unholy)
‘I know I don't belong, and there's nothing I can do. I was born too late, and I'll never be like you’ (Saint Vitus)
…e così via.
Beninteso, io sono felice di come sono, in fondo. Forse perché non conosco altri modi di essere.
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