venerdì 3 maggio 2019

L’IDIOTA CAMMINA LUNGO LA TELA

L’aria è fresca e penetra nelle narici assieme all’odore di asfalto bagnato. Dalla finestra si vede il palazzo di fronte con il suo mosaico di luci accese e con tutte le sue vite diverse, così vicine e spesso e volentieri opposte tra di loro. 
La strada è quasi deserta e non passa nessuno, ma basta sporgersi un attimo e guardare verso est per poter scorgere qualche accenno di vita nella via traversa, lontana ma molto più trafficata. Un pipistrello compie evoluzioni nell’oscurità: sembra ogni istante che stia per sbattere ovunque ma le sue traiettorie sono tanto imprevedibili quanto sicure e precise…potesse essere l’uomo sempre così. Il paesaggio circostante lo deprime, l’unico accenno di vita oltre alle mille finestre accese che ha di fronte solo le zanzare che giocano vicino alla luce dei lampioni di strada e una coppia poco lontano che si sta lanciando in effusioni certa di essere al riparo da sguardi indiscreti. 
Il pipistrello davanti a lui continua a girare vorticosamente in un moto che lo sta quasi ipnotizzando: si rende conto dopo qualche minuto che non sta guardando altro che quel minuscolo essere che continua imperterrito a girare su se stesso senza mostrare la minima fatica. Distoglie lo sguardo per un attimo guardando la strada quando si accorge con la coda dell’occhio che il pipistrello gli sta quasi venendo addosso; non ha nemmeno il tempo per chiudere la finestra, alza il braccio destro e si ripara d’istinto il viso quando sente il contatto con quell’essere: è strano che un pipistrello grande come una mano lo faccia volare all’indietro per circa un metro e, posato su di lui, pesi quasi un quintale.
Ripresosi dalla botta e dal dolore toglie il braccio e, ancora rintronato, guarda cosa gli è caduto addosso: è un essere strano, una specie di uomo, ma è troppo pallido per essere vivo…e un uomo non ha le ali. Lo strano essere lo guarda silenzioso attraverso i suoi occhi gialli con uno sguardo quasi compassionevole, sembra stia aspettando che sia lui a rivolgergli la parola o quantomeno che sia lui ad agire per primo. 
Non sa se esserne terrorizzato, impaurito o semplicemente curioso: non riesce a spiegarsi cosa sia quella cosa e perché lo stia guardando in maniera profonda e quasi amorevole. 
Cerca di calmarsi il più possibile e gli rivolge una frase strascicata e dal contenuto idiota:
‘Chi sei?’
L’essere lo guarda, accenna un sorriso dolce e gli risponde con una voce profonda ma molto gradevole:
‘Io? Sono la follia. Devi venire con me, ti devo portare in un posto.’
Ha un’aria estremamente seria ma serena. Forza un sorriso splendente ed al tempo stesso inquietante per cercare di tranquillizzarlo, poi lo prende di peso e lo trascina fuori dalla finestra, vincendo facilmente la paura e la gravità e portandolo in volo con se sopra la città. Ciò che si vede dall’alto è sempre diverso dalla vita con cui si viene a contatto camminando sull’asfalto, tutto sembra più rarefatto, distaccato, persino meno miserabile. La città è sempre più piccola, la creatura continua a salire senza apparente fatica, prende Marco tra le mani e lo invita a volare godendosi il panorama. Lui non sa cosa diavolo fare, tutta la storia pare sia un sogno assurdo, anche se il freddo e ila brezza che gli pungono la faccia sembrano dimostrare il contrario.
La creatura gli sorride, gli prende i lati della bocca con le dita invitandolo a fare lo stesso, dopodiché gli pratica uno strano segno al di sopra della tempia sinistra e lo lancia avanti a se. Dopo qualche attimo di panico Marco si rende conto che non sa come ma sta fluttuando e, anzi, pare stia volando bene come quello strano essere. Non capisce come sia possibile, vorrebbe guardare dietro di sè ma ha paura, e soprattutto non sa come mai ma quell’essere dallo sguardo amorevole e rassicurante lo inquieta…forse è il fatto che non riesce a capire se sia effettivamente buono o cattivo?
La creatura gli plana sopra, sembra diventata più grande, quasi il doppio di lui. Lo fissa negli occhi e lo invita a guardare in basso: improvvisamente il paesaggio si fa verdastro e sfocato tranne che per un particolare: uno strano individuo avvolto in un impermeabile che sembra lo stia chiamando, eppure è strano, perché da quell’altezza l’unica cosa che Marco riesce a distinguere è un’aura rossastra che emana quell’individuo e la sua voce suadente:
‘Scendi, vieni da me, devo parlarti.’ 
Sente la voce ma trova impossibile che sia stato l’uomo sulla riva del fiume a parlare…

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