Tanti anni fa c’era un bambino.
Era un bambino come tanti.
Quel bambino crebbe, diventò un ragazzo e poi un uomo.
Ma dentro quel bambino era cresciuto anche qualcosa di sbagliato, di storto, di poco sano.
Fu così che quel bambino, poi ragazzo e infine uomo, incontrò qualche difficoltà perché fare certe cose a lui non venivano proprio naturali, e quelle cose erano parlare ed esprimere i suoi sentimenti.
Non che non ci provasse, non riusciva a farlo. Non riusciva a spiegarsi. E allora le cose le diceva a sé stesso, parlava per ore dentro la sua testa, da solo. Era l’unica persona con cui riuscisse a sfogarsi, a discorrere, con cui potesse parlare liberamente.
Arrivarono le donne, gli amici, i conoscenti, ma malgrado tutto qualcosa lo bloccava sempre dall’aprirsi del tutto con loro.
Amava.
Coccolava.
Parlava.
Ascoltava.
Ma non diceva mai tutto. Qualcosa lo tratteneva, sempre.
Non dava nemmeno più colpa alla maestra, alle suore, ai genitori. Ormai era fatto così: se nasci quadrato non muori tondo, si dice.
Se ne fece una ragione e visse la sua vita così.
Si sentiva solo anche in mezzo agli altri.
E non riusciva a parlare.
E non riusciva a parlare.
Avrebbe voluto, dio solo sa quanto, lasciarsi andare. Ma non ci riusciva.
E ci provò tante volte, senza successo.
Aveva un desiderio ricorrente, che non disse mai a nessuno: un giorno, uno di quei giorni dove il sole ti acceca e il cielo fa male da quanto è azzurro, voleva arrivare sulla cima di un colle, trovare un prato verde, enorme, togliersi le scarpe e le calze e poterci correre in mezzo, come fanno i bambini.
Perché forse dentro di lui quel bambino voleva uscire per sempre, divertendosi per l’ultima volta prima di crescere.
E, forse, dopo quello sfogo, sarebbe stato in grado di gettarsi finalmente la paura alle spalle e riuscire a esprimere quanto provava per chi gli voleva bene, per chi lo amava, per chi lo aveva amato.
Ma era solo un sogno che non avverò mai.
Ma era solo un sogno che non avverò mai.
Una sera, da solo come sempre, prese un dvd della sua collezione e lo riguardò per l’ennesima volta.
Quella volta fu diverso.
Che fosse il periodo, la luna piena o la pioggia fuori non lo seppe mai.
Seppe solo che, dal nulla, cominciò a piangere.
Senza motivo apparente.
Pianse e basta.
E quando finì di piangere, ricominciò.
Perché forse, in quel momento dopo anni, era ora che tutte quelle lacrime tenute nascoste e quei sentimenti repressi uscissero liberandolo una volta per tutte.
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