ha ancora in mano il cellulare con l’ultima chiamata
effettuata e sta ancora pensando a chi diavolo può essere l’interlocutrice con
cui ha appena finito di parlare. La prima cosa che gli salta in mente è che non
ha senso tenere quel numero memorizzato come ‘Tiziana’ e decide di cambiarne il
nome…già, ma con cosa? Come diavolo si chiama questa pazza? Anzi, come potrebbe
chiamarsi…boh, buio totale. Da un rapido sguardo dalla finestra in cerca di
chissà che suggerimento ma non ne trova alcuno, si gira di scatto, guarda
fulmineamente la stanza ma anche in questo caso non trova nulla che lo possa
aiutare a ‘battezzare’ la sua misteriosa interlocutrice. ‘Ti sento’ di Ligabue
riempie la stanza di musica e il suo cuore di malinconia, ma grazie al cielo
gli da anche l’idea che stava cercando: si ricorda di una ragazza conosciuta
molto tempo fa, una storia assurda come del resto tutte le storie che ha
avuto…una ragazza bionda, dolcissima, semplice…si chiamava Manuela. Di punto in
bianco modifica il nome da Tiziana a Manuela e inizia a fantasticare su come
può essere e che tipo di persona possa essere.
‘Chissà cosa pensa di
Tiziana…chissà perché Manuela ha il numero di Tiziana…mah…certo che è ben
strana, parlare con uno sconosciuto…’ vede il riflesso del suo volto nel vetro
della porta a finestra che da sul balcone ‘beh, anche io non è che sia il
massimo della normalità, specie se dovessi rendere conto a qualcuno della vita
che faccio ultimamente’.
Si rendo conto di avere ancora in
mano il telefonino: lo ripone accuratamente nella tasca della camicia di jeans
che ha addosso e inizia a scrutare il cielo azzurro intenso, ormai arrossato
dal sole che sta tramontando.
‘sarà ora che mi dia da fare, è
meglio’. Chiude la porta a finestra, si dirige in cucina, prende la bottiglia
di Lagavulin e ne beve un sorso, contraendo il viso in una smorfia di dolore
quando sente il whisky che scende nello stomaco. ‘sarà anche ora che smetta di
bere, ma chi me lo fa fare…e chi se ne frega dopotutto’. Chiude la porta di
casa, scende la rampa di scale e si
ritrova faccia a faccia con il suo migliore amico: il maggiolino del 1971 che
fieramente ha salvato da una demolizione certa sistemandolo assieme ad un paio
di amici. È affezionato a quella macchina perché è stata immatricolata il
giorno del suo compleanno, e per lui è come se fosse più che un fratello…è il
suo corrispettivo meccanico, il suo alter ego. Pacato, anonimo all’esterno ma
generoso ed affidabile come poche altre auto. Si rammarica ogni volta perché lo
trascura troppo, e si scusa con lui personalmente ogni volta, salvo poi
ricadere nel medesimo errore.
‘dai Andrea, è ora di andare. Non
so dove ma andiamo’. Monta in auto, accende il motore e si dirige verso la
campagna; ha volta di farsi un giro per statali deserte in completa
tranquillità. Inserisce un nuovo cd nel lettore: è lo stesso di Ligabue che lo
stava deprimendo in casa; si stupisce anche lui di questa cosa: Ligabue è
capace di tirargli fuori tutto il dolore e la disperazione che ha dentro,
l’ambient o la roba depressiva che ascolta di solito no…anzi, più certe cose
sono assurdamente lente ed esasperanti più a lui piacciono e lo rendono felice,
quasi si trattasse di un antico rituale catartico che solo lui conosce. Inizia
a prendere le strade che conducono a paesi che conosce solo perché ha visto i
loro nomi più volte citati sui cartelli stradali, vaga per borghi antichi o più
semplicemente vecchi e disabitati paesi ormai lasciati al loro triste destino
dopo gli ultimi flussi migratori dei pochi giovani rimasti verso le città e
dopo che degli anziani del paese non è rimasto solo che un vago ricordo. Passa
rombando per le stradine strette e sconnesse di queste case diroccate che
sembra che stiano per cadergli addosso lasciando come ricordo del suo passaggio
solo una scia di musica lenta e un appena percettibile odore di gas di scarico.
Si ferma nella piazza di uno di questi paesi dimenticati, spegne l’auto, apre
la porta e il tetto apribile dal quale inizia a scrutare il cielo. Si rolla una
sigaretta e se la gusta con calma lasciandosi cullare dalla brezza serale e dal
frinire dei grilli che ancora si sentono in un campo poco lontano. Inizia a
vagare con la mente unendo in associazioni d’idee alquanto bizzarre tutto
quello che gli passa per la testa in quei momenti; una cosa però non riesce a
togliersela di testa: Manuela o come diavolo si chiama. Inizia a domandarsi
perché gli abbia parlato, si domanda come diavolo ha fatto a ‘prometterle’ di
richiamarla…’si vede che sono fuori come lei’ è l’unica spiegazione che riesce
a darsi…non capisce se è solo curiosità, interesse nelle informazioni che lei
ha riguardo a Tiziana o se…’no, non è possibile cazzo, nemmeno la conosco!’
eppure non pensa a Tiziana, pensa a lei. ‘Chissà com’è, chissà che ascolta,
chissà cosa sta pensando, facendo, dicendo…’ millemila pensieri gli balenano
nel cervello saturandogli la scatola cranica, fino a che il potente vento della
ragione da una bella ripulita al turbinio che si è scatenato nella sua testa:
‘ok. Cazzate ne ho fatte anche troppe in vita mia, e questa non sarà certo la
più grossa o l’unica, per cui…’
prende il telefono, cerca in
rubrica il numero e lo visualizza sul display: prima di pigiare il tasto chiama
si fa un rapido check-up: affanno, respiro spezzato e batticuore. ‘ok, posso
chiamare’. Chiama. Il telefono squilla a vuoto per una decina di volte,
dopodiché riattacca. Tira un sospiro di sollievo, si sente in pace per aver
tentato e felice che lei non abbia risposto. Il risultato è salvo. Ripone il
cellulare nel taschino e fa un lungo tiro dalla sigaretta che si stava quasi
spegnendo. Respira profondamente, alza un po’ il volume e chiude gli occhi un
momento. Sta quasi per riaprirli quando viene riportato in una dimensione reale
dalla vibrazione del telefonino che unita alla suoneria dell’inno tedesco lo
mettono in agitazione: chi cavolo sarà mai? Prende il telefonino, guarda il
display e vede la scritta ‘numero privato’. ‘Chi cazzo sarà?, mah…’
‘pronto?’
‘ciao…mi hai chiamata poco fa o
sbaglio?’
‘io, ehm, non proprio, cioè…più
che altro mi chiedevo se ti andava di fare due chiacchiere e magari prendere un
caffè, così vediamo se la Tiziana che conosciamo è la stessa o meno’.
‘stasera non posso, sono nel
pieno dello studio e come ti ho già detto tra poco ho un esame...’
Entrambi si sentono contrastati nei sentimenti: lui
morirebbe per poter uscire ma ha una paura folle e non sa per cosa, lei è
riuscita a inventarsi una scusa, ma sa benissimo che in ogni caso non combinerà
nulla per tutta la serata e dopotutto l’idea di uscire con questo tizio è una
pazzia ma terribilmente interessante; lui sta in silenzio, sta quasi per
riattaccare e buttare il numero quando lei non sa perché ma gli lancia una
proposta assurda:
‘…facciamo così. Chiamami domani
pomeriggio. Vedo di portarmi avanti stanotte e magari trovare un buco di una
mezz’ora per quel caffè. Ok?’
‘…ok…grazie. Ti chiamo domani
pomeriggio allora. Buonanotte’.
‘buonanotte’. Lui riattacca e lei
parte con le seghe mentali: ‘mio dio ma sono proprio pazza o cosa?’ inizia a
chiedersi le solite cose: perché non è uscita, come sarà, perché ha chiamato
così presto…le solite domande da massimi sistemi che qualsiasi donna di questo
mondo si è posta almeno una volta nella vita.
Lui invece sembra più
rinfrancato, e non sa perché. Al momento il fantasma di Tiziana non lo sta
perseguitando come al solito…si sente libero, tranquillo. Decide persino di
dare un taglio alla ‘depressione da Ligabue’ che lo sta iniziando a tediare. Fa
un lungo tiro dalla sigaretta che sta ormai finendo e mentre getta il mozzicone
fiondandolo con l’indice in mezzo al sagrato della chiesa che sta davanti alla
macchina pigia con l’indice della mano destra il tasto dell’autoradio che
seleziona il terzo cd del caricatore. Una melodia lenta e placida inizia a
diffondersi nell’abitacolo prima e nella piazza poi; si mette seduto in auto,
chiude la porta e accende il motore. Alza il volume e inizia a girare
tranquillamente per le strade deserte di quel borgo inanimato portando un po’
della tranquillità che trasmette la musica. ‘che cazzo di giornata…inizia di
merda e finisce in maniera imprevedibile…ma chi cazzo se ne frega, poi? Ma
si…doveva andare così….wrote a song for everyone’ dei Creedence ha fatto il suo
effetto…come al solito. Dovrei ascoltarli più spesso!’ la macchina romba
tranquilla ed allegra come se stesse complimentandosi col padrone per la sua
ritrovata felicità mentre una scia di note precede e segue il passaggio di
quello strano maggiolino e del suo bizzarro guidatore verso la solita birreria
del paese.
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