lunedì 6 aprile 2020

STRANI SCHERZI DEL DESTINO

‘ma tu guarda questa…campo di meloni, e attacca bottone con uno che manco conosce…questa è fuori completamente…’
ha ancora in mano il cellulare con l’ultima chiamata effettuata e sta ancora pensando a chi diavolo può essere l’interlocutrice con cui ha appena finito di parlare. La prima cosa che gli salta in mente è che non ha senso tenere quel numero memorizzato come ‘Tiziana’ e decide di cambiarne il nome…già, ma con cosa? Come diavolo si chiama questa pazza? Anzi, come potrebbe chiamarsi…boh, buio totale. Da un rapido sguardo dalla finestra in cerca di chissà che suggerimento ma non ne trova alcuno, si gira di scatto, guarda fulmineamente la stanza ma anche in questo caso non trova nulla che lo possa aiutare a ‘battezzare’ la sua misteriosa interlocutrice. ‘Ti sento’ di Ligabue riempie la stanza di musica e il suo cuore di malinconia, ma grazie al cielo gli da anche l’idea che stava cercando: si ricorda di una ragazza conosciuta molto tempo fa, una storia assurda come del resto tutte le storie che ha avuto…una ragazza bionda, dolcissima, semplice…si chiamava Manuela. Di punto in bianco modifica il nome da Tiziana a Manuela e inizia a fantasticare su come può essere e che tipo di persona possa essere.
‘Chissà cosa pensa di Tiziana…chissà perché Manuela ha il numero di Tiziana…mah…certo che è ben strana, parlare con uno sconosciuto…’ vede il riflesso del suo volto nel vetro della porta a finestra che da sul balcone ‘beh, anche io non è che sia il massimo della normalità, specie se dovessi rendere conto a qualcuno della vita che faccio ultimamente’.
Si rendo conto di avere ancora in mano il telefonino: lo ripone accuratamente nella tasca della camicia di jeans che ha addosso e inizia a scrutare il cielo azzurro intenso, ormai arrossato dal sole che sta tramontando.
‘sarà ora che mi dia da fare, è meglio’. Chiude la porta a finestra, si dirige in cucina, prende la bottiglia di Lagavulin e ne beve un sorso, contraendo il viso in una smorfia di dolore quando sente il whisky che scende nello stomaco. ‘sarà anche ora che smetta di bere, ma chi me lo fa fare…e chi se ne frega dopotutto’. Chiude la porta di casa, scende la rampa  di scale e si ritrova faccia a faccia con il suo migliore amico: il maggiolino del 1971 che fieramente ha salvato da una demolizione certa sistemandolo assieme ad un paio di amici. È affezionato a quella macchina perché è stata immatricolata il giorno del suo compleanno, e per lui è come se fosse più che un fratello…è il suo corrispettivo meccanico, il suo alter ego. Pacato, anonimo all’esterno ma generoso ed affidabile come poche altre auto. Si rammarica ogni volta perché lo trascura troppo, e si scusa con lui personalmente ogni volta, salvo poi ricadere nel medesimo errore.
‘dai Andrea, è ora di andare. Non so dove ma andiamo’. Monta in auto, accende il motore e si dirige verso la campagna; ha volta di farsi un giro per statali deserte in completa tranquillità. Inserisce un nuovo cd nel lettore: è lo stesso di Ligabue che lo stava deprimendo in casa; si stupisce anche lui di questa cosa: Ligabue è capace di tirargli fuori tutto il dolore e la disperazione che ha dentro, l’ambient o la roba depressiva che ascolta di solito no…anzi, più certe cose sono assurdamente lente ed esasperanti più a lui piacciono e lo rendono felice, quasi si trattasse di un antico rituale catartico che solo lui conosce. Inizia a prendere le strade che conducono a paesi che conosce solo perché ha visto i loro nomi più volte citati sui cartelli stradali, vaga per borghi antichi o più semplicemente vecchi e disabitati paesi ormai lasciati al loro triste destino dopo gli ultimi flussi migratori dei pochi giovani rimasti verso le città e dopo che degli anziani del paese non è rimasto solo che un vago ricordo. Passa rombando per le stradine strette e sconnesse di queste case diroccate che sembra che stiano per cadergli addosso lasciando come ricordo del suo passaggio solo una scia di musica lenta e un appena percettibile odore di gas di scarico. Si ferma nella piazza di uno di questi paesi dimenticati, spegne l’auto, apre la porta e il tetto apribile dal quale inizia a scrutare il cielo. Si rolla una sigaretta e se la gusta con calma lasciandosi cullare dalla brezza serale e dal frinire dei grilli che ancora si sentono in un campo poco lontano. Inizia a vagare con la mente unendo in associazioni d’idee alquanto bizzarre tutto quello che gli passa per la testa in quei momenti; una cosa però non riesce a togliersela di testa: Manuela o come diavolo si chiama. Inizia a domandarsi perché gli abbia parlato, si domanda come diavolo ha fatto a ‘prometterle’ di richiamarla…’si vede che sono fuori come lei’ è l’unica spiegazione che riesce a darsi…non capisce se è solo curiosità, interesse nelle informazioni che lei ha riguardo a Tiziana o se…’no, non è possibile cazzo, nemmeno la conosco!’ eppure non pensa a Tiziana, pensa a lei. ‘Chissà com’è, chissà che ascolta, chissà cosa sta pensando, facendo, dicendo…’ millemila pensieri gli balenano nel cervello saturandogli la scatola cranica, fino a che il potente vento della ragione da una bella ripulita al turbinio che si è scatenato nella sua testa: ‘ok. Cazzate ne ho fatte anche troppe in vita mia, e questa non sarà certo la più grossa o l’unica, per cui…’
prende il telefono, cerca in rubrica il numero e lo visualizza sul display: prima di pigiare il tasto chiama si fa un rapido check-up: affanno, respiro spezzato e batticuore. ‘ok, posso chiamare’. Chiama. Il telefono squilla a vuoto per una decina di volte, dopodiché riattacca. Tira un sospiro di sollievo, si sente in pace per aver tentato e felice che lei non abbia risposto. Il risultato è salvo. Ripone il cellulare nel taschino e fa un lungo tiro dalla sigaretta che si stava quasi spegnendo. Respira profondamente, alza un po’ il volume e chiude gli occhi un momento. Sta quasi per riaprirli quando viene riportato in una dimensione reale dalla vibrazione del telefonino che unita alla suoneria dell’inno tedesco lo mettono in agitazione: chi cavolo sarà mai? Prende il telefonino, guarda il display e vede la scritta ‘numero privato’. ‘Chi cazzo sarà?, mah…’
‘pronto?’
‘ciao…mi hai chiamata poco fa o sbaglio?’
‘io, ehm, non proprio, cioè…più che altro mi chiedevo se ti andava di fare due chiacchiere e magari prendere un caffè, così vediamo se la Tiziana che conosciamo è la stessa o meno’.
‘stasera non posso, sono nel pieno dello studio e come ti ho già detto tra poco ho un esame...’
Entrambi si sentono contrastati nei sentimenti: lui morirebbe per poter uscire ma ha una paura folle e non sa per cosa, lei è riuscita a inventarsi una scusa, ma sa benissimo che in ogni caso non combinerà nulla per tutta la serata e dopotutto l’idea di uscire con questo tizio è una pazzia ma terribilmente interessante; lui sta in silenzio, sta quasi per riattaccare e buttare il numero quando lei non sa perché ma gli lancia una proposta assurda:
‘…facciamo così. Chiamami domani pomeriggio. Vedo di portarmi avanti stanotte e magari trovare un buco di una mezz’ora per quel caffè. Ok?’
‘…ok…grazie. Ti chiamo domani pomeriggio allora. Buonanotte’.
‘buonanotte’. Lui riattacca e lei parte con le seghe mentali: ‘mio dio ma sono proprio pazza o cosa?’ inizia a chiedersi le solite cose: perché non è uscita, come sarà, perché ha chiamato così presto…le solite domande da massimi sistemi che qualsiasi donna di questo mondo si è posta almeno una volta nella vita.
Lui invece sembra più rinfrancato, e non sa perché. Al momento il fantasma di Tiziana non lo sta perseguitando come al solito…si sente libero, tranquillo. Decide persino di dare un taglio alla ‘depressione da Ligabue’ che lo sta iniziando a tediare. Fa un lungo tiro dalla sigaretta che sta ormai finendo e mentre getta il mozzicone fiondandolo con l’indice in mezzo al sagrato della chiesa che sta davanti alla macchina pigia con l’indice della mano destra il tasto dell’autoradio che seleziona il terzo cd del caricatore. Una melodia lenta e placida inizia a diffondersi nell’abitacolo prima e nella piazza poi; si mette seduto in auto, chiude la porta e accende il motore. Alza il volume e inizia a girare tranquillamente per le strade deserte di quel borgo inanimato portando un po’ della tranquillità che trasmette la musica. ‘che cazzo di giornata…inizia di merda e finisce in maniera imprevedibile…ma chi cazzo se ne frega, poi? Ma si…doveva andare così….wrote a song for everyone’ dei Creedence ha fatto il suo effetto…come al solito. Dovrei ascoltarli più spesso!’ la macchina romba tranquilla ed allegra come se stesse complimentandosi col padrone per la sua ritrovata felicità mentre una scia di note precede e segue il passaggio di quello strano maggiolino e del suo bizzarro guidatore verso la solita birreria del paese.

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