giovedì 31 dicembre 2020

DIALOGHI

‘Scusa, ma coi mezzi è stato un po’ un delirio.’
Lo abbraccia, vanno al bancone e Giovanni ordina la medsima cosa che sta prendendo Antonio, dopodiché si accomodano a un tavolo qualsiasi del pub mezzo vuoto. 
‘Allora, come è iniziato l’anno?’
Antonio vorrebbe dirgli un acido lo sai benissimo ma si trattiene, un po’ per gentilezza un po’ perché è già abbastanza depresso. 
‘Mah, un po’ così. Tante idee, troppe cose che vorrei fare e concretizzare…e non so che fare.’
‘Prendi tempo, dammi retta. Sennò finisci come me lo scorso anno, che sono crollato sotto il peso delle cose da fare.’
‘Eh, infatti sto cercando di darmi delle priorità.’
‘Bravo, calmati, che è la cosa migliore. Poi vedi. Una cosa alla volta.’
Antonio respira a fondo, cerca di calmarsi. Il suo interlocutore gli mette pace e allo stesso tempo soggezione. È così simile a lui ma a volte gli sembra di aver vissuto e aver fatto la metà delle sue esperienze. Proseguono per un po’ parlando di quell’argomento spinoso, con Giovanni che chiarisce cose e Antonio che non vorrebbe sentirle, vorrebbe sentirsi dire altro e altre cose, ben peggiori, che pensa. Ma alla fine stringe i denti, sa che non è corretto, che alla fine Giovanni ha ragione ed ha uno strano sentore che tutto, malgrado quel contrattempo di merda, andrà bene. Parlano ancora un po’, con distacco, con tranquillità, vanno a mangiare lì vicino e tornano con la promessa di uno shot nello stesso locale poco dopo, non fosse che lo shot si trasforma in due bicchieri della staffa. 
Arrivata la prima birra, Giovanni e Antonio continuano il discorso iniziato a cena, incentrato su mortificazione, sensi di colpa, smarrimento e non sentirsi parte del mondo.
‘Sarà l’educazione che abbiamo avuto.’
‘L’educazione e l’esperienza.’
‘Dici che è per quello che ascoltiamo quello che ascoltiamo?’
‘Non direi, ma non ne farei un discorso di ascolto e basta. Noi fondamentalmente incarniamo lo spirito del genere stesso. Di cosa parla, in fondo?’
‘Mortificazione, senso di colpa, penitenza, sentirsi inadatti, arrivati tardi…’
‘Appunto.’
Antonio respira e guarda Giovanni. Vede un ragazzo più giovane, più in forma, più ‘sano’ di lui che si fa dei disastri mentali esattamente come i suoi ma che malgrado tutto lo sprona a fare qualcosa di positivo. Alza il bicchiere e brinda, poi lo abbassa e fissa per un attimo il tavolo umido e il cerchio bagnato appena visibile in controluce lasciato dalla birra.
‘Quindi, alla fine, cosa non va?’
‘Mah, a parte quella cosa di prima nulla, è tutto a posto. Ma sai, ho uno strano presentimento…’
‘Lascia fare tutto, vedrai. Tutto si sistema.’
Giovanni parla ancora un po’ e gli racconta ancora qualche cosa della sua vita con Antonio che ascolta, comprende e a volte non può fare a meno di stupirsi di certe similitudini.
Ed è proprio in quel momento che capisce che davanti a sé ha una specie di specchio, che non sa per che motivo del destino gli è capitato adesso.
‘Giovanni, ma tu ci credi al caso?’
‘No. Succede tutto per un motivo.’
Ecco, appunto. Antonio ha la medesima idea. Se una certa cosa è andata storta, alla fine, non è detto che non sia l’inizio di qualcosa di positivo più avanti.
Alla seconda birra, quando ormai l’alcool ha tolto qualsiasi imbarazzo, si raccontano qualcosa di più personale del passato, del presente, del privato.
Antonio non può farea a meno di ripensare a una serata di qualche tempo prima: parlando con proprio con Giovanni e sentendo certe sue esperienze si era sentito a disagio e sì, alla fine aveva pensato che non erano del tutto simili come pensava. Ma quella sera, di non troppo tempo prima, rispetto a questa sera, è diversa. Qui non ci sono esperienze da confrontare, ci sono due persone che, malgrado percorsi anche opposti a volte, sono arrivati ad avere la stessa visione del mondo e del loro posto nella società, non importa quanto successo abbiano.
E, forse, questo aiuta Antonio a sentirsi meno solo. C’è Giovanni, e altri come lui.

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