sabato 26 dicembre 2020

E’ MEZZANOTTE E TUTTO VA BENE

‘Sarò strana, addormentata, distratta, e tutto quanto…ma non sono di certo la sola!’ Guarda la sveglia sul comodino e vede che è quasi mezzanotte; è rincasata da neanche mezz’ora e adesso non riesce neanche a tenere gli occhi aperti. In certi momenti invece la assalgono dei brividi, a metà fra il freddo e la scarica di adrenalina, che le fanno interrompere a metà uno sbadiglio e la riscuotono quasi del tutto. 
Vorrebbe ficcare la testa sotto il cuscino e smettere di pensare alle ore appena trascorse, ma a quanto pare non è così facile; più cerca di concentrarsi su altre cose, più le tornano in mente altri dettagli, e la confusione le aumenta dentro. 

Era cominciato tutto poche ore prima, quando Giorgio era passato a prenderla, come aveva detto al telefono, dando tra l’altro prova di avere una buona memoria, o almeno a sufficienza per ricordare dove abitava, ed essendoci venuto solo una volta. 
‘Ciao. È molto che aspetti?’, chiede lei aprendo la portiera di Andrea. 
‘No, non ti preoccupare, sono appena arrivato. Vuoi andare da qualche parte a bere una birra?’ 
‘Sinceramente avrei voglia di camminare un po’, sempre se non ti dispiace. Sai com’è, stare tutto il giorno in casa sui libri…’ 
‘Sì, certo, me lo immagino. E così studi Scienze della Comunicazione? Come mai questa scelta?’, domanda Giorgio mentre mette in moto e comincia a scervellarsi su un qualsiasi posto dove poter andare, camminare e parlare senza correre il rischio di essere disturbato sul più bello. 
‘A dire il vero non lo so nemmeno io. Sono stata indecisa fino all’ultimo, tra medicina e Scienze della Comunicazione, poi ho scelto questa ‘. 
‘Caspita, medicina, complimenti!’ 
‘Sì, ma poi mi sono lasciata scoraggiare dal fatto che dura tutti quegli anni, e poi perché molto spesso, se vuoi essere sicuro di avere un lavoro come medico, devi avere qualcuno che conosce la gente giusta, e io non ho nulla di tutto questo. Così ho scelto l’altra possibilità. E adesso mi mancano sei esami, e sto preparando quello con cui vorrei fare la tesi, ma se non prendo almeno 28 il professore non mi accetterà mai…’ 
Lui la lascia parlare, un po’ perché si sta concentrando sulla strada e non ha ancora deciso dove fermarsi, un po’ perché è la prima volta che la sente parlare così a lungo di sé, e ne è quasi stupito. Sente nel suo tono di voce lo stesso entusiasmo un po’ ingenuo della prima volta che l’ha sentita per telefono e gli ha proposto di incontrarla. Lei invece è tranquilla, si sente stranamente a suo agio, ha un unico momento di incertezza quando parla dell’importanza che ha quell’esame per lei, e si affretta a puntualizzare: ‘Questo non vuol dire che mi stai togliendo tempo prezioso allo studio. Anzi, avevo voglia di uscire, è stata una così bella giornata…fermiamoci qui, ti va?’ Il posto che ha indicato Manuela è un grande parco della prima periferia, che si riempie di persone il sabato e la domenica, soprattutto per via dei grandi prati pianeggianti, che formano un ottimo terreno da gioco per chi si vuole cimentare nel calcio o nel frisbee, divisi tra loro da filari di alberi giovani, come se ogni prato fosse un salotto di un grande palazzo. Trovano parcheggio facilmente perché è quasi sera, e a parte qualche podista solitario, nel parco non c’è praticamente nessuno. Quasi automaticamente, Giorgio comincia un confronto fra lo scenario naturale in cui si era immerso nel pomeriggio, l’erba, la cascata e l’aria pura, e quello in cui si trova adesso, ancora verde, ma la sensazione di purezza manca, o forse non è completa. Però non sta vivendo questa sensazione da solo, come gli era accaduto in precedenza. 
‘Ti piace questo posto?’, le chiede, cercando di continuare a farla parlare come prima. 
‘Molto. Mi ricorda un po’ i parchi di certi palazzi francesi, sai, quelli pieni di stucchi dorati, di specchi e tutto il resto. Ci mancano solo le fontane e una musica di Mozart, e il quadro sarebbe perfetto…ma a proposito, scusa ancora per quel messaggio su Baglioni. Lo dovevo mandare ad Allegra, una mia compagna di università con cui esco il fine settimana…’ 
‘Una tua amica?’, chiede lui. È interessato, vuole sapere qualcosa in più su di lei. Renderla in un certo modo più concreta. 
‘Sì, cioè, non proprio. Non che mi abbia fatto niente di male, altrimenti non uscirei con lei; però non è la persona a cui vado a raccontare i miei problemi, va bene per stare fuori qualche ora, ogni tanto studiamo insieme, ma lei è più indietro rispetto a me, con gli esami. Non la chiamerei proprio amica, perché io intendo qualcosa di più profondo quando uso questo termine, non so se mi spiego’. 
‘Sì, perfettamente, forse molto più di quanto tu possa immaginare. E comunque è proprio di questo che ti volevo parlare. Oggi mi è successa una cosa strana, e in un certo modo è come se c’entrasse anche il tuo messaggio su Baglioni’. 

Adesso, al sicuro in casa, da sola, prossima al sonno, le immagini e le sensazioni provate in quel momento sono del tutto diverse, attenuate, vellutate. Ma a sentirsi dire che un banale sbaglio nel mandare un ridicolo sms potrebbe in qualche modo essere legato a un’altra vita e ad altri fatti si era completamente raggelata. E ancora non sa come sia riuscita a mantenere la calma, a continuare a camminare al fianco di Giorgio e a mostrarsi del tutto tranquilla. 

‘Raccontami bene. Anzi, perché non ci sediamo?’, risponde lei dopo un attimo di silenzio, indicando una panchina verniciata di verde poco più avanti. Lui annuisce, la raggiungono in pochi passi e si siedono. Manuela, senza neanche starci a pensare, si siede come suo solito, non con le gambe fuori dalla panchina, ma incrociate su di essa, e trasversalmente, in modo da vedere Giorgio di profilo senza doversi girare tutte le volte. Comincia ad essere buio, ma vicino alla panchina c’è un lampione, che permette ai due di guardarsi in faccia. Il che non è sempre facile, perché lui è così alto e lei cammina spesso con lo sguardo abbassato verso terra. 
‘Oggi sono andato fuori città ’, comincia lui senza nessun preambolo, ‘verso le montagne, in un posto che mi piace molto. Ero da solo, ma mi sarebbe piaciuto che ci fosse qualcuno con me per condividerlo…’, fa una pausa perché gli sembra azzardato dirle che aveva pensato anche a lei in quel momento, e anche perché lui stesso non ha ancora trovato una spiegazione a questo suo pensiero. Così decide di fare finta di niente e proseguire il racconto, cercando di attenersi ai fatti prima di tutto, osservando le sue reazioni. 
‘Poi io e Andrea ci siamo avviati sulla strada del ritorno, e proprio mentre eravamo già abbastanza vicini a destinazione siamo stati affiancati e superati da un’altra macchina come la mia ‘. 
‘Un altro maggiolino? Beh, sì, è strano, ma ce ne sono tanti in giro, è possibile, no?’ 
‘Sì, ma non era semplicemente un altro maggiolino; era un maggiolino identico al mio: stesso modello, forse anche lo stesso anno di fabbricazione…te l’assicuro, sono esperto in materia ‘. 
‘D’accordo. Vai avanti ‘. Manuela percepisce qualcosa in Giorgio, come una specie di agitazione crescente a mano a mano che sembra avvicinarsi al momento culminante del suo racconto. Lei per il momento non trova nulla di strano nel suo racconto, e non riesce a capire, pur dispiacendosene, il perché del suo turbamento. Nonostante questo rimane pazientemente in ascolto. 
‘Dopo un po’, mentre andavo avanti per la mia strada, ho incrociato di nuovo lo stesso maggiolino, che era fermo e sembrava mi aspettasse. Non ti so spiegare come, ma sembrava che fosse fermo apposta per me…anche perché non c’era nessun altro per la strada, e anche questa, adesso che ci penso, è una cosa abbastanza strana. Così mi sono fermato e ho guardato chi guidava la macchina ‘. 
‘E chi c’era su? Qualcuno che conoscevi?’ 
‘No, c’era soltanto un vecchio, quello che guidava. È strano ‘, continua dopo un attimo di silenzio, ‘non penso di averlo mai visto prima, ma quando l’ho guardato mi è sembrato che fosse qualcuno che conoscevo. Ad ogni modo, questo forse non ha importanza. Quello che conta è che stava aspettando me ‘. 
‘Te? Ma com’è possibile? Ti ha detto qualcosa…ti ha minacciato? Scusa se penso a qualcosa di negativo ’, aggiunge dopo un attimo, ‘ma in certi momenti hai una faccia così spaventata…mi stai facendo preoccupare ‘. A quel punto succede una cosa di cui tutti e due si stupiscono; più di tutta la situazione così strana, più del fatto che sia la seconda volta che si vedono e quindi, secondo ogni consuetudine, dovrebbero essere praticamente degli sconosciuti. Giorgio le prende una mano tra le sue. Non fa nient’altro, non la stringe, non la accarezza, niente di tutto ciò. Di impulso, perché ha sentito che la preoccupazione di Manuela è sincera, e anche se neppure lui si sa spiegare il fatto della cassetta, le vuole comunque infondere coraggio. O almeno provarci, e prenderle una mano è la prima cosa un minimo concreta che gli è venuta in mente di fare. Perché ci sono certi momenti in cui parlare non serve a niente, e basta un gesto per comunicare col mondo o con una sola persona. Lei non ha nessuna reazione apparente. Non ritira la mano ma non fa nemmeno cenno di gradire la cosa. In fondo è un gesto come un altro, può avere mille diversi significati, e lei non vuole, ora come ora, mettersi a indagare ulteriormente. 
Giorgio le racconta di come il vecchio gli abbia fatto quello strano dono, ripete parola per parola le poche frasi sibilline dette subito dopo, e conclude dicendole il contenuto della cassetta. Con questo si zittisce, in attesa di una qualche reazione di Manuela. Che non tarda ad arrivare. 
‘Ok, effettivamente è una storia molto strana. Ma, scusa, se te lo chiedo, io cosa c’entro?’ 
‘Non lo indovini da sola?’ 
‘No, davvero, scusami, ma io non riesco a capire dove vuoi arrivare ‘. Giorgio resta un po’ interdetto; per un attimo sospetta anche che Manuela lo prenda in giro, che abbia capito e stia facendo la finta tonta. ‘Ma che importa? Sono arrivato fin qui, ormai le dico tutto e facciamola finita ‘, pensa rapidamente. 
‘Non ti sembra strano che tu per sbaglio mi spedisca un messaggio su Baglioni e io, nella stessa giornata, neanche molto tempo dopo, incontri questo strano tipo che mi dà una cassetta con su QUELLA determinata canzone di Baglioni? È impossibile che sia un caso, almeno per come la penso io. Ecco cosa intendevo, ed ecco perché l’ho detto a te e non a qualcun altro: perché è come se qualcuno mi stesse dando degli indizi per arrivare a capire una determinata cosa…e tu sei coinvolta in questo ‘. 
Manuela è completamente spiazzata da questo discorso, e sul suo volto si legge soltanto una grande sorpresa. ‘Io…non so cosa dire, sinceramente…’, farfuglia confusa, ‘non credo mi sia mai capitato niente di simile…ma hai una qualche idea su che tipo di messaggio potrebbe essere?’ 
‘No, e a dire il vero speravo che tu avessi qualche idea in più di me. Tra l’altro, quella è la classica musica sdolcinata che piace di solito alle ragazze…magari c’è qualcosa che è legato a quella canzone?’ 
lei, sorprendentemente, comincia a ridere. La diverte molto quest’idea di ragazza romantica che ascolta solo musica melensa. La sua risata spontanea riesce a spezzare l’atmosfera di tensione che si era creata per la situazione così strana in cui tutti e due si sono venuti così stranamente a trovare. 
‘Ti posso dire una cosa? Non ti offendi?’, dice lei ancora ridendo. 
‘Cosa?’ 
‘Come dire…hai un’idea un po’ strana delle ragazze…insomma, non siamo tutte con la camera piena di cuscini a forma di cuore, il diario segreto e i vestiti a fiori…non so se mi spiego…’ 
‘Ma come ’, ribatte lui stando allo scherzo e fingendosi estremamente stupito, ‘non mi dirai che non indossi mai i vestiti a fiori?’ 
‘Beh, a dire la verità li ho…ma comunque, non è di questo che volevo parlare. Torniamo al discorso della canzone ‘. 
‘Va bene. Ti è venuta qualche idea a riguardo?’ 
Manuela resta in silenzio qualche secondo, poi scuote la testa. 

Continua a non capire, mentre svolge i suoi normali ultimi gesti prima di spegnere la luce e chiudere definitivamente con quella strana giornata. Non ha nessuna idea di cosa significhi quel nastro gettato dentro Andrea dalla mano di uno sconosciuto, ma ha altre sensazioni che ricorda bene e su cui si concretano i suoi pensieri. Ha ben impresse le sensazioni fisiche, come l’aria che gradualmente si raffredda col passare del tempo, il formicolio alle gambe dopo essere stata seduta tanto a lungo nella stessa posizione, e il tepore delle mani di Giorgio che tengono la sua. È come la fiamma di una candela, che irradia luce e un calore debole ma sufficiente a rischiarare la strada, e nel momento di incertezza e quasi di spavento le hanno dato serenità. 
Si rende conto che non hanno trovato nessuna vera soluzione, nessuna spiegazione definita al motivo scatenante del loro incontro, e ripensandoci con un minimo di calma non riesce nemmeno a capire perché lui all’inizio fosse così agitato e poi, chiacchierando del più e del meno, come avevano fatto in seguito, la sua espressione, sempre più difficile da decifrare, sembrasse molto più distesa. In fondo lei non ha detto niente di particolare: ricorda di avergli parlato di Allegra, e di Giulia, che gira con una Panda quasi più scassata del suo Bolide, che ingurgita dolci senza nessun problema e che vuole avere una figlia da chiamare Cassandra; di un tizio decisamente con qualche rotella fuori posto che compare qualche volta nella biblioteca dove lei va a studiare, e pretende che qualcuno si alzi e gli ceda il posto…’A ripensarci bene, io ho parlato più di lui. Anzi, ho decisamente parlato TROPPO…stai a vedere che inizio a stargli sulle palle perché ha scoperto che, se inizio a parlare, a volte non mi fermo più. Ma no, lui sembrava che mi ascoltasse, e che si divertisse…e poi, come ho fatto a cominciare a raccontargli di Giulia e Allegra, che non sono neanche mie amiche e che lui probabilmente non vedrà mai in vita sua? Lasciatelo dire, Ma, tu non sei tutta a posto! Ora spegni quella cavolo di luce, e domani vedi di studiare, che mancano 4 giorni, e tu lo sai bene ‘. 
E prima di addormentarsi completamente, c’è solo una piccola domanda che le frulla rapidamente in testa, con ali di farfalla trasparente…e adesso?

Racconto di Anna Minguzzi

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