venerdì 5 marzo 2021

COI NEURONI UBRIACHI

È strano come, quando ti accade un fatto particolare, di solito bruttoo spiacevole, la tua mente registri minimi particolari inutili, non solo banali, ma anche vuoti di significato e quasi irritanti. Molti anni prima, passeggiando con la nonna per una strada di campagna, un cane da guardia, un pastore maremmano, era uscito dalla zona recintata in cui si trovava e le era saltato addosso, forse semplicemente perché voleva giocare (perché anche un corpo grande e grosso custodisce un bambino fragile dentro di sé), ma è dura rendersene conto quando hai sette anni e una massa di pelo bianco alta il doppio di te ti butta a faccia in giù sulla ghiaia. L’unico ricordo di quell’episodio sepolto in mezzo a tanti altri non era legato al dolore della caduta né allo spavento, anche se da quel momento in poi aveva avuto molta difficoltà nell’avvicinarsi ai cani di grossa taglia. Era legato al pensiero immediato, come se uno spillo le avesse punzecchiato un angolo del cervello, per avere sporcato il vestito che indossava, un vestito intero ricamato a nidi d’ape di cui andava particolarmente fiera. 
Anche ora, seduta fuori dall’università, scossa da qualche brivido, di tanto in tanto, più simile forse a una scarica elettrica che a un brivido di freddo, la sua mente continua incessante e instancabile a registrare piccoli e stupidi dettagli. Passa una Smart blu; non vede chi è al volante, ma sente che ha l’autoradio accesa, fa in tempo a sentire un verso: “che amara bellezza c’è nell’incertezza del domani”, e fa anche in tempo a ricordarsi che si tratta di una vecchia canzone dei Litfiba. Si ricorda anche che molto tempo prima qualcuno, forse Michele, o qualcuno dei suoi amici, tutti dotti studiosi di psicologia o filosofia, sempre pronti a sfornare qualche strana teoria come spiegazione ad ogni situazione, le aveva parlato della teoria della mente modulare; come diceva? Qualcosa legato al fatto che i nostri organi di senso, che appunto sarebbero dei moduli, registrano automaticamente tutto quello che sta attorno a loro, e poi eventualmente scartano le cose che non sono rilevanti. Questo vorrebbe dire che la musica dei Litfiba è più importante di quelle strane coincidenze accadute nello spazio di pochi giorni…già, ma allora come mai il tremito, l’angoscia e il disperato bisogno di aiuto e di protezione che la stanno svuotando di tutte le energie? 
‘Uffa, meno male che ti ho trovata. Avanti, sali in macchina e non fare storie…mi esci tutta pimpante la mattina, e poi in un attimo sei distrutta…giuro, Ma, non ho la minima idea di cosa ti stia succedendo, ma se devi ridurti così, non deve essere una bella cosa…e non può trattarsi solo dell’esame. Lo so che è importante, ma non puoi ridurti così per un esame, qui c’è sotto qualcos’altro’.
‘Ti prego, non iniziare a parlare come mia madre. Lo detesto’. Manuela ha la voce bassa, guarda un punto fisso davanti a sé come se fosse ipnotizzata, ma la voce è dura e ferma come un pezzo di acciaio.
‘D’accordo, niente tono da mamma, anche se sono più grande di te e potrei permettermelo. Non capisco come sia possibile, cosa ti è successo? Non sarà quello che penso io?’
‘Che cosa pensi?’
‘Non hai rivisto…tu sai chi?’
‘Ma, insomma, ha un nome anche lui, non siamo in un romanzo di Harry Potter, dove il mago cattivo non deve essere nominato! E comunque no, lui non c’entra, non l’ho visto, anche perché come sai lui non studia da queste parti, e non ho neanche incontrato qualche suo amico, non sono stata aggredita, derubata o minacciata’.
‘Lo immagino’, ribatte Martina mentre si immette nel traffico, caotico ma non inaffrontabile, della circonvallazione alle 9 di mattina. ‘Non sei tu quella che dice sempre che i maniaci scappano solo a vederti? Oh, dai, Ma, ridi un po’…cosa sarà mai successo?’
‘Non ho voglia di tornare a casa, non subito almeno’, Manuela parla come se non avesse neanche sentito l’ultima domanda. ‘Guida, segui una strada qualunque, per favore. Io intanto ti racconto cosa mi è successo’.
Martina ubbidisce, anche perché sa dove andare. C’è un posto che conoscono bene tutte e due, dove si recano ogni tanto se hanno voglia di stare da sole. Qualche chilometro al di fuori del recinto dei viali, dove la città è praticamente finita ma la campagna non è ancora cominciata, c’è un intrico di strade, asfaltate ma sempre deserte, e in mezzo a questo una chiesetta assolutamente normale all’apparenza. Nessuna delle due ha mai capito se ogni tanto venga aperta o no, ma questo importa poco: è il luogo ideale per stare tranquille di giorno. Dopo una serie interminabile di semafori, arrivano finalmente a destinazione. Non hanno praticamente parlato durante il tragitto, Martina ha finto di concentrarsi sulla guida mentre si chiedeva cosa mai potesse turbare tanto Manuela, la quale invece sembra un minimo più calma, nonostante la folla di pensieri che si rincorrono…il vecchio, il messaggio, le macchine uguali, le canzoni dei Litfiba, l’esame, la tesi, il futuro, il passato, l’ultima volta che si è seduta sui gradini di quella chiesetta. Martina sembra captare qualcuno di questi segnali.
‘E’ un problema andare là? Potevamo fermarci prima, se preferisci. C’è quel bar, la Caramella, possiamo fermarci lì e fare una seconda colazione. Certo, i cannoli fanno schifo, ma non posso pretendere che li facciano dappertutto come li prepara mia madre’.
‘No, va bene, andiamoci pure. Voglio vedere che effetto mi fa. E poi sono talmente scombussolata che è più o meno l’ultimo dei miei pensieri. Semmai dopo’, e sembra compiacersi con se stessa di come stia riprendendo il controllo di se stessa. Se la teoria del vulcano fosse esatta, non è questo il momento della sua distruttiva eruzione. Lascia che la lava resti al suo posto, poi forse si calmerà da sola e non uscirà mai da lì.
Smontano dalla macchina parcheggiata e si avviano per la strada più vicina, una di quelle strette e piene di curve, con i cataletti per la pioggia ai lati che a maggio si coprono di papaveri.
‘Sai a cosa stavo pensando?’
‘No, a cosa?’
‘Non c’entra niente con il casino che mi è successo stamattina, ma sai che nessun ragazzo mi ha mai regalato dei fiori?’
‘E perché ti viene in mente adesso?’
‘Ho pensato ai fiori di campo che ci sono qui attorno quando è primavera, e poi mi sono venute in mente altre cose legate ai fiori, come le collane che fai con le margherite. Lo so, è tutto staccato…è come se il mio cervello stesse facendo la rivoluzione e mi stesse restituendo una serie di cose che credevo di avere dimenticato. Comunque, la cosa strana di stamattina…’, e racconta, molto brevemente, ma insistendo molto sulla perfetta concordanza di orari, il suo incontro con il vecchio dal maggiolino assolutamente identico a quello di Giorgio e il fatto che i due le abbiano rivolto la stessa domanda. Martina ascolta senza commentare, appunto perché la brevità del racconto e l’estrema chiarezza con cui Manuela le narra i pochi fatti non lasciano punti oscuri. È comunque abbastanza sorpresa di come, una volta che ha iniziato il suo racconto, tutto sia parso molto diverso e più razionale; le mani di Manuela non tremano più, la voce è tornata normale, sia come intonazione che come velocità. Il che sembra comunque strano, soprattutto perché è passato troppo poco tempo; forse lei stessa si sta rendendo conto di avere avuto una reazione esagerata, ma non le sembra sufficiente come spiegazione.
‘Allora, che ne pensi? Insomma, so che non ho avuto un’allucinazione, ma mi sembra troppo strano…non può essere un caso. E poi, io non credo a queste cose, ma adesso che me n’è capitata una, non so davvero che spiegazione dare’.
Martina resta in silenzio per qualche secondo, fissando un punto qualsiasi oltre la strada.
‘Non so assolutamente spiegare cosa ti sia successo, e perché sia legato tutto a questo strano tipo, che, diciamocelo pure, si è mostrato strano fin dall’inizio, e basta guardare il modo in cui vi siete conosciuti. Però secondo me ora ne stai parlando con la persona sbagliata’.
‘Cioè? Devo rivolgermi a un esorcista o qualcosa di simile?
‘Non scherzare su queste cose!’, la ammonisce Martina, ‘e comunque non ci vedo niente di diabolico in realtà. Di certo però anche lui, questo Giorgio, è coinvolto, visto che il messaggio te l’ha mandato lui. Che ne sai, magari gli è già capitato qualcosa di simile, e comunque forse ne sa più di te. Quindi, la mia modestissima opinione è che glielo dovresti raccontare’.
‘Sei sicura?, la voce è tornata ad essere leggermente titubante.
‘Penso che sia la cosa migliore. Non sei d’accordo?’
‘Non so…io stavo pensando di non rispondergli neanche. Insomma, ero veramente terrorizzata subito dopo averti chiamata, e pensavo che forse così mi sarei evitata tutti i problemi’.
‘Invece secondo me, se ti comporti così, ti aumenti i problemi. E dai, il massimo che ti può succedere è di spaventare anche lui, di certo non ci rimetti. Nasconderti dietro un mignolo non ti serve. Poi, naturalmente, fai come vuoi, è chiaro ‘.
‘E va bene, per questa volta vedrò di darti retta. Però è tutto così incredibile…e poi tutta questa serie di pensieri così diversi che ho in testa…ad esempio, mentre ti aspettavo è passato uno in macchina con la musica a palla, e il verso della canzone diceva “che amara bellezza c’è nell’incertezza del domani”. Che vuol dire? Perché mi è rimasta così impressa questa frase , anche se l’avrò ascoltata decine di volte?’
‘Mi stai facendo domande troppo difficili. Ricordi? Io sono un’insegnante di ginnastica in tre diverse palestre, amante dei cannoli che fa mia madre. Forse lo scoprirai più avanti, che cosa vuol dire, non ci pensare ora. Ti senti meglio?’
‘Sì, direi di sì. Credo di vedere le cose in modo leggermente più chiaro, almeno. Ti posso chiedere l’ultimo favore per oggi, beh, diciamo l’ultimo della mattina. Mi accompagneresti in biblioteca, così almeno mando una e-mail al professore per il fatto che non sono andata al ricevimento?’
‘’E va bene, ma solo per questa volta…poi passa a riprendere quello scassone di roba che ti ostini a chiamare motorino, ci vediamo a cena ‘. E cerca di stare tranquilla, pensa, vedrai che alla fine andrà tutto bene.

Racconto di Anna Minguzzi

Nessun commento:

Posta un commento