Era il 1993 e nel mio consueto giro solitario per dischi mi ritrovai da Mariposa (quello in Porta Romana, in Corso di Porta Romana, quello che aveva la stanza dietro stipata di dischi in vinile che deo gratias all’epoca si chiamavano solo ‘dischi’) a spulciare gli scaffali per vedere cosa avrei potuto trovare di thrash o di roba classica tipo Iron Maiden.

Esaminando meglio il vinile dopo essermi perso per un buon paio di minuti nella copertina notai che aveva la copertina apribile, un titolo epico (un gruppo inglese che parla del Rubicone, dai!), il logo figo, il vinile bianco e le foto in posa death metal coi capelli lunghi e sciolti e le espressioni dal serio all’incazzato e non quelle frociate di adesso coi capelli corti, la barba da babbo natale curata e le magliettine trendy.
Tutto a solo 15.900 lire.
Era tutto quello che il Davide di 19 anni necessitava per esaltarsi. Controllai il portafogli e fortunatamente quella volta avevo qualche soldo in più, per cui oltre ad un altro titolo (credo fosse un ‘fear of the dark live’ degli Iron Maiden in cd) mi arrischiai e comprai il disco (cazzo, un disco bianco, in vinile bianco, il primo vinile colorato che portai a casa!).
Appena arrivato a casa lo misi sul piatto perdendomi nuovamente nei dettagli della copertina con il fiume, la cascata, la città deserta e le sculture, mentre la puntina del giradischi di mio fratello faceva il suo dovere e iniziò a picchiettare contro i microsolchi: mi arrivò una manata in faccia, nel senso più letteralmente acustico che possiate immaginare. Chitarre pesantissime e distorte che creavano un muro di suono, la batteria che passava dal classico ‘tupatupa’ a tempi più sostenuti passando per break lenti e soffocanti (‘Painted Skulls’ per dirne una) e dei mid tempo con dei riff belli, veramente ispirati. Ai tempi non chiedevo altro che onesta brutalità condita da un pizzico di dianimca: parti veloci, break, riff di puro death metal conditi dalla voce profonda di Dave Ingram che mi stava un po’ più simpatico degli altri perché si chiama come me.
Anni dopo, quando ebbi un lavoro serio e qualche soldo in più in tasca comprai anche il cd solo per le bonus track dove c’è Karl Willets come guest vocalist (per me Willets può cantare anche la sigla dei puffi e rimarrà sempre epica) e successivamente mi procurai tramite un venditore australiano di Ebay (pagandolo 8 dollari e mezzo) un picture 7” con i pezzi bonus non presenti sul vinile originale.
Mi rendo conto che forse ‘Transcend The Rubicon’ non è una pietra miliare del death metal e non può essere considerato altro che un buon disco in un mare di uscite dell’epoca, fatto sta che per quanto mi concerne e per la mia formazione musicale ad oggi considero quel disco dei Benediction uno dei pezzi più preziosi della mia discografia.
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