giovedì 3 febbraio 2022

TEMPI MODERNI

Finalmente posso uscire e farmi un bicchiere con gli amici dopo tutto questo tempo. Mi sembra quasi impossibile di poter riuscire a uscire, respirare, mangiare e prendere i mezzi liberamente.
Praticamente mi sento come se fossi stato in pausa due anni.
Ora, però, si ricomincia: stasera esco, mi diverto e se bevo un bicchiere di troppo pazienza, tanto domani è sabato, mi riposo e dormo fino a tardi.

‘Ohilà, tutto a posto?’
‘Finalmente, Matte, era una vita che non ti si vedeva in giro!’
‘Beh, ragazzi, cercate di capirmi, tra pandemia, casini e lavoro sono riuscito solo ultimamente a sistemare quello che dovevo e a essere libero.’
‘Dai, te la perdoniamo, ma solo per stavolta. E beninteso il primo giro lo paghi tu, eh!’
E vabbé, sto al gioco perché veramente tra una cosa e l’altra sono sparito quasi tre anni.
Non essendo poi una persona molto ‘social’, come si dice oggi, è stato abbastanza facile sparire dai radar dei miei amici e conoscenti e riapparire completamente stravolto e ingrigito anni dopo.
Gli amici di una vita sono qui davanti a me: Dante, Mauro, Teo e il loro carico di prese per il culo e battute. Dovrei sentirmi a disagio ma è quella situazione in cui sei assieme ad amici veri, per cui i due anni sembra non siano mai passati e ti senti come se vi foste salutati solo ieri.
Arriva il primo giro di birre e parte il primo brindisi. Non so se è la felicità di rivederci o se c’è la voglia di dimostrare che siamo ancora spavaldi, fatto sta che le pinte dopo due sorsi sono a metà.
‘Dai, dai, la foto rituale!’
Teo, entusiasta, al solito quello più social della compagnia, provvede a puntare il cellulare, alché lo fermo.
‘No dai, non potremmo passare una serata normale come tutti, senza stare a fare i ragazzini?’
‘Ma vai a fare in culo, cavernicolo! adeguati un attimo, no? è solo una foto, non c’è nulla di che! Non è che ti si ruba l’anima con lo scatto eh!’
Accuso la battuta, faccio buon viso a cattivo gioco ma cerco comunque di defilarmi un pelo. Non mi ruba l’anima, è vero, ma non mi piace farmi fotografare.
La serata prosegue tranquillamente tra una pinta e una chiacchiera, e onestamente mi ci voleva: era un bel po’ che non mi sentivo così bene.

Lo sapevo che mi svegliavo un po’ tardi: le nove e mezza, ma vabbè, ci sta. Mi alzo, mi preparo il caffé, prendo una brioche confezionata, metto tutto con calma sul tavolo e accendo il pc per guardare le ultime notizie.
Non ho nulla da fare, mi annoio un po’ a dire il vero. Decido di riesumare un po’ la mia presenza social: come tutti frequento certi siti, però non sono mai stato uno che era in fissa per mostrare qualunque cosa facesse. Diciamo che oggi la spinta me l’ha data la serata di ieri.
Guardo le timeline: nulla o quasi, nel senso che la foto di ieri sera c’è ma senza tag e io sono fuori inquadratura, mi si vede giusto mezza spalla e niente testa.
Un po’ mi spiace, perché eravamo un bel quartetto che si è perso un po’ di vista, e una foto dopo tanto mi sarebbe piaciuta. Ammetto però che d’altro canto mi sta pure bene così: il ricordo, senza per forza una testimonianza visiva, è a volte più romantico e più bello, almeno secondo me. Molte serate, posti, avventure le ho vissute senza foto, messaggi audio o filmati, e non per questo sono meno belle, anzi.
Finisco il mio caffè e decido per la spesa. Non ho molta voglia ma ho il frigo vuoto, quindi mi tocca per forza uscire.
In fila al supermercato mi pare di vedere, qualche posizione più avanti, Mauro.
Lo guardo, cerco di attirare la sua attenzione ma non ci riesco.
Mollo tutto, chiedo permesso e lo vado a salutare di proposito.
‘Ehilà!’
‘Oh, Matte, che sopresa!’
‘Beh, abito qui vicino, non è poi troppo una sorpresa!’
‘Sì, beh, è vero, ma è una vita che non ti si vede!’
‘Ma se ci siamo beccati proprio ieri sera!’
‘Ieri sera? Ma no, guarda, lo ricorderei!’
‘Eravamo noi quattro, io, te, Dante e Teo, siamo andati al Tiratardi’
‘Guarda, io ieri ero proprio lì con Dante e Teo, ma tu non c’eri!’
Mi sto per incazzare, il bel gioco dura poco.
‘Guarda che c’ero, va bene che abbiamo alzato il gomito, ma cazzo!’
Serafico, Mauro tira fuori il cellulare, giochicchia, mi mostra il display con la foto della sera prima.
‘Matte, vedi? non c’eri. Oh, se vuoi venire la prossima volta nessun problema, fai uno squillo e ci si vede, ma per favore, non fare sti scherzi!’
‘Guarda che per la verità io c’ero. Quella spalla è la mia!’
‘Ma secondo te, se ci fossi stato, non ti avremmo preso dentro la foto? Eddai, su!’
Effettivamente ha ragione, la logica regge, non fosse altro che io so che c’ero, e non ero così fuori da prendere cantonate. Comunque sia, è Sabato, non ho voglia di litigare, pertanto abbozzo.
‘Mah, mi sa che siamo tutti sfasati. Comunque dai, ti chiamo in settimana, vediamo di uscire tutti quanti’ come ieri, vorrei aggiungere, ma mi mordo la lingua.
Mauro mi guarda un po’ stranito ma pare prendere il saluto di buon grado.


Dopo la pennica di pomeriggio mi faccio il solito giro col cane, però stavolta allungo, capito in posti che avevo scordato, perché è la zona dove sono cresciuto e dove vive parecchia gente che conosco. Non ci torno mai volentieri perché è cambiata, e non la riconosco più. Non è un discorso di meglio o peggio, è semplicemente diversa, quindi mi sento a disagio. Girovago senza meta cercando di ricordarmi le differenze tra il mio quartiere e questo, ma a parte la toponomastica è quasi tutto diverso.
Vedo, a un certo punto, un negozio di Cartoleria, e il cognome mi è abbastanza familiare. Scruto all’interno, e riconosco la persona dietro al bancone: è una mia compagna di classe delle superiori, il negozio era dei suoi che evidentemente lo hanno lasciato a lei. Non avendo un cazzo da fare e avendo il piacere di salutare la prima cotta del liceo, entro.
‘Buongiorno, eh!’
‘Buongiorno, desidera?’
O sta al gioco, o non mi ha riconosciuto.
‘Senta, volevo un po’ di quinta C’
‘Di Cosa, scusi?’
‘Martina, non mi riconosci?’
‘...NO.’
‘Matteo, eravamo in classe assieme, ti ho anche invitato fuori un paio di volte. Ricordi?’
‘...onestamente no, scusa. Tu mi dici di essere un compagno di classe, ma io non mi ricordo proprio, scusa.’
‘Ma dai, eravamo in classe assieme, all’ultimo anno ero due banchi dietro, avevamo Graspoli in mezzo che passava i bigliettini per i compiti di Matematica.’
‘Graspoli lo ricordo, ma di te no. anzi, Non mi pare ci fosse nessuno dietro Graspoli, ma sono passati anni, potrei non ricordarmi bene’.
‘Vabé...magari la prossima volta ripasso e porto una foto di scuola. così forse ti ricorderai’ le dico provocatorio’.
‘OH SCUSA!!!!’ mi dice mortificata.
Smanetta sul cellulare, apre un’applicazione e mi mostra lo schermo.
‘Ecco, dove sei tu? perché io non ti vedo…’
Mi viene in mente che quel giorno ero malato.
‘Er...non c’ero, ero malato, avevo preso gli orecchioni, avevate riso tutti.’
Mi inizia a guardare sospettosa.
‘Senti… Matteo. Ti spiace se ti chiedo di uscire? Non mi sento tranquilla’.
Annuisco. Insistere porterebbe a scenate inutili e forse alla Polizia chiamata per niente. Alzo la mano, faccio un cenno ed esco, incamminandomi verso casa.


E’passato quasi un mese dove non ho avuto un attimo per rilassarmi. Lavoro, dormire, spesa, porta fuori il cane e ricomincia daccapo. Una cosa alienante, se poi ti si aggiungono visite, esami, dentista, addio.
Comunque, finalmente stasera esco. Mi ero ripromesso di tornare al Tiratardi e, anche se non mi sono organizzato vado lo stesso, tanto so che troverò gli altri tre, sono quasi sempre lì, da bravi abitudinari.
Entro, bancone, una cameriera alta e mora con un caschetto geometrico che pare disegnato da Giotto mi chiede cosa voglio. Le chiedo cortesemente una pinta e mi guardo in giro: nessuno che conosca.
Dopo qualche minuto la ragazza arriva, mi porge il bicchiere e mi rivolge la parola.
‘Prima volta?’
‘No, ma è come se lo fosse. Venivo molto spesso, ma poi ho traslocato, e va beh, solite storie.’
‘Eh, già, ti capisco. Ho traslocato nove volte, ormai tutti i miei averi sono in una valigia per comodità e ho cambiato talmente tanti posti che non ho un pub di riferimento. Quindi, com’è tornare?’
‘Strano, mi sembra di essere uno straniero.’
‘Beh, straniero, alla tua salute!’ mi dice mentre si versa un dito di birra e mi sorride.
Resto a fissare la pinta, il bancone, la cameriera e il suo culo, poi vengo distratto da voci familiari: sono arrivati.
Entrano, mi passano a fianco, salutano tutti, la cameriera e si siedono.
Non mi hanno visto.
Mi alzo, vado da loro.
‘Beh?’
Mi fissano istupiditi.
‘Beh cosa?’ esordisce Mauro.
‘Ragazzi, ma non si saluta più?’
‘Se ti conoscessimo, sì.’ risponde Teo.
AH.
Inizio una discussione che vedo già sarà di difficile soluzione, oltretutto i ragazzi si stanno alterando, e non voglio scenate. Mi congedo sfanculandoli e bon. Che sia uno scherzo o che l’alcool gli abbia rovinato la memoria non mi interessa, se mi tratti così lascio perdere.
Mi stacco, torno al bancone, appoggio il bicchiere sotto lo sguardo tra il perplesso e il divertito della cameriera, poi la guardo e le chiedo:
'Scusa, quando lavori qui?’
'Dal Mercoledì alla Domenica.’
Annuisco con la testa, accenno un saluto, poi esco.


Decido di tornare dopo un paio di giorni, non so perché quel sorriso era intrigante...e dopo mesi di solitudine, una boccata d’aria mi ci vuole.
Forse l’orario d’apertura è esagerato, fatto sta che quando entro non c’è nessuno.
Mi siedo al bancone, aspetto, arriva il proprietario, che conosco di vista da anni, e mi chiede cosa voglio.
Memore della discussione della sera prima chiedo da bere, abbozzo che andavo al locale anni prima, che mi ricordo di lui e gli chiedo una pinta. Intanto che spina la birra mi scruta, poi scuote la testa
'No, mi spiace, ma di te non mi ricordo proprio.’
E ti pareva.
Me ne resto zitto, bevo con calma esasperante il bicchiere ma, visto che la cameriera non arriva, propendo per una seconda pinta e due domande.
Il bicchiere, assieme alla risposta, non tarda ad arrivare: la birra scivola sul bancone, ma della cameriera che mi ha servito nessuno sa nulla, anzi, il proprietario non ricorda nessuno con quelle sembianze che avesse mai lavorato lì da almeno cinque anni.
Bene, sto ammattendo.
Bevo la pinta ed esco.
Una volta a casa mi chiedo cosa stia succedendo. Sono diventato invisibile agli amici? Eh, pazienza, me ne farò di nuovi.
Non faccio a tempo ad entrare in casa che squilla il cellulare.
‘Pronto, Matteo Pertugi?’
‘Sì, sono io.’
‘Sì, qui è la Plastok, la chiamo a seguito dei colloqui e dell’offerta per il posto disponibile da noi… ecco… non so come dirglielo… ma pare che il suo CV sia falso.’
‘Falso????’ Ma come Sarebbe FALSO?’
'Guardi, vista la posizione offerta abbiamo chiamato i suoi precedenti datori di lavoro… e nessuno pare conoscerla. Pare che lei in quei posti non abbia mai lavorato. Capirà che davanti a una cosa simile l’offerta è da ritenersi nulla.’
Rimango come un idiota col telefono in mano mentre ho le chiavi davanti alla toppa della porta di casa.
Come è possibile?
COME?

Se non posti, non esisti.

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