mercoledì 4 gennaio 2023

SCAFOSSO

La vita quotidiana in un paesino di montagna di trecentosettantasette anime quasi completamente isolato come Scafosso era a dir poco monotona: ogni giorno succedevano sempre le stesse cose, le persone erano sempre le stesse, non si muoveva alcunché
Era il perfetto paese da film Horror o da drammone sociale all’italiana: età media alta, praticamente nessuna nascita, non c’era nessun interesse industriale, turistico o agricolo nei dintorni.
Insomma, un bel paese dimenticato da tutti in fondo a una serie di tornanti dove ci si capitava di proposito e mai per errore, un borgo con una storia lunga ma che sarebbe prima o poi terminata con il decesso dell’ultimo abitante rimasto a meno che non si fosse spinto per ripopolare il paese.

E sì che a partire dagli anni ‘60, dal famoso boom economico, di interventi per rianimare Scafosso, che era già moribondo allora, se ne fecero, ma quasi nessuno andò a buon fine e la maggior parte durò come palliativo solo pochi anni riportando i numeri della popolazione allo stato iniziale.
Scafosso era, e rimaneva, IL borgo in cima al monte in fondo alla strada, ma fortunatamente autonomo: c’era la drogheria, il fruttivendolo, il panettiere, l’ufficio postale anche se sempre vuoto, la scuola, che perlopiù si impegnava come biblioteca e per lezioni agli anziani, la banca e l’ufficio comunale, anch’esso abbastanza privo di lavoro se non per qualche pubblicazione di abitanti emigrati altrove che si sposavano, qualche atto e i certificati di morte.

Ma la vita per Scafosso stava per conoscere un piccolo cambiamento: il 29 febbraio l’impiegato del comune, Michele Terzagni, fu trovato in casa esanime. C’era ben poco da fare perché il Terzagni era l’ultimo della sua famiglia rimasto, figlio unico coi genitori sepolti nel paese, senza moglie, né figli o eredi altri.
Il corpo fu così portato dal becchino nella cella frigorifera del macellaio del paese che lo conservò giusto il tempo per preparare il funerale e ricevere il nulla osta dal sindaco che firmò le carte e contestualmente richiedere all’ufficio provinciale una persona in sostituzione del Terzagni.
Il funerale (e la conseguente richiesta) partirono il 4 marzo con il Terzagni seppellito nella tomba di famiglia e la richiesta del sostituto partita regolarmente dalla posta del paese, a cura della Signora Borghi.
Sarebbe tutto filato liscio se non fosse che le poste prima e la Burocrazia poi ci misero lo zampino: la richiesta del sostituto di Terzagni andò persa non si sa dove e non se ne seppe più nulla.
Non fu possibile nemmeno rifare daccapo la domanda di sostituzione dell’ormai fu Terzagni perché non si poteva inoltrare una nuova domanda prima di aver ricevuto il rifiuto della vecchia, occorreva sollecitare la pratica esistente prima di procedere con la nuova, ma essendo la vecchia perduta senza alcuna prova tutto questo creava una enorme empasse e notevole ritardo nella nomina del nuovo impiegato dell’ufficio comunale di Scafosso.

La situazione rimase così in stallo, irrisolta, anche se la vita per Scafosso continuò in maniera placida, monotona, fino al 27 dicembre quando la marchesa Brinzilli, padrona della villa che dominava la valle e tenutaria della vigna omonima fu trovata priva di sensi nella sua scuderia.
Il medico, prontamente avvertito dallo stalliere, la trovò ancora viva ma iniziò a temere della sua lucidità quando si rese conto di cosa aveva tra le mani: La marchesa aveva infatti l’osso del collo spezzato, una cosa incompatibile con la vita, ma era a tutti gli effetti viva e vegeta.
Per quanto non ci si potesse dare una spiegazione logica, il medico curò la marchesa e quasi si dimenticò della cosa finché a qualcuno venne in mente una strana coincidenza: nessuno, dopo la dipartita del Terzagni, era più morto.

La mancanza di un burocrate che notasse i decessi aveva fatto sì che a Scafosso si smettesse di morire.

E fu così che a Scafosso non morì più nessuno. La vita nel paese riprese placidamente come sempre, senza sussulti, come era ormai da decenni.

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