venerdì 17 febbraio 2023

SONO SOLO SCARPE

È incredibile come le più piccole cazzate ti facciano tornare in mente dei ricordi sepolti da decenni.
Stamattina, per esempio, ero in metropolitana, accalcato assieme ad altri sfigati come me in direzione lavoro che aspettavano il loro carro bestiame con relativa corsa al posto a sedere, che mi è capitato di piazzare i miei piedoni su una pozza, credo, di detersivo.
Credo perché non l’ho assaggiato e beh, fosse stata piscia me ne sarei accorto dall’olezzo.
Un pensiero va sull’altro e, grazie forse a un neurone (uno dei pochi che ancora mi girano nel cervello, direbbe la mia compagna) che rimbalzava sulle sinapsi, mi è tornata in mente l’epoca in cui andavo a scuola.

Cosa c’entra, direte voi?
Il trait d’union sono state le scarpe: io avevo i piedi su ‘sta pozza e mi sono messo a guardare le mie Asics prese in un outlet a 40 euro e l’occhio mi si è allungato sulle scarpe altrui, prevalentemente Nike. Da lì mi è partito un volo pindarico sulle Timberland, i paninari e l’edonismo degli anni 80.
Premessa: come qualcuno sa io sono andato a scuola dalle suore.
Elementari, medie, superiori, esperienza completa.

La privata fu una scelta fatta da mamma, ansiosa, per evitare scuole “brutte” dove in teoria era capitato mio fratello maggiore. E allora, mio malgrado, mi sono ritrovato a bazzicare pretume e gente prevalentemente benestante (benestònte, direbbe la Panerai) benchè fossi di un’estrazione sociale ben diversa. Potessi tornare indietro farei altro, ma ero piccolo e non decisi io.

Sì, ma che c’azzeccano le scarpe, direte voi?
Giusto.
Tolte le emementari (è un typo, ma troppo gustoso per non lasciarlo, effettivamente da piccoli siamo tutti dei meme), ricordo che alle medie ESPLOSE la moda dei paninari. Quindi marche, gergo, panini, fumetti apposta tutti sull’essere figo/abbronzato/spavaldo/che ostenta. Se vi ricorda qualcosa o qualcuno, tipo un’intera classe politica o i giovani d’oggi, sapete a chi dare la colpa, io sono vecchio e stanco.
Quindi, dicevo, io ero a scuola, con le scarpe “Soldini”, le tute del mercato con due strisce al posto di tre, i maglioni di nonna, la roba di mio fratello addosso e, se andava bene, un paio di Jeans Wrangler presi in Via Vallazze.
I miei compagni di classe avevano Timberland, calze Burlington, Fred Perry, maglioni Stone Island, scarpe Nike, i 501 della Levi’s col risvoltino, le cartelle della Naj Oleari e la Smemoranda (manco quella potevo permettermi. Alla scuola di suore ci mollavano loro il loro diario con le massime dei preti, poi mi parlate dell’indottrinamento di SS o integralisti islamici…).
Ricordo anche nettamente, su non so che giornale, la pubblicità di un paio di Timberland DA BARCA.

Ripetete con me: SCARPE DA BARCA.

Che vidi addosso a un mio compagno di classe una settimana dopo.
A Novembre. A Milano Lambrate. Con la Pioggia.
Scarpe da Barca ---> Milano a Novembre.

E, bene o male, erano tutti così. Anzi, eravamo perché ci cascai brevemente pure io: mi comprai un paio di Nike (che durarono un pelo più delle Soldini), e dei 501 presi difettati da un negozio che li vendeva a metà prezzo.
Ovviamente, non era abbastanza per il classismo dilagante dei ricconi delle medie, quindi non è che fui dileggiato, ma venni visto come il “wannabe”. Come tutti i ragazzini ci rimasi male il quarto d’ora accademico e cercai altri lidi. Non ero manco grande e grosso per menargli, visto che il metro e 90 lo raggiunsi molto tardi, verso la terza superiore.
Quindi subii.

E le prese per il culo continuarono quando scoprii Iron Maiden et similia e “cercai” con molte virgolette e disappunto soprattutto da parte di mamma, da vestirmi da metallaro. Perché ovviamente erano tutti tossici e barboni.
Insomma, ero fregato. Però almeno non ero così imbecille da mettere le scarpe da barca a Novembre, ed è già qualcosa.

Questo è lo scherzo che la memoria mi ha portato a rivivere oggi assieme a una considerazione: tre quarti di questi ricconi spavaldi che poi son diventati fasci autarchici e strenui difensori dell’Italia, erano quelli che prendevano un bel paio di Timberand americane a 150 piotte correndo il rischio di farsele fottere e snobbando il paio di “timberland generiche” fatte in Italia che costavano meno e duravano uguale.

E oggi ci si lamenta che le aziende italiane hanno chiuso e tutte ste belle vaccate.
Arbore diceva “meditate gente, meditate!”

Non ditemelo, lo dico da solo: sono un vecchio di merda, poi mi bevo un bianco spruzzato.

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