mercoledì 22 febbraio 2023

IL MENHIR

Un monolite.
Mi sento così.
Un menhir, una pietra, uno Stonehenge umano.
Malgrado faccia sempre cose diverse o cerchi di scampare alla mia vita, ritorno a tuffarmici con tutti i piedi nella routine. Forse sono troppo severo con me stesso mentre vedo gli altri che sono troppo indulgenti, forse iperanalizzo le situazioni. Sono ipercritico. E pure ipercretino.
Eppure il più delle volte mi pare di non aver fatto granché in vita mia.
Non sono famoso e nemmeno mi interessa, dopotutto il quarto d’ora Warholiano ce lo hanno tutti, prima o poi. Io facilmente lo avrò da morto, la platea più numerosa sarà presumo al mio funerale per uno spettacolo dove manco occorre che mi metta a parlare. Buffo, no?
Mi guardo in giro, staccando gli occhi dal cellulare: a fianco a me studenti, impiegati, persone varie che bene o male vedo ogni mattina.
E sono quasi sempre gli stessi, differiscono solo per i vestiti o il trucco.
Vedo qualche somiglianza con qualcuno che conoscevo. No, non è lui o lei, solo uno che gli somiglia, e la memoria riparte: chi è scomparso, chi ha divorziato, chi sta aspettando un figlio, chi si è trasferito.

Bene o male sono tutti cambiati.

E io? Dicono che abbia cambiato un po’ tutto, ma mi sento sempre il solito. L’unica cosa, qualche acciacco in più e i capelli in meno. Invecchio, mi sgretolo come una pietra con l’erosione ma rimango sempre lì, tra la soddisfazione di una stupida coerenza e il rimpianto di non aver preso il coraggio per scappare dalla buca che mi sono scavato con le mie mani.


Alle 17:00, sempre alle 17, cascasse il mondo se regalo un minuto di straordinario, esco dall’ufficio e volo verso casa. È una giornata grigia, non fredda ma uggiosa, una tipica giornata della Milano che mi piace. Non piove, ma l’umidità e il grigiore ti entrano nelle ossa.
L’unica differenza con gli ultimi dieci e passa anni è che oggi l’azienda ha deciso di darmi un premio. Nulla di che, è credo uno dei più bassi della ditta e lo hanno dato a tutti, ma non mi interessa. Alla fine l’ho preso e la cifra, per molti un’inezia, specie nel mio ufficio, per me è ragguardevole.
Molti mi hanno criticato, ma che devo fare? Sono bloccato in un ambiente tossico, a causa di età e reddito non riesco a cambiare, il mercato del lavoro offre sempre meno e no, grazie, ho un mutuo da pagare. Finché ho un posto fisso rimango qui, poi si vedrà, a meno che non trovo veramente l’occasione dei sogni.
In questo caso non è pigrizia, è realismo. Non posso permettermi salti nel buio, alla mia età e con la mia situazione. Quindi rimango bloccato qui, come molti, del resto.

Pazienza, ho altro. Metterò via il premio, ma come minimo mi organizzo una sera speciale con la mia compagna. 
Chiamo Marta.
“Pronto?”
Ha alzato il ricevitore ma non parla, tipico suo.
“eeeh…”
“Senti, so che sei incasinata, ma posso chiederti un favore?”
“Certo, di che hai bisogno?”
“Potresti prenderti un paio d’ore uno di questi giorni?”
“No, ecco, lo sai che non posso, sono incasinata, è un macello, ne avrò per almeno una settimana.”
“Vabè, ma non puoi dirmi almeno un giorno in cui puoi prendere mezz’ora?”
“Eh, la fai facile tu, esci sempre alle cinque, orario spaccato, mica sei come me che ho sempre macelli e faccio il giro dell’orologio.”
“Ma…”
“Non capisci, sono nella merda, mancano tre colleghi, non posso! Ci vediamo dopo, ciao!”
Chiude il telefono, io rimango a fissare lo schermo.
L’unico premio così grosso della mia vita, avevo pensato a qualcosa di speciale. 

Non so, regalarle una serata a teatro, una cena romantica, tutto assieme, farle fare il giro di Milano in tassì, qualcosa di speciale, qualcosa che potesse dimostrare che non sono un menhir fisso in mezzo al bosco e che anche io posso fare qualcosa di speciale con lei, per lei.

Ma è andata diversamente, e anche se stavolta non sono io l'artefice del mio immobilismo cosa importa?
il risultato non cambia, il menhir resta lì, saldo, al suo posto.

Wrote a song for everyone
Wrote a song for truth
Wrote a song for everyone
And I couldn't even talk to you

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